Claudia Di Palma, “Altissima miseria”

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Claudia Di Palma (Credits/Massimiliano Spedicato)

 

Dall’Introduzione di Alessandro Canzian

La poesia come testimonianza ed invenzione è in qualche modo anche il miglior modo di introdurre e spiegare i versi dell’opera d’esordio di Claudia Di Palma. Un verso Continua a leggere

L’universo poetico di Patrizia Villani

villaniSulle tracce dell’America è un viaggio epico e drammatico nel mito americano, nel desiderio della terra promessa e di una frontiera simbolica da raggiungere e oltrepassare (…poi girando pagina salti a bordo/del lungo treno merci pieno di bestiame/che percorre fischiando le vene dell’America/e insieme andiamo, perché veda coi miei occhi…) e incarna le molte e controverse componenti della cultura di questo paese nelle figure leggendarie, crudeli o meravigliose, che ne hanno popolato storia e letteratura – l’est delle grandi città e i famosi personaggi dei romanzi noir, il “selvaggio West”, avventurieri, poveri vagabondi e infine gli indiani d’America, eredi naturali di un territorio e di un modo di vita che hanno perduto per sempre. Il libro (che inizia con il passato e la scoperta e ci porta verso un’America ideale) è suddiviso in quattro sezioni dal titolo in inglese – a significare l’intenso e inscindibile legame con questa lingua che rimane, viva e vitale, a sostrato dei versi – e rappresenta un universo poetico aperto al Nuovo Mondo (partire verso un mondo nuovo/legare est e ovest, toccare il cuore/di un continente d’immaginazione:/ci accompagneranno in questo viaggio/le voci che amiamo ricordare) i cui testi, di volta in volta epici e narrativi o lirici, costruiscono un intreccio di figure che riportano in vita il sogno struggente di intere generazioni, senza dimenticare la realtà spesso ingiusta e sanguinosa di un melting pot mai davvero realizzato e la violenza del “rovescio della conquista”. Continua a leggere

Giovanni Sato, “La solitudine del cielo”

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    Giovanni Sato

    In questa raccolta poetica, i versi ricostruiscono la storia involontaria, l’unica vera Storia in cui ogni singolo individuo (con i suoi affetti e le sue ossessioni, i suoi slanci e le sue ricadute, i suoi sogni e i suoi nodi irrisolti) possa e voglia riconoscersi e che è Storia anche di ogni paesaggio che attraversa la strada degli uomini, cioè di ciascuna parte della natura. Continua a leggere

Franca Alaimo, “Traslochi”

franca_alaimoDA: TRASLOCHI, LIETOCOLLE 2016
(Prefazione di Roberto Pazzi)

Separati in casa

Mi separa da lui un muro così sottile
che il suo respiro giunge nel mio orecchio
come il ronzio ostinato di un insetto.
Lui dorme con la testa rivolta a Occidente
e nascono dall’osso della sua fronte
le ombre del tramonto che come teli viola
coprono a lutto anche le fondamenta.
Io scruto con occhi insonni il Settentrione
e la sua stella colma di tempesta.
Talvolta, al principio del mattino,
s’incrociano i nostri passi sulla soglia,
ma più si fanno i nostri corpi vicini
più le lingue s’inceppano sopra i sassolini
gettati di traverso dall’Orgoglio. Continua a leggere

Nel tempo della nostra vita

cieli-celesti-light-1-671x1024Dal risvolto di copertina

Con Cieli celesti Claudio Damiani ha scritto un libro in cui il suo pensiero filosofico si apre all’orizzonte della scienza. La chiarezza espressiva e la forma contemplativa dei versi, però, sono le stesse dei libri precedenti, quelle apprese dalla lezione dei latini e di Petrarca. Così come il ritmo continua a essere dialogante: il suo rivolgersi agli uomini, agli animali, alla natura, all’intera creazione come fossero tutti parte di una “comunità” – che poi significa capire quanto ogni cosa è indispensabile all’altra e che proprio questo è il “miracolo” di cui facciamo quotidianamente esperienza. Continua a leggere

Pietro De Marchi, “La carta delle arance”

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Pietro De Marchi, con “La carta delle arance” ha vinto il Premio Gottfried Keller 2016 dotato di 25’000 franchi svizzeri

 Nota di Rodolfo Zucco

Antichi aeroplanini al decollo, bolle di sapone… Non è infrequente, tra le metafore del fare poesia, l’immagine dello stacco da terra, della levitazione. Ma quella trovata da Pietro De Marchi nella poesia che sigilla La carta delle arance e gli dà titolo ci porta assai peculiarmente dentro le ragioni e le pulsioni di un’esperienza di scrittura in cui hanno parte fondante, radicale, la consapevolezza dell’effimero e, ad avversarla, l’ostinazione che pretende l’iterazione del miracolo. Continua a leggere

Gianluca D’Andrea, “Transito all’ombra”

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Gianluca D’Andrea (ph. credits/Dino Ignani)

di Fabio Pusterla

Nervoso nella lingua e nello stile, nervoso nello sguardo che getta sulle cose, il Transito all’ombra di Gianluca D’Andrea procede lungo uno stretto crinale, uno spartiacque tra io e mondo, destino individuale e storia collettiva, estrema possibilità di rappresentare o narrare e verosimile impossibilità di trovare un senso, luce e buio, dovere di memoria e dimenticanza. Continua a leggere

Ildo Cigarini, “Incontri inversi”

ildoPrefazione di Alberto Bertoni

Che quest’ultima opera di Ildo Cigarini coincida con una tappa definitiva e decisiva della sua evoluzione di poeta è un dato incontrovertibile, per la ricchezza di metafore, la profondità culturale, l’equilibrio dinamico delle lingue poetiche di cui si compone la sua ricca espressività (metrica, intonativa, narrativa), ma soprattutto per la consapevolezza iniziale e iniziatica che dire io – oggi, in poesia – non è risolvere un problema, bensì aprirlo: in tale prospettiva, non si smetta di rimeditare l’incipit, di esplicita eco pirandelliana. Continua a leggere

Tomaso Kemeny, 107 incontri con la prosa e la poesia

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Tomaso Kemeny ph. Credits/Dino Ignani

I 107 incontri con la prosa e la poesia di Tomaso Kemeny (Edizioni del Verri, 2014, pp. 170) sono la rievocazione di altrettanti incontri con personaggi di sbalorditiva diversità, dal genuino, quando non bizzarro, stile di comportamento tanto da potere risultare modelli di vita in quest’epoca di narcisismo di massa. Continua a leggere

Carlo Valtorta

9788883360473_0_0_1827_80Dalla Pefazione di Maurizio Cucchi

In questo nuovo libro di Carlo Valtorta, assistiamo a un susseguirsi, a volte pacato, a volte quasi vorticoso, di impressioni, di sottili interpretazioni di un reale prevalentemente opaco (a tratti livido), eppure carico di senso.

Il nostro poeta viaggia, perlustra territori diversi, esplora un nord che è quello della sua Brianza, dei laghi e delle prealpi lombarde, ma anche quello, ben più estremo e forse avventuroso, della Scandinavia, delle “ricche capitali del merluzzo”, dove gli appaiono “le forme entusiasmanti della neve”. Valtorta conserva comunque una gentilezza di tratto, anche di fronte al “soffio plumbeo delle cose”, nel raccontare situazioni quanto mai prosaiche, di cui il suo occhio va costantemente a caccia. Lo fa con sensibile attenzione al dato minimo, alla minuzia del reale. Il suo andare è quello delle “estati in bicicletta”, delle gite locali, dell'”esotismo / delle domeniche in Brianza”, in una condizione di ricercata normalità che sfiora la bizzarria di un anticonformismo senz’ombra alcuna di equivoco ideologico, o rimanendo colpito da “l’ambigua meraviglia del reale”, dove si trovano anche turisti “americani che assaggiano / il riso col persico”. Continua a leggere

Laura Di Corcia, “Epica dello spreco”

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Laura Di Corcia, nata a Mendrisio nel 1982, ha conseguito la laurea specialistica in Lettere Moderne, con una tesi sulla poesia italiana del Novecento, occupandosi di Giovanni Raboni, Guido Gozzano, Umberto Saba, Giorgio Caproni e Patrizia Valduga. Terminati gli studi nel 2007, ha iniziato a frequentare il mondo del giornalismo. Dopo un paio di esperienze all’estero (a Berlino e a Los Angeles) è ritornata nella Svizzera italiana dove collabora con diverse testate, occupandosi soprattutto di teatro, cultura e servizi di approfondimento. Oltre ad aver partecipato a diversi Festival, tra i quali Europa in versi e Topolò, ha curato la biografia di Giancarlo Majorino, uscita per la casa editrice “La vita felice”. Il suo primo libro in versi, Epica dello spreco, è uscito con la casa editrice Dot.com Press. Continua a leggere

Giovanni Bracco, “Le grandi mani calme”

p2010168-2Dalla Prefazione di Elio Pecora

L’amore occupa la prima parte di questo libro, ed è quello petrarchesco dei versi messi in epigrafe che trova l’amante “del tutto disarmato”; ma è anche l’amore che attende e pretende, vede e fantastica, si rallegra e patisce. Continua a leggere

Antonio Riccardi, “Il profitto domestico”

il-profitto-domesticoNota di Alberto Casadei

«Chiamo queste vite in una storia» dice Antonio Riccardi sulla soglia del Profitto domestico, e le sezioni della raccolta, le sottosezioni, le poesie – come le stanze, gli anditi, le scale dell’antico podere di Cattabiano, proprietà dei Riccardi da più di cinquecento anni – portano nel segreto di una famiglia, evocato per schegge, frammenti, attraverso le vicende dei suoi componenti, remoti e vicini, che della rappresentazione di quel segreto sono insieme attori e personaggi.

Poema familiare che, nel suo dare struttura narrativa a universali tragici quali l’amore, il possesso, la morte – individuati da serie foniche e dunque simboliche come soldi-colpa, casa-corpo, cose-ricordi, rovine-reliquie –, rappresenta un unicum nella poesia e nella lingua italiana del secondo Novecento, Il profitto domestico condivide con la tragedia classica anche l’assolutezza geografica, confermata più che tradita dagli excursus immaginifici nell’Antartide di fine Ottocento e nell’Africa esplorata da Bottego: centro generativo del poema è infatti il podere avito, la foresta che lo circonda, i ruderi che punteggiano i colli, le valli, le rive dei fiumi dove la materia organica si decompone, mischiandosi all’inorganico dei rifiuti industriali, al metallo ormai rugginoso che infetta le ferite della Prima guerra mondiale: ogni materia, anche morendo, anche disfacendosi, vive. Continua a leggere

Cinquanta foglie. Tanka giapponesi e italiani in dialogo

Tavola di Hirose

Tavola di Satoshi Hirose

Il tanka è una forma lirica giapponese molto antica, addirittura precedente il celebre haiku di tre versi; il suo ruolo-chiave nella storia della poesia nipponica comincia nell’ottavo secolo d.C. (allora si chiamava waka) e si protrae fino ai nostri giorni. La struttura metrica del tanka è di cinque versi privi di rime e così divisi: quinario / settenario / quinario / settenario / settenario. Nel periodo classico della storia giapponese, l’epoca Heian, il tanka era spesso usato come veicolo di messaggi amorosi o di scambi di pensieri tra amici: a un tanka inviato, spesso scritto su un biglietto speciale, appoggiato a un ventaglio o legato a un ramo fiorito, rispondeva un tanka di ritorno.

Ispirandosi a quell’antico cerimoniale Paolo Lagazzi ha scelto venticinque tanka giapponesi recenti e li ha proposti in traduzione italiana, uno per ciascuno, a venticinque poeti italiani invitandoli a rispondere con un loro tanka. A loro volta i tanka italiani sono stati tradotti in giapponese, in modo che tutti i testi possano essere letti sia in Giappone che in Italia. Continua a leggere

Guido Gozzano “Tutte le poesie”

Guido Gozzano accanto alla madre nel giardino di Villa Meleto (Archivi Alinari)

Guido Gozzano accanto alla madre nel giardino di Villa Meleto (Archivi Alinari)

E’ nelle librerie italiane dal 31 ottobre Guido Gozzano Tutte le poesie, a cura di Andrea Rocca, con un saggio di Marziano Guglielmetti (Mondadori 2016). Continua a leggere

Enzo Lamartora, “La dimensione della perdita”

copertina-jpgNota di Enzo Lamartora

Come tutte le cose umane – le emozioni, i valori, le relazioni – anche la poesia è soggetta al tempo, alle stagioni, nel senso che cambia di forma e di sostanza.
Da giovani si è naturalmente portati a pensare che l’arte, ma anche l’amore e l’amicizia, debbano essere dei moti spontanei, debba tradurre emozioni spontanee. Poi il tempo, l’esperienza e la perdita fanno il loro lavoro di scalpello. L’emozione e l’arte diventano il frutto di una disciplina di vita.
Oggi io credo che la poesia debba essere fondamentalmente una riproduzione fotografica della realtà, cioè che debba presentare ogni volta un pezzo umanità così com’è. Penso alle foto di guerra di J. Natchwey, alle foto parigine di A. Kertesz, a quelle di Scianna o Depardon.

Un poeta non deve inventare nulla.

La creazione artistica, svincolata dalla realtà, è puro esercizio di fantasia. Può essere anche “bella”, ma rischia di finire nell’album dell’estetica, e non avere alcuna capacità di presa e trasformazione umana e sociale.

Allo stesso modo, la poesia dev’essere comprensibile. Continua a leggere

Davide Rondoni, “La natura del bastardo”

davide-rondoni_Un vero e proprio formidabile accendersi, e poi riaccendersi, di frammenti vitali, in un coacervo di esperienze, di impressioni forti e contraddittorie, di amore vario eppure ininterrotto, in un rapporto costante e diretto con il reale, nella contemporaneità, che non lascia tregua al lettore. Davide Rondoni tocca con questo libro il punto di più persuasiva tensione nella sua ricerca poetica, che si propone come fortemente innovativa pur senza programmarsi come tale. Innovativa perché riesce a cogliere, dalla dimensione anche apparentemente banale dell’esistere e dalla normalità del linguaggio piano della comunicazione, gli strumenti e gli spunti per una riflessione implicita continua sulla dimensione umana, non senza i felici effetti di improvvisi stacchi verticali. Rondoni ci offre dunque i suoi viaggi nella quotidianità del molteplice manifestarsi dell’amore, con la capacità di attraversare il buio dell’esperienza e delle cose e di farle trionfare in una sorta di imprevista luce. La luce che squarcia l’opacità apparente dell’esistere. Continua a leggere

Poeti e Poesia contemporanea

almanacco_coverE’ in uscita il quarto numero dell’ Almanacco dei Poeti e della Poesia Contemporanea n. 4 (Raffaelli Editore, 2016).

Il numero è suddiviso in n. 5 QUADERNI: il n. 1, sulla nuova poesia in Spagna è a cura di Giovanni Darconza, con Traduzioni di Emilio Coco ; poi c’è il QUADERNO n. 2, quello dei lavori; segue il QUADERNO n.3 delle segnalazioni (a cura di Walter Raffaelli, Gianfranco Lauretano e Francesco Napoli); mentre il QUADERNO n.4, a cura di Maria Cristina Biggio, fotografa la poesia in Sardegna. L’Almanacco si chiude con il QUADERNO n. 5  sulla poesia intercontinentale, Africa: Senegal a cura di  Niccolò Moscatelli.
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Federica Giordano, “Utopia fuggiasca”

14658214_10209197701492386_603001642_nPrefazione di Bruno Galluccio

Un respiro ampio in profondità ed estensione anima questa raccolta poetica di Federica Giordano. Si può, anzi, parlare di una pluralità di respiri diversamente modulati, i quali producono interferenze e rivelano nessi, diventando sonde per scandagliare l’universo emotivo e conoscitivo dell’autrice, e fanno di questo lavoro un’opera articolata e complessa che sa guardare lontano nello spazio e nel tempo, mantenendo tuttavia una profonda unità.

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Francesca Serragnoli

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Francesca Serragnoli svela in quest’opera il proprio percorso di scrittura che dice non va inteso “in un’ottica necessariamente evolutiva”, ma come sequenza di atti da collocare nel puzzle di scoperte, esperienze, incontri che si compiono e di alterità che si attraversano, sempre con un occhio alla terra e l’altro a ciò che la terra trascende e sublima.

Il libro è dedicato alla cara amica e scrittrice Marina Sangiorgi, venuta a mancare il 10 aprile 2016. Continua a leggere

Rosa Riggio, “Il peso della neve”

il-peso-della-neve-367098Dal risvolto di copertina di Piero G. Arcangeli

Nulla è più presente dell’assenza del padre: nella forma del bianco che travolge a slavina. È pensum, il pensiero, che il lavoro poietico sottrae alla gravità, al rigore dell’identico: alleggerisce e rifrange. Il verso rimane in bilico sulla carta fra respiro e sgomento, fra il vapore della parola e il silenzio agghiacciante; fra la precarietà del segno e quella del sogno. Equilibrio prezioso, da rinnovare ogni volta.

Il peso della neve si legge ad arco: i singoli momenti/segmenti, fragmenti di un’unica domanda (Frage, nella lingua di Rilke) vanno a comporre come grani il rosario laico che Rosa recita per sé: visione senza condivisione. Poi viene l’ascolto, ritmo profondo e incalzante: l’ascolto di sé, della moltitudine in sé, in grazia del quale il domandare muta in rimando, prende colore, accetta il rischio della relazione, di incontrare – muovendo da sé – un sé estraneo: rivelare è perdere. E come si capovolge il tempo? Il tempo giusto sembrerebbe quello passato, se si potesse tenere insieme il non più con il mai stato. E non c’è verità di traverso che tenga: all’angolo, fra il tempo del Padre e quello dello Spirito, la figlia inventa una via di fuga: Notre-Dame è un battello. Continua a leggere

Alda Merini, “Furibonda cresce la notte”

 

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Il libro, con l’introduzione di Silvano Trevisani,  raccoglie poesie e lettere inedite di Alda Merini che risalgono agli anni Ottanta, periodo considerato tra i più creativi per la poetessa, in cui il rigore formale si coniuga in piena adesione ad una maturità espressiva già attraversata da esperienze gravi e dolorose, distillate nei componimenti fino a conseguire una significanza universale. Continua a leggere

Jean-Charles Vegliante, “Pensiero del niente”

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Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi

Nel 2004 Giovanni Raboni traduceva per Einaudi un primo libro importante di Jean-Charles Vegliante “Nel lutto della luce” e definiva l’autore “un poeta che viene da una grande tradizione come quella francese, ma anche, contemporaneamente, da una Continua a leggere

Paolo Di Paolo, “Tempo senza scelte”

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Un uomo «sempre presente a se stesso, sempre domatore, che non s’arresta di fronte a nulla», capace di agire con coscienza e di non arrendersi alle allucinazioni collettive. A questo tipo morale si riferiva il «giovane prodigioso» Piero Gobetti, in lotta con il suo tempo. Per esplorare lo spazio della scelta, del dubbio etico, della costruzione di sé come individui, questo libro interroga storie di esseri umani di fronte a un bivio. Giovani temerari nella realtà e nel mito, figure della filosofia e della grande letteratura alle prese con decisioni radicali, estremiste, e soprattutto durevoli. Dagli interrogativi di Kierkegaard al «no» perentorio di un personaggio di Melville, da un Benjamin pressato dall’orologio della Storia a un Calvino in cerca di una strada coerente, il corpo a corpo con la propria identità appare senza uscita. E oggi? L’identità «allargata» e «aggiornabile» si traduce in un desiderio di vivere su piú fronti insieme, perché scegliere davvero comporterebbe rischi e rinunce. Ma forse in ogni tempo c’è una via piú difficile e impervia, per arrivare a essere, come voleva Gobetti, «sé stessi dappertutto».

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Paolo Di Paolo (1983) è autore dei romanzi Dove eravate tutti (2011, Premio Mondello), Mandami tanta vita (2013, finalista al Premio Strega, vincitore del Premio Salerno Libro d’Europa e del Premio Fiesole) e Una storia quasi solo d’amore (2016). Per Einaudi ha pubblicato Tempo senza scelte (Vele, 2016).

Laura Accerboni

 

accerboniSINOSSI

La parte dell’annegato raccoglie poesie scritte tra il 2011 e il 2014. Qui si susseguono, incessanti, voci oniriche e crudeli, figure chiuse nella ripetizione del peggio: pesci che nuotano in ospedali, seppie che non possono riprendersi il loro inchiostro, cinghiali che si danno la caccia da soli.

Molti testi prendono spunto da episodi di cronaca. Continua a leggere

Marco Aragno, “Terra di mezzo”

terra_di_mezzoDalla Postfazione di
Gian Mario Villalta

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Senza forzature, con ritmo sicuro e voce ferma, Marco Aragno ci conduce attraverso paesaggi realissimi, ben riconoscibili nella quotidianità del vivere, e però intaccati da una piaga, un’ulcerazione, una lesione a volte appena percettibile, a volte diffusa e lieve, altre volte menomante, che quella realtà nutre con il suo corpo.
È la Terra di mezzo, dove ciò che sappiamo essere reale e quanto il simbolico accampa come suo dominio ridiventano incerti, dicendo l’uno la verità dell’altra. È la terra della poesia, dove pulsa il cuore segreto del tempo. Continua a leggere

Elio Grasso, “Varco di respiro”

elio_grasso2Prefazione di Anna Ruchat

Figlio della generazione cresciuta intorno a “Tam Tam”, diretto discendente di Adriano Spatola e Giulia Niccolai, di Franco Beltrametti, di Corrado Costa, e di Emilio Villa, Elio Grasso ha fatto proprio, di quella scuola di poesia, soprattutto il principio del “fare”, sospeso senza mediazioni tra il gioco e la regola. Nel corso degli anni la produzione poetica di Elio Grasso, parca ma continuativa, si è sempre più assestata su una voce avulsa da quelle mai archiviate origini, una voce sensibile alle tradizioni, ma sempre capace, pur nella sua generosa e costante attenzione per la poesia contemporanea e non (si pensi alla sua collezione di poesia “sagittario”, o all’accanita attività di recensore, soprattutto, negli ultimi anni, per la rivista “PULP”), di emergere in autonomia, con la potenza di un dettato di percezione assoluta. Continua a leggere

Alberto Toni, “Il dolore”

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Alberto Toni nella foto di Dino Ignani

Il dolore di Alberto Toni, Samuele Editore 2016, collana Scilla, prefazione di Roberto Cescon

La trota sannita, l’allegoria con cui si apre questo libro, subito rivela uno dei nodi attorno al quale si muove la poesia di Alberto Toni: la sfida del presente, che è sopravvivere giorno a giorno vivi e sembianti a pelo d’acqua, malgrado le tempeste e la strada che s’incrina. Sul piano retorico le cifre che sostengono la sua poesia sono gli elenchi, le cesure e le inarcature. Continua a leggere

Rita Pacilio, “Prima di andare”

prima-di-andare-367483Dalla quarta di copertina

Prima di andare è un lavoro poetico composto da coordinate emozionali e razionali che si intrecciano in una relazione indissolubile e, talvolta, inconsapevole, attraverso un reticolato in versi di alto ed elegante livello stilistico e linguistico. Rita Pacilio, studiosa dell’essere umano e dei contesti psico-sociali, confessa la vita di una donna anziana che, grazie al ricordo del suo amore, tiene in vita la memoria del mondo. Diverse le tematiche sottese tra scienza e coscienza: la solitudine e la frustrazione dell’ammalato, l’indifferenza sociale, la dimenticanza correlata ad alcune patologie cliniche che mettono a dura prova quella parte del cervello che custodisce la memoria a breve e a lungo termine e, inoltre, l’amore, in tutte le sue forme, amore come vera e unica motivazione di vita. Il testamento simbolico e spirituale è per l’umanità intera: il dialogo interno, momento di ascolto delle crisi dell’esistenza, controlla gli stati d’animo replicando le gioie del passato, i‘pensieri automatici e gli errori senza commiserazione o distorsioni autolesionistiche e costruisce valutazioni adeguate che facilitano il processo di rielaborazione. Continua a leggere

Addio a Lucio Mariani

 

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Lucio Mariani nella foto di Dino Ignani

Presentiamo oggi alcune poesie tratte da “Traces of Time”  (Open Letter Books, 2015) di Lucio Mariani, poeta e saggista, nato a Roma nel 1936 e scomparso il 2 ottobre 2016. Tradotto in tutte le principali lingue europee, è autore di numerose raccolte poetiche. Traduttore egli stesso di poeti quali Bonnefoy, Warren, Corbiere, Gioia e Vallejo, Mariani esce in questi giorni negli Stati Uniti, per i tipi della Open Letter Books, con l’antologia Traces of Time, tradotta da Anthony Molino, volume che rivisita quarant’anni della sua produzione poetica. Continua a leggere

Paola Loreto, “case|spogliamenti”

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E’ un libro paradossale, la cui energia nasce dal processo di transizione innescato dalla rottura e dal cedimento, e nel quale la rinuncia è compimento, l’imperfezione è accolta come forma di completamento, la divisione è mantenuta come condizione reale. Un libro vicino alla vita perché racconta un’esistenza spesa nell’irresoluzione di una doppia ipotesi, e l’incapacità di scegliere affrontata nella quotidianità di una scelta fatta.

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Bonnefoy, il soprassalto poetico delle percezioni e delle analogie

yves_bonnefoy_libroDalla postfazione di Flavio Ermini

Nel XIX secolo nasce la poesia della modernità e Yves Bonnefoy ne traccia in questo libro il profilo. Lo delinea dialogando con i testi poetici di alcuni tra gli autori più significativi dell’Ottocento: da Poe a Baudelaire, da Mallarmé a Rimbaud, da Laforgue a Valéry, fino a Hofmannsthal.

La grande innovazione di questi poeti consiste nell’aver compreso che la scomparsa del divino dai significati e dalle figure della struttura linguistica non può determinare che vada anche perduto il senso della trascendenza. Ecco perché nei loro testi mantengono vivi entrambi questi aspetti conferendo alla poesia una natura completamente nuova, assolutamente inedita: una natura in grado di connettere l’infinitezza all’esistenza ordinaria. Continua a leggere

Anna Elisa De Gregorio, “Un punto di biacca”

un-punto-di-biacca-314407Nota di Francesco Scarabicchi

I versi che porta con sé domanda indiretta o affermazione. Non bastano, «dentro un nero di anni», eppure si scrivono, come conferma Un punto di biacca di Anna Elisa De Gregorio che compone, nelle quattro sezioni del nuovo libro, una partitura in cui abitano le parole (il loro compito, il fare luce col suono) alle quali è affidato quel che resta dentro il precipitare e lo sparire, nulla che ha il suo sosia in niente. La lingua del lessico è un “sommesso” che si accosta all’ascolto come volesse confidare un segreto, l’impronta vocale della scrittura che conserva e trattiene quel che è possibile e necessario («Volontà di salvezza delle cose»), precarietà del mondo che vacilla ad ogni istante. Dolore degli addii, il viaggio, il sensibile annotare a memoria le “scene” del labirinto della mente, l’amore che siamo stati, il tempo scomparso, tutta la vita incontrata e persa, malinconia dell’ironico, consapevole che il lessico della lingua si fa pane amaro e bianco, meraviglia e strazio che non grida. Continua a leggere

Sandro Pecchiari, “L’imperfezione del diluvio”

pecchiaridi Andrea Sirotti

La terza raccolta di Sandro Pecchiari, L’imperfezione del Diluvio–An Unrehearsed Flood, è costituita da diciannove poesie bilingui sulla condivisione, sulla precarietà e sulla perdita. Continua a leggere

Gian Mario Villalta, “Scuola di felicità”

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FOTO DINO IGNANI

Gian Mario Villalta scrive un commovente romanzo di formazione, in cui ad affrontare un processo di profondo cambiamento non sono solo gli adolescenti, ma anche il loro insegnante.

“La scuola finisce presto, e poi ognuno va per la sua strada. Proprio quando si inizia… è ora di lasciarsi per sempre. La scuola è una follia.”

La vita di un professore non è mai facile: la noia nello sguardo degli studenti, la loro smania di guardare i cellulari durante la lezione, l’aria che, tra ormoni e finestre chiuse, si fa ben presto irrespirabile. E in più la consapevolezza che “gli studenti che vanno bene avrebbero buoni voti con qualunque insegnante; quelli che vanno male invece vanno male con te”. È così anche per il protagonista di questo romanzo, un professore di Lettere, cinquantenne, vedovo, solitario, che da tempo ha perso la fiducia nell’incanto del suo lavoro.

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Rosita Copioli, “Le acque della mente”

le-acque-della-menteDal risvolto di copertina

Lo si avverte subito: c’è una grande passione, un’animata, animosa passione di fronte al proprio esserci, alle cose del mondo, all’umana storia, in questi nuovi versi di Rosita Copioli. È una passione inquieta, irrequieta, e quanto mai insolita nel nostro tempo, ma che riesce a trasmettersi con efficace immediatezza. I territori d’esplorazione sono svariati, a volte persino opposti, ma sempre chiamati in causa con la stessa emozione del confronto, che è la vera energia di questo vitalissimo libro. Copioli tratta degli orrori della storia, come delle più recenti tragedie, le quali ne ripetono di antiche, anche perché «tutto ciò che è / più atrocemente stupido / ama replicarsi». Chiama in causa il pensiero potente e felicemente intempestivo di Ivan Illich, evoca grandi figure della letteratura come Shelley, Byron, Marianne Moore, D.H. Lawrence, racconta il proprio viaggio nelle meraviglie dell’arte, dove si esprime e dilata «lo spazio della mente», visitando la cavità del Mitreo, le opere di Giuliano da Rimini, Piero della Francesca, Pollaiolo, Leonardo, e altri, altri ancora, fino a Pollock. Continua a leggere

Seamus Heaney, “Poesie”

heaneyIl Meridiano (Mondadori, 2016) uscito il 30 agosto 2016, riunisce due corpose antologie scelte dall’autore: la prima è relativa agli anni 1966-1987, la seconda è stata approntata dal poeta appositamente per il Meridiano e pubblicata postuma da Faber nel 2014.

Sono dunque presentate senza soluzione di continuità tutte le poesie scelte da Seamus Heaney come pietre miliari del suo cammino poetico: quasi cinquant’anni di versi con cui Heaney ha esplorato in profondità le corde della natura umana, raccontando la responsabilità di scelte individuali e collettive.

Il Meridiano è a cura di Marco Sonzogni. Saggio introduttivo e cronologia delle opere di Piero Boitani. Traduzioni di Massimo Bacigalupo, Luca Guernieri, Gabriella Morisco, Roberto Mussapi, Anthony Oldcorn, Francesca Romana Paci, Gilberto Sacerdoti, Marco Sonzogni.
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Michele Pierri e Alda Merini, cronaca di un amore sconosciuto

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Il 6 ottobre 1984, nella Chiesa del SS. Crocifisso di Taranto, Michele Pierri e Alda Merini si sposano. Il medico e poeta tarantino ha 85 anni, la poetessa milanese ne ha 53. Da quasi quattro anni sono uniti da un’amicizia profonda, in un ininterrotto colloquio telefonico, basato sul comune interesse per la poesia. Sentimenti che si trasformano via via in un amore. Alda, rimasta vedova dopo la lunga malattia del marito, isolata a Milano dopo i successi letterari giovanili e i lunghi anni trascorsi in manicomio, si lega all’anziano amico, sedotta dalle sue qualità.
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Antonio Bux, “Kevlar”

kevlar-coverNota dell’autore

Ho intitolato questo libro Kevlar, una parola conosciuta quasi una quindicina d’anni fa grazie a un omonimo brano musicale di un gruppo rock alternativo originario di Napoli – che ho amato molto – i 24 Grana. Il kevlar è una fibra sintetica con la quale si rinforzano, tra le altre cose, i giubbotti antiproiettile, data la grande resistenza meccanica alla trazione, oltre che al calore e alla fiamma di questa fibra, cinque volte più resistente dell’acciaio. Come si intuisce qui il kevlar diviene una metafora dell’esperienza. Invece, per quanto riguarda la parte interna, il libro si divide in due sezioni. La prima Capitanata e altre poesie, raggruppa una serie di poesie scritte in vari periodi differenti, dove ho annotato riflessioni, spesso metafisiche, partendo il più delle volte proprio dai luoghi della mia infanzia, per poi passare a setaccio le mie impressioni verso altre zone conosciute nel corso degli anni. Proseguendo poi, appunto, con le poesie de L’oppio di Barna, dove faccio riferimento alle reminiscenze sognanti del mio personale e prolungato soggiorno a Barcellona (Barna è il diminutivo di Barcellona in catalano) in un continuo dialogo con i morti e con il “non me stesso migliore di me”, creando questo ipotetico ponte tra le mie radici (riaffioreranno di nuovo verso la fine) e i miei risvolti, sia di scrittura che di vita, più recenti. Continua a leggere