Elena Salibra, quattro poesie

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trittico per il martirio d’Ortigia

 

…in fuga dall’altra terra il martirio

d’Ortigia  s’accomoda

nell’angolo

in ombra della sala dove non

è traccia d’un

amore dietro i pentimenti

del pittore. se tu stemperi

sul tappeto persiano il garbuglio

dei sensi in un pomeriggio

di prima estate

sei nel triangolo della memoria

o è un miscuglio di colori quel

me e te confusi d’umori nuovi…

da: il martirio di ortigia, Manni, 2010

 

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Mariapia Quintavalla, quattro poesie


QUINTAVALLAMaria Pia Quintavalla
, nasce a Parma, ma dal 1983 vive e lavora a Milano. Poetessa e narratrice, si occupa anche di critica letteraria e collabora con l’Università Statale di Milano.

Tra le sue opere di poesia: “Cantare semplice”, (Tam Tam Geiger, India-USA 1984); “Lettere giovani” (Campanotto Editore, Pasian di Prato 1990); “II Cantare” (Campanotto Editore, Pasian di Prato 1991); “Le Moradas” (Empiria, Roma 1996); “Estranea” (canzone) (Piero Manni, San Cesario di Lecce 2000); “Corpus solum” (Archivi del ‘900, Milano 2002); “Canzone, Una poesia” (Pulcinoelefante, Osnago 2002 e 2005); “Napoletana” (Copertine di M.me Webb, Domodossola 2003); “Le nubi sopra Parma” (Battei, Parma 2004); “Album feriale” (Rosellina Archinto, Milano 2005); “Selected poems” (Gradiva, New York 2008); “China. Breve storia di Gina tra città e pianura” (Edizioni Effigie, Milano 2010); “I Compianti” (Edizioni Effigie, Milano 2013).

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Pedro Serrano, “Torba”

 

pedro-serrano[1]Nota di Stefano Serri

Un mondo di pietra, che s’indurisce e poi si sbriciola, è il protagonista di Torba, quarta raccolta poetica di Pedro Serrano. Nell’universo dell’artista messicano la parola, il corpo e la storia si solidificano, diventando labirinto: il poeta non è che un fossile e anche le emozioni si fanno inorganiche. Ma la solidità minerale della realtà cede alla frattura e “la geometria rugosa della storia” si risolve in una fuga di frammenti non più correlabili tra loro. Anche il linguaggio risente di questa sfaldatura, così che l’unico collante rimasto in questa babele è l’accostamento di termini secondo un codice irrazionale, quasi surrealista, capace di generare immagini inattese (“una nappa di paura”, “un’amaca di dolore”). Dalla bocca del poeta, spalancata o ferita, gravata dalla “nomenclatura nella mandibola”, non emerge la gioia del canto, ma lo sforzo puntuale e la tensione del ridare un nome alle cose, come un nuovo Adamo. Il libro di Serrano, tradotto da Chiara De Luca, si configura come un’opera di pietra, a tratti grezza, a tratti cesellata, ma che si arrende al miracolo quotidiano del sole, “pietra miracolosa”, e alla vittoria del bianco: perché solo nella luce del mezzogiorno si realizza “il tremore azzurro del certo”. Continua a leggere

Giacomo Sandron, “Cossa Vustu che te diga”

 

sandron[1]Dalla prefazione di Fabio Franzin

“Te mancarà e man de me nona / i so grossi dei come gropi e duri / che te li ficava drento in senocioni / su la cuiera, col soriso tai oci” (Ti mancheranno le mani di mia nonna / le sue dita grosse come nodi e dure / che ti affondava dentro in ginocchio / nell’orto, col sorriso negli occhi). Sono fra i primi versi che accolgono il lettore di questa intensa raccolta poetica, in un testo, quello che si propone come una sorta di intro musicale, una dichiarazione d’amore e al contempo di odio rivolti al proprio paese, leitmotiv che percorrerà, come una crepa lunga, l’intero percorso che vede, passi e parola, snodarsi al suo interno. Poi, verso la fine della stessa, in una delle ultime sezioni, l’autore riprende humus ed enunciato, innestandovi però un senso di smarrimento, di lontanìa, per dirla alla Marin: “La rotta si perde anche coi piedi calcati per terra”. Nel testo successivo, l’autore aggiunge ancora, come per giustificare tale “stornità”: “Sarà che qua la terra sta / allo stesso livello dell’acqua”. Basterebbero questi tre brevi estratti per riassumere il background, il substrato in cui affondano le parole di Giacomo Sandron, e in virtù di una qualche loro misteriosa proprietà, risalgono poi a galleggiare. Un autore che giunge, finalmente, a consegnare alle stampe una raccolta organica che riassume oltre un decennio di ottime apparizioni sparse su plaquette, libretti artistici e artigianali, riviste cartacee e su web, e una costante presenza in readings e letture, performance e partecipazioni a poetry slam (di cui è uno degli interpreti più apprezzati). Continua a leggere

Il ritorno di Dario Bellezza

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Da oggi in libreria

Invettive e licenze apre questo volume che, per la prima volta, riunisce tutti gli otto libri pubblicati da Bellezza fino a Proclama sul fascino apparso nel 1996, pochi giorni dopo la scomparsa dell’autore.

Ai versi editi fa seguito un’appendice di testi dispersi, alcuni inediti, che vuole offrire uno stimolo per accostare nuovi lettori alla produzione di uno dei poeti più controversi e ricchi poeti di fine Novecento.

L’attenta e partecipe curatela di Roberto Deidier, che di Dario Bellezza fu amico, consente non solo di inquadrare ogni testo nel momento in cui fu scritto, ma anche e soprattutto di cogliere il senso di un itinerario poetico globale e coerente.

Dario Bellezza, “Tutte le poesie”, Oscar Mondadori 2015, a cura di Roberto Deidier, (20 euro).

 

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Marcella Graziosi, “Il gioco della campana”

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Nota di Marcella Graziosi

“Pubblicare il primo libro è per me una partenza che racchiude tanti precedenti passaggi attraverso il gioco della vita, compiuti con gioia, a volte con sofferenza ma sempre con l’impegno instancabile di quando da piccola giocavo al gioco della campana, o rayuela, per le strade di Buenos Aires.
Una memoria dei molti viaggi che mi hanno condotto ad essere ciò che sono; perché nulla vada perduto del bagaglio da portarmi dietro quando la vita chiamerà ancora e il mio cuore sarà pronto a seguirla verso nuovi spazi.”

Dall’introduzione al libro scritta dall’autrice

Il gioco della campana, la Rayela in argentino, ha rappresentato per me uno dei divertimenti preferiti quando a Buenos Aires, mia città natale, trascorrevo molte ore per strada a saltare sulle caselle disegnate dai bambini.

Lanciare il sasso e seguirlo nel quadrato dove andava a finire, raccoglierlo e poi tornare al punto di partenza senza cadere, saltando su un piede solo era, ogni volta, una sfida che metteva alla prova la nostra abilità.

Da allora molte volte ho lanciato il sasso nella rayuela della vita e raggiungerlo ha rappresentato una partenza, un viaggio, a volte felice, a volte fatale, a volte voluto, fuori e dentro di me.

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David Huerta, “La strada bianca”

David_HuertaNota di Lucia Cupertino

 

L’esplorazione condotta da David Huerta in questi versi è a tratti una discesa nella caverna platonica, a tratti un viaggio più complesso e meraviglioso, attraverso le facce di un diamante. Come dice il poeta citando Beckett, l’unica ricerca che valga ancora la pena di essere intrapresa è lo scavo e fin dai versi d’esordio Huerta si lancia in una discesa negli abissi di sé stesso e, più avanti, in una spelonca per osservare il “segno del giorno” assieme ad un archeologo.

Questo scavo, diventata ormai cedevole ogni percezione, si moltiplica inaspettatamente in molteplici direzioni e il poeta è in ogni dove e in nessun luogo, preda di un gioco di specchi, folgorazioni e tremule immagini. Sembra si possa già affermare l’identità del trickster quando scrive “Sul ciglio della strada / Stendhal muove / uno specchio” ma “Dietro Stendhal / c’è un punto / oscuro, / una strada, /qualcuno / che somiglia a me /– o a lui –, / un altro specchio”. Dietro a quell’altro specchio c’è la parola poetica in tutto il suo lucore, la sua forza seducente, l’amarezza, il suo riparo, la sensualità, la raffinatezza del filosofare, la stratificazione delle più preminenti voci della letteratura messicana e latinoamericana.

 

 

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Annalisa Ciampalini, “L’assenza”

 

cover_ciampaliniDalla prefazione di Giuliano Ladolfi

“La raccolta di Annalisa Ciampalini sa toccare le corde del cuore umano in modo tale che il lettore nei suoi versi può leggere se stesso, perché il dolore di un rifiuto sentimentale è patrimonio di ogni persona. Non diario, quindi, ma ricerca introspettiva finalizzata alla ricostruzione di una vicenda destinata a segnare in profondità la poetessa. Troviamo nella nudità di uno stile composto e vibrante un’esperienza, tesa tra il desiderio di realizzazione assoluta e il limite dell’accadere, tra gli attimi di felicità e lo strascico di periodi consacrati al disfacimento, tra la vitalità della speranza e la delusione letale. La scrittrice non rievoca solo una vicenda personale, ma coglie l’aspetto più profondo del nostro essere, catena di un percorso biologico, destinato però a superarlo nella tensione verso una realizzazione completa, perfetta, assoluta, al di fuori del tempo e dello spazio”. Continua a leggere

Carmen Bugan, “Sulla soglia della dimenticanza”

 

Carmen_Bugan[1]Nota di Chiara De Luca

Carmen Bugan è nata in Romania nel 1970 ed è emigrata negli Stati Uniti con la famiglia nel 1989, dopo che il padre era stato arrestato per aver protestato contro il regime di Ceausescu. Ha studiato all’Università del Michigan (Ann Arbor), alla Lancaster University, alla Poets House (Irlanda), e al Balliol College di Oxford, dove ha conseguito un dottorato in Letteratura Inglese. Ha pubblicato le raccolte poetiche Crossing the Carpathians: Poems (Oxford Poets/ Carcanet, 2004), The House of Straw (Shearman, 2013), uno studio critico dal titolo Seamus Heaney and East European Poetry in Translation: Poetics of Exile (Legenda/Maney Publishing 2013), e il memoriale Burying the Typewriter: Childhood Under the Eye of the Secret Police (Picador 2012). L’edizione americana di questo libro ha vinto il Bread Loaf Conference Bakeless Prize for Nonfiction, l’edizione inglese è stata menzionata come libro della settimana da BBC Radio 4 ed è stata tra i finalisti del George Orwell Prize per la scrittura politica. Il memoriale è stato tradotto in Svezia, in Polonia ed è in corso di traduzione in Romania. Continua a leggere

Azzurra D’Agostino, “Con ordine”

 

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Azzurra D’Agostino (1977) è nata e vive sull’Appennino Tosco-Emiliano. Ha pubblicato le raccolte poetiche D’in nciun là, I quaderni del battello ebbro 2003, Con ordine, Lietocolle 2005, D’Aria sottile, Transeuropa 2011, Versi delll’abitare, XI Quaderno italiano di poesia contemporanea Marcos y Marcos 2012. Suoi interventi critici e racconti sono stati pubblicati su varie riviste e antologie tra cui Di là dal bosco (Le voci della luna), Almanacco dello Specchio (Mondadori), Nuovi Argomenti (Mondadori), Bloggirls (Mondadori) e altri. È giornalista pubblicista e scrive per il teatro. Continua a leggere

Alberto Toni, “Vivo così”

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Tre poesie da Vivo così, di Alberto Toni, Nomos Edizioni, 2014

 

Raffaele, operaio Fiat, la notte al muletto,

è solo un tempo fantasma

che racconta di sé e del dolore non smette

mentre dall’altra parte il nipote non sa,

poi chiude gli occhi per pensare al domani.

Forse, si chiederà più tardi, il tormento

non passa così in fretta e ci sarà bisogno

di ricordare.

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Tre poesie per Elena Salibra

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Elena Salibra, nata a Siracusa, è scomparsa a Pisa il 4 dicembre 2014.
Ha insegnato Letteratura italiana contemporanea all’Università di Pisa. Studiosa della tradizione poetica italiana tra Otto e Novecento,  cui ha dedicato saggi ed edizioni,  è autrice delle raccoltedi poesie:  Vers.es (2004, nella Cinquina del Premio Viareggio), Sulla via di Genoard (2007, finalista al Mondello), Il martirio di Ortigia (2010, finalista al Viareggio) e La svista (2011, Premio Contini-Bonacossi 2011). Molti suoi testi sono stati tradotti e pubblicati in tedesco, danese, francese, serbo, romeno, inglese, olandese e sono apparsi in antologie di poesia italiana e straniera contemporanea. La sua ultima raccolta di poesie “Nordiche”, nel 2014 ha vinto il Premio Pisa per la poesia. Continua a leggere

Milo De Angelis, tre poesie

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Era buio. Il centro di agosto era buio

come il corpo nudo. Non potevo

trovare riposo né movimento: solo il battere

del sangue sulle labbra. Il buio

giungeva dal respiro aperto, dalla freccia alata

che entra nel mondo. Il buio

era lì. Era lì, nel vertice

della prima caduta, era me stesso,

questo freddo che, oltre i secoli, mi parla.

 

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Marco Ceriani, “Gianmorte Violinista”

 

gianmorte_violinistaLa vicenda poetica di Marco Ceriani ha ormai compiuto un lungo e originale tragitto, e del suo lavoro si sono ben accorti, nel corso del tempo, lettori autorevoli, da Giovanni Raboni a Rodolfo Zucco.

In questo “Gianmorte violinista”, (Collana Stampa 2009, 2014, euro 14,00) Ceriani ha coagulato le più svariate presenze, creando oggetti-testo nati dalla concrezione di più elementi, che danno alla sua pagina una serie apertissima di sfaccettature, chiamando il lettore a una perlustrazione accanita e, in effetti, ardua, molto speciale e in ogni caso ben remunerativa.

Si potrebbe dire che il testo di Ceriani è passato, nel corso dei decenni, da una fisionomia liquida a una decisamente compatta e quasi minerale, in cui l’autore realizza dei conglomerati quanto mai compositi, con l’inserzione di dati colti, citazioni, prelievi da lingue varie, in un dettato arditamente sapienziale che invita l’interlocutore a un gioco sempre ricco di possibili sorprese. La trasparenza del passato, dunque, è ormai sullo sfondo di un’opera già consistente e, al suo posto, Ceriani ci presenta l’unicità di uno stile che chiede il coinvolgimento, non sul piano della comunicazione semplice, ma dell’impegno estetico sui dettagli testuali, lanciando quasi una provocatoria sfida che il buon lettore avrà sicuramente il merito di voler accettare.
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Carol Ann Duffy , “Le api”

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A cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti

Con The Bees, Carol Ann Duffy si allinea alla prestigiosa compagnia di poeti che, da Virgilio a Sylvia Plath, hanno tratto ispirazione dalle api, elogiandone la forza e le straordinarie attività, metafore di un ideale modello di creatività e laboriosa coesistenza. Le api, umili e valorose, operaie rassicuranti ma pungenti, fanno da intermittente filo conduttore di questa raccolta che tratta e approfondisce, in toni che vanno dal lirico al sarcastico, dall’intimistico al civile, i temi cari da sempre a Duffy: l’amore, il dolore, la perdita, l’impegno sociale, la guerra, il paesaggio, il ruolo della letteratura come testimonianza e resistenza. Un libro allo stesso tempo orgogliosamente “britannico”, ma anche cosmopolita e disincantato.

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Alessandra Palombo, "Mestieri"

 
cop_mestieriDalla prefazione di Claudio Damiani
Alessandra Palombo ha la capacità di ingabbiare le cose e farle apparire. E’ una magia perché l’oggetto prima invisibile, poi esce fuori dal cappello come una colomba.
Nella poesia le parole sono sempre “costrette”, nel verso, nella forma, nella metrica. Alessandra le costringe ancor più, come quando scrive tautogrammi, ossia testi in cui le parole sono costrette a cominciare tutte con una stessa lettera.
Questi “Mestieri” non sono tautogrammi, ma caso mai 
 epigrammi, brevi poesie che racchiudono un quadretto, un personaggio incorniciato, ingabbiato nel suo mestiere. Tra mestiere e personaggio c’è una fusione totale, una commistione inestricabile, e proprio per questo non c’è alcun bisogno che anche le parole vengano costrette, e possono dunque cominciare con la lettera che vogliono. Ecco perché sono epigrammi: l’ingabbiamento è già nel tema, e la persona è lì dentro visibile, anche se non c’è più, in quel cubicolo che è il mestiere stesso, come le edicole simili a guardiole dei due giornalai, uno davanti all’altro. Continua a leggere

Fausto Gianfreda, "Il Graal di Simone Weil"

 
fausto_gianfridaDescrizione
La simbolica del Graal, con al centro la vicenda del puro Parzival/Parceval, dà immagine ai motivi fondamentali dell’ultima riflessione della Weil sulle condizioni dell’assimilazione a Dio attraverso la contemplazione del Logos Alogos. Nella leggenda del Graal, Oriente e Occidente comunicano nella salvezza nel segno della Croce del Cristo. È convinzione profonda della Weil che tale comunicazione debba realizzarsi in pienezza proprio nella nostra epoca, attraverso l’educazione alla forma più intensa di attenzione: quella di Dio che si comunica al creato nel sacrificio.
L’ermeneutica weiliana illustra indirettamente la perdurante efficacia del lascito letterario proveniente dal Medioevo.
“Il Graal di Simone Weil”, di Fausto Gianfreda, Pazzini Stampatore Editore, 2012
 

Lucetta Frisa, "L'emozione dell'aria"

FRISA_Copertina_Pag1Nota di Gianmario Lucini
La nuova silloge di Lucetta Frisa è, evidentemente, un omaggio alla musica della modernità, dal Rinascimento, con Tomàs Luis De Victoria e Frescobaldi, fino alla musica contemporanea, col grande svizzero Olivier Messiaën e il fenomeno culturale che Strawinslij considerava la vera novità nel campo della musica contemporanea, ossia la musica afro-americana. “L’emozione dell’aria”, chiama l’autrice la musica, o, nella poesia Basso continuo, “desiderio senza parole” sottolineando così la parentela spirituale della sua poesia (che sarebbe, pertanto, il “desiderio con le parole”) con vocazione innata all’universalità e di totalità (di adesione ad essa) e pertanto si deve intendere, per “desiderio” quel sentimento di espansione capace di sopperire ai limiti e alla pesantezza della materia, del corpo, per realizzare in sé una pienezza già oltre-esistenziale.   […] Continua a leggere

Saverio Bafaro, "Poesie del terrore"

 
poesie-del-terrore-170975Nel libro, edito da La Vita Felice nel 2014, diciassette tavole colore di Piero Crida; prefazione di Roberto Deidier
«Oscuro», in tutte le sue diverse accezioni, declinazioni, sfumature, è un termine ricorrente nel lessico poetico di Saverio Bafaro: la sua presenza circoscrive uno spazio dominato dall’ambiguità, ma non nel senso di sollevare incertezze, quanto in quello di stabilire, tra i suoi elementi tenebrosi e il soggetto che si dispone ad attraversarli, una duplice corrente. L’io si carica di quell’oscuro che teme e che può generare il «terrore» di queste poesie, ma diviene anche una possibile e autonoma sorgente di terrore.
Il tema che i versi di Bafaro ci chiedono di condividere non si dispone quindi all’insegna dell’univoco; il poeta invoca invece «la bellezza che confina con la paura», avvertendoci di fatto che non v’è cesura, iato, ma contiguità tra i due opposti. Continua a leggere

Salvatore Sblando, "Ogni volta che pronuncio te"

 
ogni-volta-che-pronuncio-teDalla prefazione di Davide Rondoni
Libro di argute sincerità, di dissimulata capacità letteraria: questo di Sblando offre i suoi momenti più forti quando – cedendo dai territori più sicuri della sagacia e della letteratura – quasi si perde, sgomento e quasi attonito, dinanzi a certe dismisure della esistenza. Intendo che una controllata composizione, una trama di riferimenti letterari tra gli assodati e conclamati non impediscono al tramviere «prestato alla poesia» di essere una «chiave da 14» che «tenta di stringere un bullone da 11». Il libro abita questa sproporzione, al limite tra l’ironico e il tragico. E la abita attraversando vari livelli del problema – già messo a fuoco da Montale – della inappartenenza. Che è poi il problema della poesia che nasce nell’ambito borghese contemporaneo, una poesia che sembra galleggiare in una espressione infinita e sfinita dell’io che appartiene solo a se stesso.
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"Vita sconnessa di Enzo Cucchi"

 
cucchi_dercole-bDall’Introduzione di Carlos D’Ercole
Conosco Enzo Cucchi da una decina d’anni, forse qualcuno in più.
La prima volta deve essere stato a cena fuori dal Moro, dove campeggia la gigantografia dell’oste che ha recitato nel Satyricon di Fellini.Il posto è come dicono gli inglesi, un po’ “stiff”, ingessato. Enzo, come al solito, non era per nulla rilassato, avvertiva la pesantezza nell’aria, perdipiù non poteva fumare.
Prendendo spunto dal mio nome, iniziò a parlarmi entusiasta di Carlos Monzon e si creò forse in quel momento un magica complicità.
Negli anni a seguire ci siamo incrociati tante volte nel centro di Roma, ci siamo scambiati alcune battute, ma senza reciproci approfondimenti.
Eppure rimanevo sempre incurosito da quella magrezza nervosa, da quel camminare incerto avvolto in nuvole di fumo che lo rendevano simile a un personaggio di Andrea Pazienza. Continua a leggere

Giovanni Tesio, "Il canto dei presepi"

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Dalla nota di introduzione di Giovanni Tesio
Un amico severo e avvedutissimo mi dice che non approva i miei Natali, o perlomeno che non trova spiragli per qualche sua utile considerazione. Mi dice che non c’è agiografia ma invece una miscela agghindata di scherzo affettuoso e di ironia e che quel «cucciolo malcapitato» stramazza sotto gli elogi e gli omaggi, «vezzeggiato invece che già pronto a latitanza, inseguito da prossima strage di coetanei». E mi dice poi che quella stalla con le bestie «non è stanza d’albergo panoramica, ma un posto di barcone alla deriva». Continua a leggere

Sebastiano Vassalli, "L'oro del mondo"

l'oro_del_mondo«Viviamo per quelle poche pagliuzze di felicità che rimangono in fondo alla memoria come l’oro sul fondo della bàtea»: sulle rive del Ticino i cercatori d’oro sperano di scovare nel fiume un poco di fortuna e lo fanno accanto a bracconieri, ambulanti e barcaioli. Così, in una specie di frontiera americana alla Mark Twain, tra la città di Milano e la pianura del Piemonte, tutti tentano di voltare le spalle alle macerie del conflitto appena finito. Li osserva un giovane Huckleberry Finn padano, il protagonista dai tratti autobiografici di una storia emblematica dell’ultimo dopoguerra, quando gran parte della popolazione al nord soffre la fame, bestiario umano di opportunismi, odi, sacrifici e speranze. Torna uno dei romanzi più belli dell’autore della Chimera con un testo inedito in ricordo di Giulio Einaudi, l’editore che scelse L’oro del mondo tra gli ultimi libri voluti da lui personalmente nella non più sua casa editrice. Questa narrazione picaresca (che apre squarci su epoche e piani diversi con temi come l’eccidio di Cefalonia e i compromessi dell’industria culturale e letteraria) va alla ricerca del carattere nazionale degli italiani individuato nelle contraddizioni di quegli anni quando il Paese è ancora diviso e invischiato tra fascisti e antifascisti anche se «il limite tra il giusto e l’ingiusto non è mai cancellato». Continua a leggere

Alessandro De Santis, "Metro C"

 
MetroC_cover alta definizione[1]Nota di Aurelio Picca
Non so più cosa sia la poesia. Sarà che da ragazzo l’ho cercata come una preghiera o una punizione che
mi facesse male. Oppure mi rendesse invisibile, non per sparire ma per ripararmi da un mondo di anime morte eppure provviste di forma, liquidi, pensieri. Non volevo essere il migliore, non avevo ambizioni, se non quella di scrivere il mio nome senza il tremore della mano: in realtà la maggiore delle ambizioni. Però quando la poesia c’è, nel senso che contiene quel poco di vita che si fa poesia, non vorrei ma ci inciampo sopra perché in petto mi monta un frastuono di battaglia: un urlo muto epperò di ossa frantumate e di sangue scolato come piscio agli angoli dei muri. Continua a leggere

Ciro Tremolaterra, "Sorrisi da un piccolo giardino"

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Dalla Prefazione di Paola Casulli
Un fondale d’ombra, di frescura, di prati al tramonto e di rondini. E’ quello su cui si posa questa poesia nata dalla voce elegante e sobria, limpida e leggera di Ciro Tremolaterra.
E il silenzio! Il silenzio che ora si espande, ora si contrae. Si disgrega, si fonde, si disintegra nuovamente e svanisce. Poi ritorna. Un silenzio che non è tacere ma geometria ben congegnata di un sé mai smarrito seppur dolente. Mai concluso ma che, nella percezione tutta della vita, accetta in sorte un’umanità delle cose e degli eventi ben dritta, serenamente cosapevole che il mondo è sempre inseparabilmente commedia e tragedia.
Un silenzio leggero “come i capelli di una ragazza… una ragazza segreta”… Un flusso continuo di parole, la poesia di Ciro Tremolaterra, che disegna l’esistenza come uno scrigno che, una volta spalancato, rivela il soffice tappeto blu della memoria. […]
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Tony Harrison, "Afrodite del mar nero"

 
tony_harrisonWorking class poet. War poet. Angry poet.
Poeta operaio. Poeta di guerra. Poeta arrabbiato.
Sono alcune delle molte definizioni che la critica ha riservato a Tony Harrison in questi ultimi decenni.
Il maggiore poeta inglese vivente, figlio della classe operaia e nutrito di cultura classica, raccoglie le sue poesie inedite più recenti in un libro provocatorio, confermando la tensione civile che lo contraddistingue, anche quando mescola i miti della classicità e le crisi in medio oriente: «sul mar nero… se le mie pietre radenti potessero continuare a saltare / arriverebbero in Georgia, sul Caspio, in Afghanistan…»
Il Festival Internazionale di Poesia Civile città di Vercelli ha consegnato a Tony Harrison il premio alla Carriera il 12 novembre scorso. Il grande poeta inglese è stato accolto dal presidente dell’associazione culturale “Il Ponte “(organizzatrice del festival) Luigi Di Meglio, dal sindaco di Vercelli Maura Forte e dal rettore dell’Università del Piemonte Orientale Avogadro, Cesare Emanuel. Harrison è stato presentato criticamente dal suo traduttore italiano, Giovanni Greco, e dall’editore Roberto Cicala.
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Annalisa Macchia, "Interposto est"

 
macchia_coverNota di Paolo Lagazzi
Interporto est di Annalisa Macchia è una specie di trepido e commosso romanzo per flash, sovrapposizioni, contrappunti, rapidi accostamenti memoriali, cammini e soste, fughe e risalite dal presente al passato e viceversa. Tornare dove si è vissuta la stagione mitica dell’infanzia (una frazione della campagna livornese) significa osservare tutto quanto si è perso e continua a perdersi, a sfarinarsi, a sgretolarsi come il cimitero assediato dall’interporto o la chiesa la cui campana fu messa in vendita, come i terreni invasi dai container o da “alberi scheletrici”, come il ricordo stesso delle chiacchiere femminili en plein air che un tempo innervavano i giorni. Adesso persino gli spazi domestici soffocano: “sospeso anche il respiro / brancolano corpo e mente…”. Eppure negli abitanti del paese avviati al declino resiste un “non so che di fiero”, mentre il lento spegnersi della madre ha lasciato in dono all’autrice di questi versi un fuoco segreto, un “filo / incurante di morte e saccheggi”, “un nodo più forte d’ogni male”.
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Un capolavoro chiamato Italia

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Il libro è un racconto a più voci di un patrimonio da tutelare, proteggere e valorizzare. E’ la nuova importante iniziativa editoriale della Fondazione Enzo Hruby che entra nel vivo delle esigenze di tutela e di valorizzazione dei beni culturali e delle soluzioni tecnologiche oggi disponibili attraverso i contributi, le proposte e le testimonianze di oltre 30 dei più autorevoli esponenti del panorama culturale italiano.
Da Nord a Sud il patrimonio culturale del nostro Paese è così vasto, diffuso e armoniosamente integrato con il paesaggio e con le tradizioni locali da rendere l’Italia stessa, nella sua interezza, un capolavoro amato in tutto il mondo e capace di attirare ogni anno milioni di turisti. Continua a leggere

Giulio Viano, tre poesie da "Iridi Artiche"

viano-GiulioNella Collana curata da  pordenonelegge.it  e dalla casa edtrice LietoColle, è uscita la raccolta di poesie di Giulio Viano, “Idi Artiche” 2014. Un libro denso di “astronomie alchemiche”, una poesia che si discosta dal “già letto”, per scelte stilistiche, ma anche per l’oggetto poetico. Non causali le liriche dedicate alle stelle,  alle quali si giunge alla fine del libro, dopo aver compiuto un lungo itinerario, senza scorciatoie. Un’opera colta, che osserva e ripropone la lezione degli “Antichi Maestri” nel desiderio di rifondare una rinnovata civiltà, un nuovo ordine nella realtà contemporanea.
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Guido Monti, "Fa freddo nella storia"

guido_monti_coverIn questo libro di Guido Monti c’è l’emozione forte, vibrante, di chi vive dentro le cose, nella realtà inquieta e insoddisfacente, nella quotidianità semplice, con l’occhio della mente coinvolto nel passato, vivendo già oltre un tempo troppo rapidamente perduto. Ne viene una poesia di non comune forza e compattezza materica, in un “cozzare di materia su materia” che è il segno del nostro esserci più autentico, e dunque non acritico, non totalmente assorbito dai meccanismi del tempo, in un’epoca di “espansa modernità”.
Venature forti, ben visibili, di poesia civile, dunque, senza scivolare nell’ideologia, bensì verificando di persona, prendendo spunto da una realtà dalla quale emergono numerosi personaggi, figure ruvide di antieroi, che hanno in sé la portata dei mutamenti d’epoca, ma che poi possono diventare piccole immagini e caratteri vivi di una memoria che tende a decantarne la fisionomia, fino a “infiabarli”. Del resto, Monti è capace di esprimersi su registri diversi, con dolcezze di lievità infantile, che conferiscono un senso di speranza e apertura in un mondo popolato dalla vita meccanica dei manager a fronte di sempre vari e presenti “cortei dei poveri”. Continua a leggere

Nadia Campana, "Visione postuma"

E’ appena uscito con l’editore Walter Raffaelli  tutta l’opera di Nadia Campana. Un cofanetto in due volumi  dal titolo “Verso la mente/Visione postuma”, a cura da Giovanni Turci, Milo De Angelis ed Emi Rebuffetti.
Sono importanti questi saggi per comprendere la figura e l’opera di Nadia Campana. E sono tutti percorsi dalla passione per la vita e per la letteratura. Alcuni poi (in particolare quelli sulla Cvetaeva) hanno venature biografiche di impressionante profezia, come se l’autrice avesse scelto questo tipo di scrittura per svelare la parte più segreta di se stessa e il destino che da lì a poco si sarebbe compiuto. (Milo De Angelis) Continua a leggere

CodiceinVerso, di Alessandra Paradisi

alessandra_paradisiCodiceinVerso, (Editori Riuniti, 2008) evoca, fin dal titolo, combinazioni di parole scelte dall’autrice: versi liberi e endecasillabi, che si presentano sulla pagina, improvvisiamente, come il sorriso del Gatto di Alice guidata in discese e risalite, nelle “Avventure del Paese delle meraviglie“.
Il racconto poetico di Alessandra Paradisi è pieno di allusioni a personaggi e avvenimenti propri del libro di Lewis Carroll, alcuni dei quali vengono volutamente riproposti in esergo, a dividere un’ipotetica sezione dall’altra, con frasi come quella pronunciata dalla duchessa a Alice: “Non posso dirti quale sia la morale di tutto ciò, ma tra un minuto me lo ricorderò“.
Nella sua “Non-prefazione” Alessandra Paradisi ci spiega, anche con un po’ di ironia, il suo personale rapporto con la poesia, un luogo/non luogo, che “non si spiega: si ama o si rifiuta. La prefazione a una raccolta di poesie – scrive l’autrice – non ha quindi senso (se non quello di fare autorevolmente presentare l’autore ai potenziali lettori, cosa che non posso fare da me).” Continua a leggere

Davide Tartaglia, Figure dal congedo

figure_dal_congedoIntroduzione
La poesia la scrivono in troppi, la leggono in pochi e non la compra nessuno. E può anche starci, perché tra manierismi di ritorno, sperimentalismi fuori tempo massimo, più una frotta sterminata di prove imbarazzanti di dilettanti allo sbaraglio, la voglia di comprare poesia scemerebbe in chiunque. Peccato. Perché talvolta, in questo grande e avvilente marasma, vede la luce qualcosa che invece riconcilia: l’opera prima di Davide Tartaglia è una di queste piccole perle. Che sta a significare più cose: la prima, che al di là di tante categorie allotrie (le generazioni, le tematiche, le militanze, etc.) può ancora esistere – ed esiste; e tenacemente resiste – una “poesia onesta”; che questa “poesia onesta” è figlia di una grazia di stato che, con buona pace delle scuole di scrittura, soffia il suo vento dove vuole; infine, che questa grazia, nel concedersi, ancora evoca (e pretende) una sempre più profonda confidenza con la biblioteca e i suoi ospiti, nel fiume ininterrotto del grande stile. Credo siano elementi di ottimo auspicio per la nostra tradizione futura.
(Filippo Davòli) Continua a leggere

Maurizio Cucchi, "Rebus macabro"

rebus_macraboPer chi voglia approfondire la poetica di Maurizio Cucchi, si segnala la recente uscita di “Rebus macabro“, Edb Edizioni, 2014, euro 10,00. Si tratta di un libro fondamentale consegnato ai lettori da un maestro della poesia italiana contemporanea.  Il libro che ha una copertina rigorosamente nera, contiene una serie di testi scritti da Cucchi nel periodo in cui uscì “Il disperso” (1976), arricchita da due sezioni centrali composte di recente e da tre prose, “squisitamente perfide ed elegantissime, spassose, a metà  tra Walser, il Lazzarillo e Faulkner“, come evidenzia Alberto Pellegatta nell’introduzione.
La sorpresa arriva alla fine, con la ristampa dell’introvabile plaquette del 1971, “Paradossalmente e con affanno“, che anticipa le tematiche del discorso poetico che Cucchi esprimerà negli anni successivi. Il libro è arricchito dai bellissimi disegni dello scultore Alberto Ghinzani.
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"La stanchezza del mondo", presentazione a Roma

 
lagazzi_coverPaolo Lagazzi nel panorama italiano è uno degli ultimi lettori e critici di poesia che ci sono rimasti.  Lo scrittore ci consegna nel 2014, un nuovo saggio sulla poesia, dal titolo: “La stanchezza del mondo”, Ombre e bagliori dalla terra della poesia, appena uscito con Moretti & Vitali (euro 20,00). Il libro mette in evidenza che anche per la poesia, “questa è l’età della stanchezza“.
L’autore presenterà a Roma La stanchezza del mondo”, Ombre e bagliori dalla terra della poesia, il 20 novembre 2014 alle 18.30 al Centro per l’Arte Contemporanea, La Nuova Pesa“, Via del Corso, 530.
Interverranno, tra gli altri: Claudio Damiani, Doriano Fasoli, Gabriella Palli Baroni, Fabrizio Petri, Mario Lucrezio Reali, Beppe Sebaste, Gabriella Sica. 
SINOSSI
Ripercorrere il senso, il ruolo e il valore che la poesia può ancora avere nel mondo è un compito che va ben oltre le questioni linguistiche o di poetica, il vaglio degli strumenti retorici o le annose discussioni sul canone: è un compito che chiede a tutti noi – poeti, critici o puri lettori – il coraggio di considerare con chiarezza la situazione dell’uomo in questo momento storico. Se fosse possibile individuare una chiave per descrivere i nostri anni nel loro insieme, cosa potremmo dire se non che questa è l’età della stanchezza? Continua a leggere

Giovanni Raboni, "L'emozione della poesia"

 
raboni_emozioneTesti e interventi sulla figura di Giovanni Raboni (Collana Stampa 2009, 2014) a cura di Valeria Poggi, euro 15,00.
Dalla Prefazione di Valeria Poggi
Motivare l’idea di questo libro è semplice: si tratta di un doveroso riconoscimento al poeta, al critico, all’intellettuale, all’amico che è stato Giovanni Raboni. La difficoltà è semmai risultata quella di restringere il campo degli interventi, delle testimonianze. La scelta, allora è caduta inevitabilmente sulla città di Milano, su chi in questa città ha operato a contatto con lui. Perché Milano? Milano perché è la città dove Raboni è nato, ha vissuto, ha voluto “lavorare” e lasciare la sua impronta di poeta e di grande promotore di cultura (nonostante le tentazioni di Roma e di Napoli). Milano è la città che la fa da protagonista nella sua opera poetica, la città che vede la sua firma da «Questo e altro» a «Paragone», da «aut-aut» a  «Il Verri», da Milano Poesia (con Antonio Porta) alla Società di Poesia (per promuovere la pubblicazione insieme a Maurizio Cucchi, Antonio Porta, Giovanni Giudici, Giuseppe Pontiggia ed altri, dei testi di giovani poeti), dal Piccolo Teatro al Premio Bagutta, dalle pagine del «Corriere della Sera» al costante impegno civile.
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Lorenzo Mari, "Nel debito di affiliazione"

nel_debitoNota di Nadia Agustoni
Con questa raccolta “Nel debito di affiliazione” 2013 Lorenzo Mari porta in primo piano la duplice lotta dei poeti delle generazioni venute dopo i movimenti; lotta con la parola e con un dire che tenga conto del presente nei suoi risvolti più tragici. La solitudine generazionale, la scelta di campo, la lingua con cui il discorso di Mari si costruisce ci dicono di un autore attento. Voce sicura e mai scontata, colpisce per la pulizia del verso e insieme per la sua pregnanza. Nessun minimalismo, ma una fluidità che sorprende vista la complessità dei temi trattati. Non so se il titolo del libro alluda in parte anche a un debito verso fratelli maggiori, ma gli esergo dicono quanto sia sentita l’esigenza di un appartenenza culturale, politica, linguistica. La frammentarietà del presente e la difficoltà del costruire un pensiero critico la percepiamo chiaramente fin dall’incipit: “ A cosa potrà servire – / non alla mano del padre, non all’etimo del nonno:/ casomai potrà addurre motivi/ soltanto al taglio/ e all’abrasione”.  Continua a leggere

Sophia de Mello Breyner Andresen

cover_de_mello[1]Recensione di Chiara De Luca
“Cammina fino ad incontrare una chiesa alta e quadrata.” Scrive Sophia de Mello Breyner Andresen nella prosa poetica Cammino del mattino, tappa idealmente e tipograficamente centrale, dello splendido pellegrinaggio sul lungomare che è questa raccolta antologica. “Lì dentro ti inginocchierai nella penombra guardando il bianco delle pareti e il lucido azzurro delle maioliche. Lì ascolterai il silenzio. Lì si alzerà come un canto il tuo amore per le cose visibili che è la tua orazione di fronte al grande Dio invisibile.” È in questo spazio sacro, lungo la strada “di terra gialla e quasi senza nessun’ombra”, dove “le cicale canteranno il silenzio di bronzo” che occorre introdursi senza esitazione né timore. È in questa dimensione atemporale, dominata dal bianco e dal silenzio, dalla quiete del ricongiungimento, che la poesia di Sophia de Mello Breyner Andersen sgorga e zampilla come un altissimo inno all’immensità del reale e alla vertiginosa altezza delle sue contraddizioni, tra cui ci avventuriamo con la mano dell’ombra su una spalla, “sull’altra la mano del sole.” Continua a leggere