Sulla poesia di Michael Schmidt

 

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Dio e il giardino come fatti incarnati

di Chiara De Luca

“Chi gettò la radice d’ogni cosa tanto a fondo / che nulla vola via di quel che nominiamo? / Perché possiamo ridere e poi subito piangere / e dare un nome al ridere e alle lacrime? / Qual è la malattia che ci oscura gli occhi? / – Siamo umani perché siamo soli: // tocchiamo e parliamo, ma il silenzio segue / le parole come un’ombra, la mano si ritrae.” Continua a leggere

Michele Hide, “Il baule di Zollikön”

michele_hideE’ uscita con Stampa 2009, l’opera prima di Michele Hide, Il baule di Zollikön, “un esordio assolutoscrive Maurizio Cucchi nella prefazione, “per la maturità espressiva e per l’energia dl linguaggio che attraversa e sostiene una serie di testi che vengono a costituire per più che una prova o una plaquette, ma un vero e proprio libro, la cui fisionomia risulta già molto netta. […]

Michel Hide introduce nei suoi testi paesaggi, personaggi, residui mnestici, che si sono accumulati nel tempo in un vasto depsito forse ancora in gran parte da visitare. Come quel baule del quartiere di Zurigo, appunto Zollikön, con il quale il poeta intitola il suo primo libro. […]
Da un testo all’altro, inoltre, Hide, riesce a muoversi attraverso ritmi e forme diverse, sperimentando, volta a volta, i toni e i registri che più si addicono a ogni specifica situazione, passando così dal verso breve e scandito, a quello più ampio e materico fino a veri e propri brevi passaggi in prosa. Ed è anche in queste capacità di variazione stilistica è un altro segno positivo di una maturità già sorprendentemente acquisita con l’esordio.” Continua a leggere

Milo De Angelis, “Incontri e agguati”

 

MiloDeAngelisOggi, 6 giugno 2015, in occasione del compleanno di Milo De Angelis, pubblico, per gentile concessione dell’autore e dell’editore, una poesia tratta dall’ultima raccolta di versi del poeta milanese, “Incontri e agguati”, uscita pochi giorni fa con Mondadori.
Una raccolta bellissima, quella di De Angelis, che nella lettura, a tratti, mi ha fatto risuonare nella testa la voce dell’ Also sprach Zarathustra, (Così parlò Zaratustra), di Friedrich Nietzsche là dove il filosofo scriveva: “Amo quelli che non sanno vivere che per sparire, perché sono coloro appunto che vanno di là.”
In tutta la poesia di De Angelis, l’ultimo uomo sta nelle vene di un buio primitivo,  in “un pericoloso andare di là, un pericoloso essere in cammino, un pericoloso guardare indietro”.
(di Luigia Sorrentino)

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Monica Martinelli, “L’abitudine degli occhi”

monica_martinellDalla Prefazione di Davide Rondoni

(…)

Non ho un’altra possibilità,
negato il desiderio di rigenerarmi.
Sazia di tempo e di forma
mi costringo a seguirti,
inutile calamita del cielo.

Sono tra i versi più duri e pieni di ottuso dolore che mi sia capitato di leggere. Monica Martinelli, creatura di modi gentili e di sorriso aperto, cela e custodisce in quella stanza anteriore in cui la poesia nasce mescolando tutto con tutto, qualcosa di duro, di fatale. È da là, da quella ferita o ramo di mandorlo amputato, che viene tale durezza di versi. Continua a leggere

Fabrizio Dell’Aglio, “Colori e altri colori”

fabrizio_aglioCon uno scritto di Paolo Lagazzi

“Rispetto al cammino che ho cercato di raccontare, Colori e altri colori ci si offre come un dono, a suo modo, sorprendente. Nulla di ciò che l’autore ha visto, vissuto, intuito e scritto negli anni è rinnegato: specialmente la sezione finale delle Dediche dispiega ancora un’acuta, graffiante consapevolezza dell’irrealtà generale, dell’assenza di fondamenti in un mondo in cui il tempo è morto e lo spazio “pare zoppo”, della miseria in cui la poesia annaspa. (Tra i testi offerti a poeti o ad artisti con cui Dall’Aglio intrattiene dei rapporti speciali spicca quello, di un lancinante pathos tragico, per l’indimenticabile Gianfranco Palmery.) Eppure il libro ci trasporta, nel suo insieme, oltre questa amarezza. Abbandonandosi subito al bisogno di risalire alle proprie origini, di ritrovare la sua casa antica fasciata di verde muschio, le impronte nei campi, le voci conosciute, e in esse i segni di un’età ancora intatta, di una verità piccola e immensa, il poeta apre la propria voce a vibrazioni delicatissime, a una freschezza inedita di riverberi, scintille, cromie…

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Ungaretti, “Da una lastra di deserto”

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In occasione del centenario dell’entrata dell’Italia in guerra (24 maggio 1915), Mondadori pubblica nei  Meridiani paperback Da una lastra di deserto. Lettere dal fronte a Gherardo Marone di Giuseppe Ungaretti.

Tra gli scrittori che, su diversi fronti, hanno preso parte alla Prima guerra mondiale, Giuseppe Ungaretti occupa una posizione di primissimo piano. È infatti sul fronte dall’autunno del 1915 fino all’armistizio del 1918. In particolare, nascono nelle trincee della Prima guerra mondiale le poesie della sua prima raccolta, Il porto sepolto (1916), e molte di Allegria di naufragi (1919) e dell’Allegria (1931).  

Dall’orrore delle trincee si alza la limpida e sconvolgente voce poetica di Giuseppe Ungaretti. Continua a leggere

Le mani di Franz Wright

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di Nicola d’Ugo

Una bellissima fotografia delle mani di Franz Wright su una vecchia macchina da scrivere, ripubblicata su Facebook dalla moglie e cotraduttrice Elizabeth a due giorni dalla morte del marito. Mani raffinate e vissute, unghie sporche, che danno un’idea della totalità affondata nell’humus e nella «singolarità» unica e universale della sua poetica esistenziale. Franz Wright si chiedeva e ci chiedeva su Facebook, e richiedeva a se stesso, ben prima della malattia: Quanto resisteranno i miei versi, mi sopravviveranno? E in che misura? Continua a leggere

Michael Krüger, “Spostare l’ora”

spostare-l-ora_originalI nuovi percorsi della poesia di Michael Krüger si realizzano, in questo ampio e articolatissimo libro, Spostare l’ora, nel segno di un costante e problematico rapporto con il tempo, e dunque con il senso del tempo stesso nel presente e nella storia. Storia alla quale il poeta dichiara di sentirsi del tutto accidentale o in qualche modo decisamente estraneo, come appare dalla disincantata saggezza di molti suoi versi, per esempio questi: «Io alla storia non occorro. / Lei procede insonne inciampando / fra Kitsch e Gloria». Ma in contrasto con il goffo cammino della storia, e dunque, in fin dei conti, ben più rassicurante, o quanto meno più attendibile, è pur sempre la natura, rispetto alla quale Krüger conferma di avere un rapporto speciale, un colloquio quotidiano, pur nella varietà estrema dei luoghi in cui si trova a vivere, o a soggiornare anche brevemente, e dunque dalla propria terra ai più vari punti di un mondo divenuto ormai piccolissimo. Continua a leggere

Silvia Bre, “La fine di quest’arte”

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Noi che saremo  morti eternamente
saremo pure eternamente
stati vivi

Com’è duro salvarti
rinchiuso nella stanza celeste a girare col vento

il buio qui consuma
il suo nero totale ci riporta
vicini al grande giusto del nulla

ma edifico con te quest’atmosfera d’ombra
un aprirsi ogni volta più cieco
mio il ritmo
tuo il vuoto
tu che mi tieni in vita
io che ti tengo

*

Silvia Bre è nata a Bergamo e vive da molti anni a Roma. Per Einaudi ha pubblicato: Le barricate misteriose (2001), Marmo (2007), insieme a Marco Lodoli, Snack Bar Budapest (2008) e La fine di quest’arte (2015). Oltre a Emily Dickinson (Centoquattro poesie e Uno zero più ampio) ha tradotto, tra l’altro, Il canzoniere di Louise Labé (Mondadori 2000).

Le storie che hanno ispirato il film di Matteo Garrone

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La Cerva, la pulce e la vecchia scorticata, tre fiabe da Lo cunto de li cunti, di Giovanbattista Basile, finito di stampare il 7 maggio 2015 per conto di Donzelli editore, è nelle librerie italiane.

Da queste tre storie, è nato il nuovo film di Matteo Garrone, “Il Racconto dei Racconti“. Un libro da leggere, dunque, prima di andare a vedere il film scritto dal regista con Edoardo Albinati, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso. Garrone propone questa volta un film diverso dai precedenti, un grande affresco in chiave fantastica del periodo barocco, narrato attraverso le storie di tre regni e dei loro rispettivi sovrani. Il film, “Il Racconto dei Racconti”, arriverà nelle nostre sale il 14 maggio 2015. Nel cast, attori molto conosciuti dal grande pubblico, come Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones e John C. Reilly.

Ma chi era Giovanbattista Basile? Continua a leggere

Carmen Gallo, “Paura degli occhi”


CARMEN_GalloPost-fazione
di
Domenico Arturo Ingenito

Paura degli occhi: o della composta gloria dell’accecamento

La poesia di Carmen Gallo si muove attraverso l’esperienza disarmante dello sguardo: “come svegliarsi nella luce intera” giunge alla fine di un percorso fatto di sensi troppo acuti perché la ricerca di senso non provochi ansia, danno e crollo. Il corpo, in quanto partecipe di questa capitolazione, è disarmato legno e testimonianza evanescente di quella caduta che “è rivendicazione silenziosa / di ogni cosa al di qua della visione”. Da qui l’anatomia dell’assenza e delle sue tracce nelle articolazioni degli organi di percezione. Perché l’assenza non è semplice condizione disforica, ma vero e proprio differimento dell’incomprensione. Continua a leggere

In memoria di te, Eunice Odio

 

eunice_odioIn prima traduzione italiana una delle più grandi poetesse ispanoamericane del Novecento
Eunice Odio,
a cura di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli

_

“Intendo che il compito del poeta è quasi contrario a chi cerca esclusivamente se stesso. Il poeta va cercando Dio e solo lo incontra nel profondo di tutti gli uomini. E solo è poeta quando conosce ciò che è nell’animo di tutti gli uomini possibili; e lo conosce solo quando li ama immensamente e appassionatamente. Se mi dicessero di scegliere tra l’ appartenere ai poderosi della terra e l’appartenere a quelli che possono dar vita a una nuova parola, non vacillerei nemmeno un momento. E se mi dicessero che mi danno una grande poesia in cambio della miseria, ma solo una grande poesia, scelgo quest’ultima, benché sia solo una. Così è stato da quando ho capito che la poesia non era per me solo una propensione, ma un destino implacabile. Non c’è cosa che non darei per la Bellezza, che a sua volta è una forma di Dio; la più vicina alla Sua Natura.” (Eunice Odio). Continua a leggere

Silvio Raffo, “La divina differenza”

Silvio-Raffo-La-divina-differenza-COPERTINApiatta-196x280La Musa lirica di Maria Luisa Spaziani

di Silvio Raffo, Lieto Colle Edizioni 2015

[…]Se è vero, come continuiamo a credere (forse in pochi) che la grande poesia si accompagna naturalmente a questo sentire “sublime” e che almeno in arte esiste, deve esistere, la perfezione, perché la poesia delle ultime generazioni sembra aver perso la speranza e la voglia di scalare quelle vette?[…]
[…]Maria Luisa Spaziani sembra testimoniare in modi convincenti e “moderni” la sopravvivenza della musa lirica, la sua legittimità e autorità indiscutibili. La sua opera, di recente consacrata dal Meridiano Mondadori, è la prova più lampante della possibilità di coesistenza di registro alto e leggibilità, dunque di “tradizione” e comunicazione.[…]

 

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Simone Zafferani, “L’imprevisto mondo”

SIMONE-ZAFFERANI-2-RIDNota di Biancamaria Frabotta 

Ai suoi inizi la poesia di Simone Zafferani si abbeverava, mi parve, degli umori limbali che intridono l’umbratilità del primo Sereni. Riconoscere i maestri non è una vana impresa, ma la garanzia di potersi presto avviare sui propri sentieri. Anche se la strada verso la maturità che s’inerpica nelle ultime poesie di Zafferani, si fa subito impervia, la meta che si spera di poter continuare ad aggirare desta stupore, rivela e impone un mondo    “imprevisto”, come dice il titolo che si affranca da ogni precedente, amorevole servitù. E arrivano, a compensazione delle perdute e dolci amnesie adolescenziali, giuste parole d’amore, di pietà, di compartecipazione ai tremori delle creature umane. Non si può simulare “la vita che non c’è”, quando gli affetti famigliari, l’amore accumulato, i morti che oltrepassano la frontiera e si avvicinano pericolosamente  impongono un’altra lingua, un registro sempre meno metaforico. Questo poeta, amante della liquidità, delle risonanze oblique della luce, magari scrutate in Emily Dickinson, è proprio attraverso tali “verità imponderabili”  che viene a contatto della polpa segreta della vita e di sé stesso, infine. E quando avviene la trasmutazione delle creature più amate in quel mondo “altro”, prima solo intravisto nel riflesso dell’acqua che, non dimentichiamo, è l’elemento  più cospicuo che forma il nostro corpo,  allora la lingua della poesia si sbianca “come un’ostia”. Come nel compiuto poemetto La macchina naturale, in un gioco di continue rispondenze, ma anche un punto fermo che non permette rimozioni, regressioni, ripensamenti. Non resta che “mettere a posto il dolore”. E magari “con pazienza d’artigiano”, e scrivere nei Notturni le poesie più inclusive e arrese dell’intero libro. “Se venite di notte, versi,/ siate lievi nel forzare la porta/ di questi recessi impensabili che sempre/ da solo varco e mai del tutto”. Continua a leggere

Pierluigi Cappello, “Ogni goccia balla il tango”

libro del giorno Ogni goccia balla il tango Pierluigi Cappello
Poeta amato da intellettuali e artisti, Pierluigi Cappello, 44 anni, dedica ora i suoi versi anche ai bambini.

Nel suo ‘Ogni goccia balla il tango’, pubblicato da Rizzoli con le illustrazioni di Pia Valentinis, stimolato dalla sua nipotina, che gli chiedeva di scrivere una poesia tutta per lei, Cappello ha compiuto un viaggio alla ricerca di “Rime per Chiara e altri pulcini” da cui sono nate così 33 componimenti che non sono affatto più semplici da scrivere di quelle per i grandi.

“A me, di tutto questo, resta una piccola certezza, che diventa una grande speranza: anche un bambino capisce che la poesia non è solo un gioco con le parole, e che lì dentro c’è qualcosa di più, che ha a che fare con i suoi sensi, la sua immaginazione e la sua anima” dice Cappello rivolgendosi a Chiara, nel breve scritto conclusivo. Continua a leggere

Francesco Tomada, “Portarsi avanti con gli addii”

tomadaNota di Nadia Agustoni 

Ci mancava la voce di Francesco Tomada e ora grazie a questa nuova raccolta la ritroviamo. “Portarsi avanti con gli addii”, Raffaelli Editori, 2014,  ha un dire asciutto, semplice e diretto nel giungere al cuore di ciò che vuole comunicare. Un album del crepuscolo, polaroid infilate tra le pagine coi volti degli affetti e degli incontri più o meno duraturi. E certo anche coi volti delle perdite.

I vuoti e l’attesa sono una delle possibile letture, ma direi che il significato più autentico è quel cercare la vita nei gesti attenti dell’amore: verso una madre morente che si ha cura di lavare e accudire e verso un figlio che rischia di farsi male per disattenzione.

I conflitti, l’amarezza, il quotidiano mai facile da vivere e un sentire troppo forte che al fondo di noi siamo un po’ di bisogno e un po’  di libertà, diventano con Tomada un andare dove c’è più spazio e dove si spera che almeno qualcosa avrà un senso nuovo. Come la ragazza sordomuta di una delle poesie che parla “la sola lingua in cui / nessuno può gridare “ (p.19) Tomada non grida, ma ci spinge ad un ascolto profondo. Usciamo dalla lettura rinfrancati e col senso di un possibile attenuarsi della barbarie che ci circonda.

La postfazione di Fabio Franzin è uno studio partecipe ed accurato dell’intera opera poetica di Tomada, più che consigliata a chi non conoscesse i libri precedenti.

(Apparsa in QuiLibri n.28 marzo aprile 2015)

Philip Levine, “Notizie dal mondo”

 
In vendita nelle librerie italiane dal 21 aprile 2015
Traduttore Giuseppe Strazzeri, Mondadori


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Il grande Philip Levine, amatissimo poeta americano, uomo di varie e spesso ruvide esperienze, sente, in età avanzata, come un formidabile pulsare di innumerevoli volti e vicende che lo assalgono dalla memoria, e da un passato remoto ma in lui ancora ben vivo e carico di emozioni. Le sue “notizie del mondo” sono in effetti informazioni e frammenti di vita provenienti da luoghi svariati e diversi, dagli Stati Uniti, naturalmente, e dai tempi da lui vissuti a Detroit, nelle officine di «Henry Ford, / l’uomo che ha creato / il mondo moderno», ma anche da un altrove vastissimo, che può comprendere l’Australia come il Portogallo, la Spagna, la Danimarca, Cuba, o magari Andorra, dove ebbe a incontrare un “vecchio comunista”. E può risalire fino alle sue origini, alle radici di una famiglia di emigrati ebrei, venuti dal Nord dell’Europa. In questo libro, Levine alterna componimenti in versi, quasi sempre narrativi e di ampio respiro, con brevi testi in prosa, veri e propri racconti, dove riesce a stipare, con impressionante vivacità, figure, personaggi, situazioni, e leggibilissimi aneddoti esemplari. Vediamo il fratello che torna dalla Seconda guerra mondiale, incontriamo gli operai alla catena di montaggio, «uomini che vendevano se stessi per riscattarsi la vita».

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Poesie di Umberto Fiori

fiori-20091Umberto Fiori

E’ nato a Sarzana nel 1949. Dal 1954 vive a Milano, dove si è laureato in filosofia. Negli anni ’70 ha fatto parte, come cantante e autore di canzoni, degli Stormy Six, gruppo storico del rock italiano. In seguito ha collaborato con il compositore Luca Francesconi (per il quale ha scritto due libretti d’opera, Scene e Ballata, e numerosi altri testi), con il fotografo Giovanni Chiaramonte e con i videoartisti di Studio Azzurro. E’ autore di saggi e interventi critici sulla musica (Scrivere con la voce, 2003) e sulla letteratura (La poesia è un fischio, 2007), di un romanzo, La vera storia di Boy Bantàm (2007) e del Dialogo della creanza (2007). Del 2009 è Sotto gli occhi di tutti, un cd di canzoni tratte dalle sue poesie, in collaborazione con il chitarrista Luciano Margorani; del 2013 il cd-dvd Benvenuti nel ghetto, con gli Stormy Six e Moni Ovadia. Continua a leggere

Laura Fusco, “La pesatrice di perle”

 

La_pesatrice_di_perle_cover (1)Prefazione di Itala Vivan
Con una nota critica di Maurizio Cucchi

pp.98, € 12

“È ispirata al mondo dell’arte la raccolta La pesatrice di perle di Laura Fusco, una nuova rapsodia come piace alla poetessa, definita “una delle voci più originali e visionarie della poesia orale in Italia”, tradotta negli USA, rappresentata in Europa. Atmosfere neogotiche, spiriti e personaggi femminili dei quadri di Vermeer, Bosch, Millais, Corot e di tanti artisti. L’amore è l’unica realtà e resiste alla morte, il resto….. è sogno.”

dal Corriere dell’Arte

 “Microracconti in versi o favole ambientate nel nostro tempo… Laura Fusco riesce ancora a stupire per la vivacità inquieta e impaziente della sua poesia…. una dimensione ansiosa e insonne, dove le figure femminili vengono ad agitarsi tra forte spinta vitale, strappi drammatici…realtà contemporanea e tracce sempre vive di una passata grandezza… Il lettore viene facilmente coinvolto da questa scrittura incalzante e felicemente frenetica, trasparente, comunicativa, ricca di concretezza e fantasia….”

Maurizio Cucchi Continua a leggere

Giacomo Vit, “Trin freit”

vit (1)Nota di Alessandro Canzian

La silloge ha come spunto la famosa gelata del 1929 che non colpì solo l’Italia settentrionale, ma gran parte dell’Europa. È abbastanza intuibile, però, che il dato storico è solo il punto di partenza per un discorso che va oltre il fatto contingente”. Con queste parole Giacomo Vit ci introduce al suo ultimo edito, un bellissimo libriccino (a dire il vero molto esile, e forse per questo ancor più prezioso) dal titolo “Trin freit – Spavento freddo” (Barca di babele 2015).

Giacomo è un poeta già noto nel nord est italiano ma non solo per la sua attività che lo vede inserito, assieme a Pierluigi Cappello, Fabio Franzin, Ida Vallerugo e diversi altri, tra i maggiori poeti dialettali contemporanei. Oltre Federico Tavan con la sua poesia istintiva, oltre quel grandissimo incipit dialettale che è stato Gianmario Villalta, Giacomo Vit rappresenta la volontà di continuare un discorso dialettale che ha un significato crescente, maturando, che crea una sua letteratura specifica che non abbandona il percorso (come invece altri) e anzi lo traccia con solchi sempre più definiti contribuendo a costruire una lingua che ancor oggi (si vedano le discussioni sull’insegnamento del dialetto nelle scuole) ha necessità e diritto di essere creata non solo attraverso la lingua in sé ma anche per mezzo dell’uso che di essa se ne fa in letteratura. Continua a leggere

Gancarlo Majorino, “Torme di tutto”

  • torme_di_tuttoE’ nelle librerie italiane, “Torme di tutto” di Giancarlo Majorino, pubblicato nella Collana Lo Specchio, Mondadori, 2015____

C’è un’energia impressionante, e il muoversi di una parola potente, reattiva, felicemente comunicativa, in questo sorprendente nuovo libro di Giancarlo Majorino, un poeta che gli anni rendono sempre più capace di leggere e cogliere il senso profondo del reale nel suo continuo, violento trasformarsi. E violenti sono anche i testi che compongono Torme di tutto, testi sempre inquieti, incalzanti, carichi di situazioni, oggetti, figure, personaggi. Testi concretissimi e nervosi, veri e propri corpi testuali in continuo fermento, dove la condizione esplosiva o alienata in cui viviamo domina una scena nella quale, consapevoli o meno, «siamo tutti nelle caselle, dentro la casella prestabilita», con «la paura il terrore di uscir dal seminato, di trasgredire». Paura che certo non appartiene di solito al poeta, e che non limita affatto, peraltro, la libera tensione espressiva di un autore come Majorino, che ancora una volta riesce a spezzare ogni rigido limite di forma, arrischiando con pieno successo anche il passaggio dal verso alla prosa, realizzando, anzi, già dalle prime pagine, con Aprile dolce dormire, un formidabile racconto “scandaloso”, condotto sul rapporto tra una madre e un figlio. Continua a leggere

Paolo Senna, “La giostra”


Senna, La giostra 180La giostra

Prefazione di
Carlo Annoni
Interlinea, pp. 32, euro 12
Edizioni di poesia a tiratura limitata

Sulle orme del poeta ligure Camillo Sbarbaro, Senna ha appreso e messo a frutto che la poesia guadagna in verità quanto meglio raggiunge la seconda scena, dietro le parole (e nelle sue poesie, accanto a quella dichiarata di Sbarbaro, c’è la presenza non meno attiva di Montale, egualmente poeta dell’“oltre”). Accanto alla norma essenziale, così bene qui osservata e così, da tanti, disattesa (incapaci come sono di uscire da un sostanziale dilettantismo), che cioè i poeti debbono leggere assiduamente i poeti, un altro e egualmente produttivo dispositivo di inventio è visibile in La giostra, e cioè il suo voler essere un’opera aperta.
 

L’AUTORE
Paolo Senna, nato nel 1973, vive a lavora a Milano. È autore e curatore di volumi e saggi sulla letteratura italiana. Ha collaborato a vario titolo con diverse case editrici, ha scritto per la terza pagina di quotidiani nazionali e ha allestito antologie, testi e apparati per le edizioni scolastiche. Sue liriche sono apparse su alcuni periodici a stampa e online. La giostra è la sua prima raccolta di poesie.

Un brano dal libro

Qui siamo giunti per strade diverse
su questa giostra che gira a tondo
per noia o per gioco e poco per volta
ci chiede di aprire le tasche e pagare
la corsa

“Questa stupida faccia”, la Clizia

  • Irma Brandeis, Gianfranco Contini, «Questa stupida faccia» - 1
 

Irma Brandeis,  Gianfranco Contini, “Questa stupida faccia” . Un carteggio della ” Clizia”nel segno di Eugenio Montale, a cura di Marco Sonzogni, prefazione di Domenico De Martino (Archinto, 2015).  Continua a leggere

Ottiero Ottieri, “Poemetti”

ottieriIl libro

Per la prima volta riuniti in un unico volume, i tre poemetti autobiografici di Ottieri mostrano la continuità che li lega e appaiono ancora piú potenti. Sono tre monologhi torrenziali, un’unica confessione estrosa e tragicomica in bilico tra la sanità e la malattia, il privato e il politico, la follia e il desiderio sfrenato. L’ironia è la chiave di questa partitura in tre movimenti. L’autoironia e l’autodenigrazione sembrano uno sberleffo sull’orlo del baratro, uno sberleffo che, attraverso il caso individuale, colpisce il mondo intero. La malinconia e la disperazione sono come nascoste dalla maschera teatrale, dai giochi di parole, dalle rime impreviste, ma costituiscono la struttura profonda dei poemetti, il luogo dove immancabilmente vanno a finire le ossessioni dell’autore e il mondo esterno, risucchiato anch’esso in una spirale senza fine. Continua a leggere

Chiara De Luca, “Alfabeto dell’invisibile”

Cover_Alfabeto_奇foto_Rachel_Slade[1]Anticipazione Editoriale

Ferrara, la voce silenziosa delle pietre”

di Matteo Veronesi

 

 

 

Foto di Rachel Slade

Come scrisse splendidamente, tempo addietro (nel n. 9, ottobre-dicembre 2003, di «Cartapesta», piccola e preziosa rivista imolese oggi defunta), Andrea Pagani, «sarebbe stato difficile trovare una città più adatta di Ferrara – dannunziana “città del silenzio”, con le sue ampie strade deserte, con la sua sospesa solitudine, col senso di attesa e di mistero che trasuda dai suoi monumenti –» ad ospitare e sollecitare la genesi della pittura metafisica. Città, proseguiva, tale da ispirare «la suggestione per un punto di vista surreale del mondo; le pieghe del mistero che si nascondono sotto i contorni della realtà; immagini di sospensione, attesa, presagio; una sorta di occhio veggente e di accostamenti improbabili fra le cose». Continua a leggere

“Nonostante la fine del mondo”

 

serriCiò che Stefano Serri sa fare – e lo sa fare bene – è non cadere nel lirismo troppo acceso, pur non rinunciando a puntare verso la vetta. In questo, un grande pregio della sua poesia – e un pregio che rende Nonostante la fine del mondo un raro esempio di libro “a tema” ben riuscito in forma e sostanza – è quello di evitare una troppo scoperta poesia del quotidiano, come un ciclista evita le buche. In questo esperimento si poteva fallire in diversi modi, due su tutti a parere di chi scrive: esagerare nel compianto, o abbandonarsi alla retorica dei piccoli gesti che salvano. Le due cose, in realtà, coesistono nei componimenti di questo volumetto, ma le dosi sono ottimali, e l’amalgama garantito da una lingua pulita e accessibile – nonostante le dolorose e spesso suggestive inarcature della sintassi – restituisce un elaborato di grande effetto e sicuro piacere della lettura.

 

Dalla prefazione di Marco Bini

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Luciano Benini Sforza, “Dopo questo inverno”

 

COPERTINA DI DOPO QUESTO INVERNO“La frontiera è un canale di nebbia, di suono, di assenza di peso, di quasi niente, di niente visibile, riconoscibile. È stanza buia, la cui uscita è un andare in porto, un tornare a casa. Terra che è mare. Vastità che è piccolezza. Non uno scomparire, un dileguarsi di ogni cosa nell’indistinto, anche se è vero che poco importano un petalo o una galassia, un anno o un giorno (Nel respiro più lungo). Ciò che conta è altro. È il dopo, la riva da vedere ancora, la possibilità di un’altra scelta, la speranza «anche solo / di un minimo gesto», «aprire una porta / nel vento con le nubi e il sole / che vanno e vengono». Dopo, riva, scelta, speranza, aprire una porta nel vento, fare del vento, del respiro una casa.

Che cosa c’è dietro la riva, dietro la spiaggia, la banchina, dietro Ravenna o più ancora Marina di Ravenna, il canale, la pineta come «una preghiera scura che vacilla» (Troppo)? C’è ancora terra? Anche in questo caso l’interrogativo non è quello giusto. Forse dovrebbe essere quello a cui Luciano Benini Sforza stesso risponde. Che cos’è Ravenna o una città simile a Ravenna? Una città che «è una sintesi in bilico, / aperta, / un pavimento che riaffiora dal terreno, / dove scorre la pioggia / e ristagna, / dove il muschio / cova l’arsura e viceversa» (Prospettive umane). In sintesi e in bilico, precisione millimetrica e andare a tentoni, il muschio che cova l’arsura e l’arsura che cova il muschio là dove ci si aspetterebbe fango. (…)

Jean Soldini, estratto dalla Prefazione a Dopo questo inverno Continua a leggere

Il tempo delle ombre di Giancarlo Pontiggia

giancarlo-pontiggia-1Nota di Alessandro Moscè

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La poesia italiana ha molte varianti percorribili da unire alle preferenze singole della critica militante, che non potrebbero essere seguite con cognizione di causa, se non adottando mappe orientative tali da consentire un discernimento razionale, calcolato, per segnalare il tempo in fuga che il poeta tenta di salvare con l’uso di una parola identificativa o certamente significativa nel lavoro di composizione degli autori spesso eterogenei tra loro, come dimostrano i vari repertori critici e antologici. Ci sembra che la poesia degli ultimi anni non presenti la necessità di essere incanalata in una considerazione di valori assoluti e schematici, perché il tentativo fallirebbe di per sé nella formula. Il secondo Novecento e il primo decennio del terzo millennio non si sono risolti in un panorama formale, linguistico e organico avviato verso un canone come in un cursus scolastico che stabilisca scale di valori, poeti non scalfibili nell’ipotetica scala gerarchica. Continua a leggere

Salvo Basso, “Scriviriscriviri”

Basso, Scriviriscriviri 180Scriviriscriviri
Antologia 1979-2002
a cura di Renato Pennisi,
presentazione di Giovanni Tesio
Interlinea, pp. 104, euro 12
collana “Lyra”

«Il fuoco di Salvo Basso è la poesia. Non dunque una finalità, ma una necessità» scrive Giovanni Tesio presentando la prima antologia del poeta siciliano curata con il titolo 
Scriviriscriviri da Renato Pennisi. L’autore catanese (Giarre 1963-Scordia 2002), appassionato di filosofia e animatore culturale e politico, è una vera scoperta letteraria grazie al suo linguaggio fulminante e corrosivo, spesso in dialetto, con un testo, «nun sacciu scriviri poesii bboni ppe concorsi», che resta il più esplicito documento di un ruolo di poeta laureato cui non ambisce, anche quando una malattia incurabile non gli lascia altre speranze. Perché per Salvo Basso «la poesia è fatta / di scale e scalette: / piano piano che / ti rompi l’osso del collo. // cosa dobbiamo fare, ci prepariamo? / sono pronto, la morte / può arrivare». Continua a leggere

Marco Sonzogni, “Ci vuole un fiore”

 

ci_vuole_un_fioreDalla «Prefazione» di Gabriella Sica

Nel deserto del nostro tempo sbocciano ancora fiori, ancora c’è vita che muore e rinasce, e ancora tra le macerie spuntano germogli, si annunciano fioriture del futuro. Redimono giorni, spine e mali i fiori con mille forme incredibili e sorprendenti, quasi trame colorate e carnose di logica, frutto dell’immaginazione operosa di un magnifico ingegnere, si chiami Dio o poeta. Marco Sonzogni ha preparato per noi un fascio generoso di 48 fiori, vario di forme e profumi, perché «ci vuole un fiore», un verso o una canzone. Un mannello di piccole preziose poesie, rastremate come haiku, musicali come mottetti, ognuna dedicata a un diverso fiore, ognuna di pochi versi, mai un verso fisso o una forma fissa perché i fiori sono tanti, hanno radici e steli e petali difformi come un abisso, crescono per terra o nella nostra mente che è il più bel giardino […]
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Pier Paolo Pasolini, “Carne e cielo”

 

pasolini_salaniLa casa editrice Salani (Gruppo editoriale Mauri Spagnol) pubblica Carne e cielo, una selezione di poesie di Pier Paolo Pasolini per giovani con un’introduzione di Valerio Magrelli.

Per questa speciale occasione, l’immagine della collana economica di poesia per giovani di Salani viene rinnovata utilizzando il tratto particolare e di immediato impatto dell’illustratrice Olimpia Zagnoli.

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Dall’ Introduzione di Valerio Magrelli

PPP: POLITICA, PELLICOLA, POESIA

“Uno scaffale. Se dovessi riassumere la lenta e inarrestabile crescita dell’eredità lasciata da Pasolini forse non potrei farlo meglio che con questa semplice immagine. Infatti i contributi critici sul suo lavoro (versi, narrativa, saggistica, teatro cinema) occupano un metro lineare della mia libreria – la libreria di un lettore che non è né un italianista né un ‘pasolinologo’. Mentre scrittori forse altrettanto grandi sono fatti oggetto di pochi, magari ottimi ma sporadici studi (da Moravia a Parise, dalla Ortese alla Morante, per non parlare dei nostri poeti), Pasolini, insieme al suo fraello rivale Calvino, conosce ormai un successo planetario. Con un particolare non indifferente: se l’autore di “Marcovaldo” esiste solo in forza della sua scrittura, PPP si è andato trasformando in profeta, martire, corsaro, visionario, politico e credente. Quanto all’estero, poi, si pensi che paesi distanti fra loro come la Francia e l’India tributano alla sua memoria un vero e proprio culto. Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia, “Origini”

Pontiggia, Origini 180Origini
Poesie 1998-2010
Con un saggio di Carlo Sini
Interlinea, pp. 248, euro 24
Edizioni di poesia a tiratura limitata

Per la prima volta esce l’opera completa di uno dei maggiori poeti degli ultimi decenni. La poetica di Giancarlo Pontiggia unisce la limpidezza dell’immagine con la ricerca antiermetica, con una comunicazione diretta con il lettore, spesso invocato ma mai banalizzato. Il volume, molto ampio, contiene sei saggi inediti sull’autore tra i quali un testo di Carlo Sini. Continua a leggere

François Villon

francois_villonUniversalmente considerato come uno dei piú grandi poeti di tutti i tempi, Villon è stato spesso interpretato dai critici e dai traduttori come un poeta maledetto, antesignano degli eroi romantici. Oggi sappiamo che Villon non era affatto un poeta ingenuo e istintivo, che padroneggiava straordinariamente gli strumenti tecnici e retorici della poesia del suo tempo. Però è pur vero che la sua opera contiene in sé un germe di deviazione e di provocazione che va al di là dei generi letterari codificati a cui appartiene. E questo germe ha continuato a svilupparsi nei secoli, fino ai rapper di oggi, come azzarda suggestivamente Aurelio Principato nella sua introduzione, facendo di Villon l’archetipo di una «funzione» poetica che ha attraversato e segnato la storia della cultura occidentale. In questa nuova edizione delle sue poesie piú importanti la traduzione è condotta in versi, recuperando il piú possibile anche le rime e il tessuto sonoro dei testi. La scommessa è reinterpretare fedelmente Villon restituendone anche la forza ritmica che permette alle sue parole di risuonare fino a noi, e oltre. Continua a leggere

Pierluigi Cappello, “Il dio del mare”

Cappello_Il dio del mare_libro intero

In libreria dal 19 marzo 2015

La poesia, prima e oltre la parola
di
Antonio Prete

Un libro di prose, una meditazione intorno ad accadimenti, a gesti, a letture, che trova ogni volta la forma essenziale e il tono giusto per farsi racconto e insieme analisi, sguardo sul mondo e interrogazione, confdenza e giudizio. Il dio del mare afferma la necessità e la bellezza della prosa, di questa forma oggi desueta e persino peregrina, e che invece appartiene al proprio della tradizione novecentesca, e più in generale della nostra storia letteraria. Se il trionfo di un romanzesco destinato al facile consumo ha reso marginale e persino azzardato l’esercizio della prosa, il poeta Pierluigi Cappello mostra come nella forma breve che chiamiamo prosa, nel ventaglio delle sue possibilità, possano confuire allo stesso tempo tensione narrativa e grazia del dire, energia rifessiva e leggerezza dell’immaginare. E mostra come la variazione di temi e di ricordi, di scene e di tonalità discorsive possa corrispondere ai diversi punti d’osservazione dai quali guardiamo ogni giorno l’accadere, le forme e i modi dell’accadere. Per un poeta la prosa è un modo d’essere della poesia. Poesia e prosa sono vissute da un poeta come le due sponde di uno stesso fume. Su quel fume c’è lo stesso cielo, ci sono le stesse nuvole, c’è lo stesso vento, che è il vento della vita. «L’uso – dice Leopardi – ha introdotto che il poeta scriva in verso. Ciò non è della sostanza né della poesia né del suo linguaggio, e modo di esprimer le cose» (Zibaldone, 14 settembre 1821). Continua a leggere

Pasquale del Cimmuto, “Come un vento serenatore”

cimmutoDalla quarta di copertina di Giancarlo Pontiggia

L’ultimo libro di Pasquale del Cimmuto si presenta come uno struggente, lucido rendiconto esistenziale. La lingua poetica è aspra, tagliente, spesso raggelata, fondata sull’esigenza di cogliere la vita nella sua verità nuda, senza infingimenti. Davanti agli occhi del poeta scorrono i segni del mondo: poiane, pleniluni, sentieri montani, lepri in fuga, cui si accompagnano meditazioni sul senso delle cose, implorazioni al dio delle solitudini, memorie familiari, riflessioni sul «niente di vivere», ma anche improvvisi frammenti nutriti di una gioia intensa, insperata. L’uomo che ha impastato le mani nella «creta del mondo», sente che tutto, nel gran vorticare delle cose, è solo apparenza e trasmutazione. Kikuo Takano, il poeta giapponese che sostò diversi giorni tra i boschi e le pietre della sua terra, lasciando l’impronta di versi fragili e sublimi in cui Oriente e Occidente si toccano, ritorna nella forma aerea di una farfalla, a dire che «ogni uomo è una goccia del senso/ che ha la luce nel nulla». A volte, la lingua sembra venir meno, arrendersi al potere muto delle cose; la verità si fa «veritudine», segnata dal sentimento del limite, dalla legge universale della sofferenza; Continua a leggere

Franco Buffoni, “O Germania”

Buffoni, O Germania 180

O Germania
Interlinea, pp. 88, euro 12
collana “Lyra”

Può la poesia aiutarci a capire qualcosa di più sull’Europa moderna, dove sembrano dominare solo sterili leggi economiche e l’unità di pensiero è ancora un miraggio? Lo crede Franco Bufffoni, che dedica una riflessione in versi e prosa alla nazione oggi più potente del continente, rivelandone difetti nascosti ma anche pregi insospettabili: «Oggi che la Germania / non è più il mostro accucciato / che ho conosciuto nell’infanzia, / oggi che è tornata arrogante / e la sua / meticolosità nell’efficienza / mi appare per quel che è / – nevrosi da obbedienza – / io le ripeto: quieta, zitta, a cuccia. / già hai dato il meglio, non strafare». Continua a leggere

Una terra che non sembra vera

foto (2)Quando siamo stati con le foglie che non vanno via dai rami.
Sono state le musiche dolci dove dirci di morire.
Hanno portato tanti libri,
gli uomini a tornare tra i pochi fanali, i tram, le ciminiere. Continua a leggere

Tre poesie di Mariella Cerutti Marocco






mariellaceruttimarocco




Mariella Cerutti Marocco ci presenta in questo  libro, Il dolce sonno mi promise pace, (I Quaderni de la Collana Stampa 2009, 2014) una sintesi dei suoi lavori in corso. Il titolo riprende un verso di Ludovico Ariosto e apre la struttura di un nuovo modo di versificare che si pone dentro una striscia di luce.

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“La dolorosa radice del micondó”

 

conceicao[1]Dalla Prefazione di Chiara De Luca

Il micondó, è una varietà di baobab africano, che può raggiungere ventitré metri di altezza e vivere oltre duemila anni. Il suo ampio tronco costituisce una riserva d’acqua e le sue radici si spingono molto a fondo nel terreno. In questa raccolta di Conceição Lima, il micondò, che nella tradizione assume anche una valenza sacrale, diviene simbolo del profondo scavo a ritroso nella memoria lungo le proprie radici, per risalire all’origine di sé. […] L’intera raccolta è un inno alle radici, in cui Conceição Lima ripercorre la propria storia personale e familiare, che s’interseca con le vicende storiche che hanno scosso la sua terra, con le le piaghe e tragedie che l’hanno prostrata, dalla corruzione politica (“Pantufo”), allo sfruttamento e alla colonnizzazione (“Anti-epopea”),  dalla tragedia del Ruanda (“Ignominia”), al massacro di Batepá (“1953”), Continua a leggere

Giovanna Frene, tre poesie

 

 

Frene-fotografiaGiovanna Frene, (foto di ORLANDO MYXX) asolana di nascita, vive tra Padova e Crespano del Grappa (TV). Il suo libro di poesia più recente è Il noto, il nuovo (Transeuropa 2011). Ha pubblicato in molte riviste ed è inclusa in varie antologie poetiche, tra cui: Nuovi Poeti italiani 6, a cura di G. Rosadini, Einaudi 2012; Poeti degli Anni Zero, a cura di V. Ostuni, Ponte Sisto 2011; New Italian Writing, a cura di J. Calahan e R. Palumbo Mosca, “Chicago Review”, 56:1, Spring 2011; Parola Plurale, Sossella Editore 2005. Ha collaborato al progetto “Calamita/à”: http://calamitaproject.com/en/ .

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