L’IDENTITÀ DELLA POESIA
di Luigia Sorrentino
La mia esperienza di blogger è cominciata nel settembre 2007. Intendevo creare in rete, sul sito di Rai News 24, un luogo di confine nel quale custodire, difendere e proteggere, l’identità dei poeti e della poesia. Volevo, insomma, determinare un luogo ove fosse riconosciuta l’identità dei reietti, sempre respinti e costretti a vagare nella solitudine e nell’isolamento. Desideravo un luogo di sguardi. Volevo depositare il seme di una presenza, mettere radici su quel confine e lasciare la traccia di volti emersi dal magma della parola, in tutta la loro verità.
Il primo blog di poesia sul sito della Rai, è diventato in breve tempo, un luogo di forza sul quale si è fermato lo sguardo di coloro che, come me, volevano stupirsi, meravigliarsi. Finalmente i volti dei poeti emergevano in tutta la loro potenza espressiva, in uno scatto autobiografico e fotografico. Grazie, devo dire, anche, alla collaborazione del fotografo e poeta, Dino Ignani, alcuni di quei volti, sono stati, via via, sempre più riconoscibili. Un sentito riconoscimento a Viviana Nicodemo, attrice, regista e fotografa: ci ha donato scatti e intuizioni indimenticabili. Grazie a poeti come Antonella Anedda, Silvia Bre, Franco Buffoni, Nanni Cagnone, Alessandro Ceni, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mariangela Gualtieri, Valerio Magrelli, Umberto Piersanti, Davide Rondoni, Patrizia Valduga, Gian Mario Villalta, per citare solo alcuni dei più importanti poeti italiani contemporanei per averci offerto i loro contributi e talvolta, anche testi inediti e anteprime editoriali. Grazie al loro prezioso contributo il blog si è accresciuto e affermato come luogo privilegiato della grande poesia italiana.
Nel 2007 lavoravo a Rai News 24 e avevo realizzato per i programmi di approfondimento culturale interviste televisive (oltre che con i poeti italiani già citati) con alcuni dei maggiori poeti noti a livello internazionale fra i quali, il poeta siriano Adonis, il grande poeta francese Yves Bonnefoy, l’inglese Tony Harrison, le polacche Julia Hartwig e Ewa Lipska, i Premi Nobel Seamus Heaney, Derek Walcott e Orhan Pamuk, il Premio Pulitzer Mark Strand, il poeta candidato al Nobel, Adam Zagajewski e molti altri.
ORHAN PAMUK
Nel settembre 2006, quindi un anno prima di iniziare l’esperienza di blogger, avevo avuto l’ occasione di incontrare a Napoli per un’intervista per RaiNews24, lo scrittore turco Orhan Pamuk pochi giorni prima che l’Accademia di Svezia gli conferisse il Premio Nobel per la Letteratura.
Orhan Pamuk, che in Italia aveva pubblicato romanzi come Il mio nome è rosso, Neve e Istanbul, mi aveva profondamente colpito perché al centro della sua opera di scrittore, aveva messo il tema dell’identità, un argomento poco riflettuto e quasi per niente esplicitato nella letteratura contemporanea in quegli anni. Per me fu illuminante scoprire in quel preciso momento storico, che a porsi domande così importanti sulla propria individualità, su quella della propria nazione in relazione a altre culture e minoranze etniche, non fosse un poeta laureato, ma uno scrittore. La riflessione e l’osservazione dell’opera di uno scrittore nato e vissuto in Turchia che si è battuto per il riconoscimento dei dei diritti umani, dei crimini contro l’umanità, mettendoci “la faccia”, sapendo perfettamente quali erano i rischi che correva, è stata per me una lezione fondamentale. Pamuk mi ha fatto comprendere che anche la poesia e i poeti dovevano andare in quella direzione rimettendo in discussione il proprio ruolo e la propria posizione nella storia di questi anni.
Fin da adolescente, avendo vissuto a Napoli e nella provincia, ho sempre sentito di avere qualcosa in comune con il popolo turco. Basti pensare che ancora oggi, alcune parole della lingua napoletana sono identiche a quelle turche: ad esempio, “avash” in napoletano, in turco pronunciato “javash”, hanno lo stesso significato: “abbassa”, “non correre”, “fermati”. È il “tono”, l’autorità con cui la parola viene pronunciata che fa assumere alla stessa parola diversi significati, ma il senso è lo stesso.
Ho ancora negli occhi la prima volta che vidi Istanbul. Il meraviglioso Palazzo Dolmabahçe, il primo palazzo in stile europeo di Istanbul, situato nella parte occidentale della città a ridosso del Bosforo, ex residenza di Ataturk, e poi le stradine di Sultanahmet, l’Università, il venditore di acqua, i minareti, Santa Sophia, la moschea blu, la voce del muezzin, il mercato coperto, l’odore del pesce fritto e servito sulla carta, la confusione a piazza Taksim e l’affabilità delle persone, mi avevano dato la netta sensazione di non essere poi tanto lontana da Napoli. E tutte le volte che ero tornata lì, nel tempo, e mi ero fermata di notte sul Bosforo a guardare il paesaggio, nel brulicare delle luci davanti a me, avevo avvertito sulla mia pelle una certa familiarità con quel luogo. I contrasti, le contraddizioni, i sentimenti di discordia tra fratelli descritti da Pamuk nel suo romanzo autobiografico Istanbul, li conoscevo; facevano parte anche della mia cultura e erano realtà incandescenti almeno quanto lo erano per Pamuk.
IL PONTE
Nei diversi periodi in cui ero stata a Istanbul, mentre sostavo sul ponte Galata che collega la parte vecchia della città a quella moderna, avevo avvertito la sensazione di trovarmi in un luogo speciale, in un posto in cui convivevano due culture, due influenze religiose, due stili di vita. Questo luogo-ponte, per me, che è il luogo della poesia, ancora oggi è fortemente rappresentato da Istanbul, l’antica Bisanzio, (in latino Costantinopolis, in greco Kostantinoupolis, in turco ottomano Kostantîniyye). Anzi, credo che quella città coincida, dal punto di vista simbolico, con il luogo che ogni poeta cerca: una terra di mezzo, un territorio franco, in cui coesistono le due grandi culture, d’Oriente e d’Occidente.
IL LUOGO DI CONFINE
L’idea del blog di poesia è nata quindi, dalla necessità di creare un “luogo di confine”per differenti identità e culture, provenienti da persone interessate alla diffusione dell’arte, della poesia, della letteratura, un posto dove queste persone avrebbero potuto entrare in dialogo.
Ma perché proprio la lezione di uno scrittore aveva suscitato in me così tanto interesse?
Le ragioni sono molteplici. Credo che la prima e la più significativa è che Orhan Pamuk, è stato, per me, un eroe della contemporaneità. È Pamuk il primo scrittore a esporre pubblicamente il suo pensiero sul conflitto tra Islam e Occidente in Turchia. E’ stato lui a rendere per primo dichiarazioni “scomode” per il suo paese, proprio nel momento in cui il governo della Turchia faceva grandi pressioni sulla comunità europea per entrare nell’Unione. Un’altra ragione, secondo me, è che Pamuk in quegli anni si è fatto portavoce di idee largamente condivise dalla comunità internazionale degli scrittori, intellettuali e poeti che poi, dopo il conferimento del Nobel, lo hanno sempre sostenuto e protetto.
IL GENOCIDIO ARMENO
Pamuk, pochi giorni prima del nostro incontro a Napoli, aveva affermato in un’intervista alla radio svizzera che la Turchia non sarebbe mai entrata nell’Unione Europea se prima non avesse fatto i conti con il genocidio armeno, ammettendo le proprie responsabilità nelle deportazioni della popolazione armena perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, eliminazioni che causarono circa un milione e mezzo di morti.
Quando l’Accademia di Svezia il 12 ottobre 2006, dichiarò il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura e il nome era Orhan Pamuk, l’intervista televisiva che avevamo realizzato pochi giorni prima, divenne quello che in gergo giornalistico si definisce uno “scoop”: ero infatti l’unica giornalista televisiva italiana ad avere intercettato e intervistato lo scrittore turco durante il suo viaggio in Italia. Tutti i canali d’informazione della RAI, fin dalle prime edizioni, trasmisero nei telegiornali, spezzoni della mia intervista. Pamuk entrò improvvisamente con il suo volto e con le sue parole nelle case degli italiani e così tutti poterono conoscere chi era il Premio Nobel per la Letteratura, comprendere l’importanza della sua opera di scrittore, riconoscere il suo impegno civile nei confronti della collettività.
I DIRITTI UMANI
Pamuk poi, che in tutta la sua opera aveva affermato il riconoscimento delle identità e dei diritti umani, divenne per me, una specie di martire della contemporaneità: infatti, lo scrittore, a causa delle dichiarazioni rese alla radio svizzera, fu accusato di vilipendio per “manifesta offesa alla turchità” e sottoposto a processo dal governo del suo paese perché aveva violato il famigerato articolo 301 del Codice Penale turco che prevede severe condanne per chi osa offendere “l’identità nazionale turca”. Fortunatamente l’intera comunità internazionale scese in campo in difesa di Pamuk, a sostegno della libertà di espressione e per il riconoscimento dei diritti civili e il processo fu archiviato.
Il Nobel conferito a Pamuk fece oscillare il democratico governo turco, perché molti scrittori, intellettuali e giornalisti di quella nazione, si schierarono dalla parte di Pamuk, mettendosi, di fatto, in una situazione di pericolo.
HRANT DINK
La vittima, quello che pagò per tutti gli scrittori, i giornalisti e gli intellettuali della Turchia liberi di esprimersi, fu un grande amico di Pamuk, il giornalista turco di origine armena, Hrant Dink, ucciso a Istanbul davanti alla sede del suo giornale, il 19 gennaio 2007, tre mesi dopo l’assegnazione del Nobel a Pamuk. E’ evidente che nel mirino del killer che sparò e uccise Hrant Dink, c’era anche il volto di Pamuk e c’erano i volti di tutti gli scrittori e i poeti turchi che come Pamuk avevano infranto il muro dell’omertà e del silenzio riconoscendo il crimine del genocidio armeno.
I CONFLITTI
Pamuk già nel romanzo Neve, aveva esplorato il conflitto tra islamismo politico e occidentalismo nella Turchia moderna. Lo scrittore nella nostra intervista aveva affermato che “l’Islam politico non si occupa di religione, ma di nazionalismo e di sentimenti anti-occidentali”. Aveva dichiarato, inoltre, di non sapere in che cosa sarebbero potuti sfociare quei sentimenti anti-occidentali espressi dall’islamismo politico o dal fondamentalismo. Pamuk però aveva compreso in anticipo che il vero conflitto – quello al quale ancora oggi assistiamo – non è tra l’Islam e il Cristianesimo da un punto di vista religioso e culturale, come molti vogliono farci credere, ma tra la politica dell’Islam e la politica di coloro che Pamuk aveva definito “fondamentalisti, estremisti, anche nel Cristianesimo”.
LA CULTURA DELL’ETICA
Questa lunga premessa per dire che il primo blog di poesia della RAI è nato da una forte motivazione etica, civile, volta a proteggere l’identità delle culture, per tutelare la comunità internazionale degli scrittori e dei poeti, degli artisti, che credono nel valore e nella pratica della poesia, della letteratura, dell’arte. Il blog, ha affermato la “necessità” della libertà di espressione e ha compiuto un’azione di “resistenza”nei confronti di quelli che non reputano possibile l’unità delle differenti culture.
POESIA, DI LUIGIA SORRENTINO
Il blog ha sempre lavorato privilegiando i contenuti e lasciando la massima libertà di espressione agli autori ospitati nelle varie sezioni. Spesso abbiamo lanciato nuove proposte; in altre, abbiamo confermato autori del passato privi di attenzione critica.
Nella sezione “Autoritratto” ad esempio, i poeti si sono presentati da soli, raccontando in prima persona, il loro percorso artistico, senza intromissioni da parte della critica. In “Opere Inedite”, invece, sono entrate le poesie inedite di autori affermati, ma sono stati selezionati e proposti anche autori che non avevano mai pubblicato poesia, e, molte volte, sempre con inediti, poeti stranieri. Nella sezione internazionale de “La traduzione della poesia”, sono entrati poeti famosi a livello internazionale, ma anche altri, meno conosciuti. Ad esempio il siriano Golan Haji è stato posto accanto a nomi già affermati nella contemporaneità o del recente passato, fra i quali, Manuel Alegre, Claribel Alégria, Hinemoana Baker, Coral Bracho, Sylvie Fabre, Joëlle Gardes, Durs Grünbein, Peter Handke, Philippe Jaccottet, Attila József, Nuno Júdice, Kenneth Krabat, Michael Krüger, Philippe Larkin, Boleslaw Lesmian, Vladimir Levchev, Agnieszka Osiecka, Angèle Paoli, Jean-Baptist Parà, Charles Simic, Anna Swirszczynska e tantissimi altri.
LA POESIA MADRE
Un altro aspetto importante del blog è stato quello di mettere in evidenza la relazione tra “Poesia e Arte” e “Poesia e Filosofia”. Nella sezione “Interviste”sono entrati poeti italiani come Antonella Anedda, Roberto Alperoli, Mario Benedetti, Nanni Cagnone, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Biancamaria Frabotta, Mariangela Gualtieri, Vivian Lamarque, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Gian Mario Villalta, Valentino Zeichen, ma anche grandi filosofi come Emanuele Severino, studiosi di filosofia antica, come Vasilis Politis, e molti altri valorosi intellettuali e artisti tra i quali, il violinista, Salvatore Accardo, gli artisti Enzo Cucchi e Giuseppe Capitano, la fotografa italiana, Elisabetta Catalano, con interviste televisive o radiofoniche riprese dal blog, integralmente o parzialmente anche per iscritto.
In “Poeti da riscoprire”, un progetto editoriale curato da Fabrizio Fantoni, sono entrati poeti come Dario Bellezza, Nadia Campana, Giorgio Cesarano, Sergio Corazzini, Libero de Libero, Giuliano Goroni, Tommaso Landolfi, Primo Levi, Elsa Morante, Arturo Onofri, Aldo Palazzeschi, Lucio Piccolo, Beppe Salvia, Giovanna Sicari, Giorgio Vigolo.
Nella sezione “Recensioni”, sono entrati poeti come Nadia Agustoni, Maria Attanasio, Franco Arminio, Silvia Bre, Bruno Galluccio, Laura Liberale, Daniele Piccini, Fabio Pusterla, Emilio Rentocchini, Francesco Tomada, e anche poeti giovani e giovanissimi: Lorenzo Babini, Alessandro Bellasio, Maria Borio, Tommaso Di Dio, Gianluca Furnari, Alessandro Grippa, Francesco Guazzo, Giovanni Ibello, Maddalena Lotter, Alberto Pellegatta, Pietro Russo, e tanti altri.
Le sezioni del blog poesia sono numerose. I poeti, gli scrittori e gli artisti di valore dei quali abbiamo parlato sul blog per 365 giorni l’anno, sono un numero impossibile da enunciare nella totale completezza. Dobbiamo riconoscere, poi, che in questo preciso momento storico, la poesia, grazie ai blog dedicati, all’interessamento crescente dei mass media e alla diffusione attraverso i social networks, sta vivendo una propagazione planetaria. Non sempre la qualità vince. Di certo la RAI Radiotelevisione Italiana con il blog poesia sul sito di Rai News 24, con Rai Cultura e Radio3, sta facendo da molti anni un buon lavoro sulla qualità delle proposte.
LA POESIA E IL WEB
E’ interessante notare, inoltre, che l’espansione della cultura e della poesia nell’era di internet, non ha interrotto la relazione con la tradizione poetica antica. Certo, oggi nessuno si cimenterebbe nella riscrittura dell’ “Iliade” e dell’”Odissea” o della “Divina Commedia”. Eppure, la poesia contemporanea incarna ancora quella tradizione, anche quando si riduce a un frammento. Credo che proprio nella dimensione del frammento si trasferisca oggi la forza della tradizione dei grandi poemi omerici, espressione della cultura occidentale.
Nell’”Iliade” Achille è l’eroe della forza e del valore, mentre nell’ “Odissea” Ulisse è l’eroe della saggezza e dell’intelligenza. Le loro disavventure continuano ad appassionarci, a interessarci. Se continuiamo a tradurre questi libri e quindi a operare un trasferimento di luogo della lingua, è perché quella poetica è vincente. Perché al centro di quella cultura, proprio come avviene oggi, nella contemporaneità, c’è la condizione umana, che è la stessa, da sempre, con le sue debolezze, incertezze, i suoi dubbi. In fondo la poesia tocca da sempre le grandi questioni dell’umano, dalle origini della parola scritta. E’ importante capire che quelle origini non sono dietro di noi, ma sono davanti a noi, camminano con noi.
I GIOVANI E LA POESIA
I social networks hanno rivelato che i giovani oggi cercano la poesia o l’espressione artistica molto di più di quelli di ieri. Questo significa che la poesia sopravvive nonostante il livello culturale si sia in alcuni casi, abbassato, appiattito, omologato, proprio per effetto della rete. Ciò conferma che la vera poesia sopravvive soltanto quando incarna una legge potente: l’autorità della parola. La vera poesia non invecchia, non muore, perché le lingue della poesia parlano a tutti e a volte per secoli. La grande poesia continua a parlarci attraverso i poeti del passato. Séamus Heaney, il grande poeta irlandese, premio Nobel per la Letteratura nel 1995, in una intervista realizzata per la RAI nel 2013, pochi mesi prima della sua scomparsa, rispondendo a una mia domanda sull’11 settembre 2001, citò Orazio e in particolare l’ode seconda del primo libro, una di quelle che presentano tante difficoltà interpretative. Nel carme, spiegò Heaney, vi è un sentimento catastrofico che domina su tutto, c’è uno scenario di desolazione, di sconvolgimento e, su questo sfondo incombe la minaccia di un diluvio e di un fulmine che arriverà dal cielo distruggendo la terra.
Ma come è possibile che Orazio tanti secoli prima, aveva compreso che la minaccia per l’umanità sarebbe arrivata dal cielo?
Sugli Stati Uniti quell’11 settembre 2001 la punizione era davvero arrivata dal cielo: come un fulmine si è consumata la catastrofe delle Torri gemelle. Altri disastri, come quelli della bomba atomica lanciata su Hiroshima e Nagasaki si erano manifestati anche molto prima, nel lontano 1945, ed anche allora, la minaccia era arrivata dal cielo.
La lezione di Heaney insegna che la poesia non solo può superare “di mille anni il silenzio”, ma può anche anticipare di oltre duemila anni qualcosa che non è ancora accaduto o che potrebbe accadere.
IL FARE POETICO
Per chiudere questo lungo intervento, riprendo le parole del filosofo francese, Jean-Luc Nancy. Per il filosofo, la poesia, il fare poetico, custodisce il senso, ed è per questa ragione che Nancy afferma nella contemporaneità, la “necessità” e la “resistenza” della poesia. Per Nancy “tutto il fare si concentra nel fare del poema, come se il poema facesse tutto ciò che può essere fatto.” D’altronde, sottolinea Nancy, “poema viene da “poiein”, che significa “fare”: un fare che indica la cosa fatta per eccellenza.”
Alcuni argomenti qui trattati fanno parte degli Atti del Convegno letterario “La Poesia e i Mass Media” – n.90 Rivista Atelier (giugno 2018).
Questa stesura è del 13 maggio 2019.
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THE IDENTITY OF POETRY
by Luigia Sorrentino
Traduzione Giorgia Sensi
My experience as a blogger started in September 2007. I meant to create on the web, on Rai News 24 website, a place on the border where I could keep, defend and protect the identity of poets and of poetry. In a few words, I meant to establish a place where the identity of those who were constantly rejected would be acknowledged, of those who were always destined to walk alone, and isolated. I wanted a place of mutual recognition. I wanted to sow the seed of a presence, put down roots on that border, so that the faces who emerged from that magma of words could leave a trace, a mark of truth.
The first blog on the Rai website soon became a poweful place visited by those who, like me, wanted to marvel, to be surprised. At last, the poets’ faces emerged in all their expressive power, in an autobiographical and photographic shot. This was also due, of course, to the cooperation of photographer-poet, Dino Ignani; it’s thanks to him if those faces have gradually become more and more familiar. I also owe huge thanks to Viviana Nicodemo, an extraordinary actor, director, photographer. She has given us unforgettable shots and intuitions. Many thanks also to poets Antonella Anedda, Silvia Bre, Franco Buffoni, Nanni Cagnone, Alessandro Ceni, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mariangela Gualtieri, Valerio Magrelli, Umberto Piersanti, Davide Rondoni, Patrizia Valduga, Gian Mario Villalta, just to mention a few of the most important contemporary Italian poets, who have offered us their contributions, sometimes unpublished texts or taken from forthcoming publications. Thanks to their precious contribution, the blog has grown and has established itself as a favourite place of the great Italian poetry.
In 2007 I was working at Rai News 24 and, for a series of cultural programmes, I had realized a number of TV interviews not only with the Italian poets mentioned above but also with some of the greatest international poets such as Syrian poet Adonis, French poet Yves Bonnefoy, British poet Tony Harrison, Polish poets Julia Hartwig and Ewa Lipska, Nobel Prize winners such as Seamus Heaney, Derek Walcott and Orhan Pamuk, Pulitzer Prize winner Mark Strand, Nobel Prize nominee Adam Zagaiewski, and many others.
In September 2006, just a year before I started my blog experience, I had the opportunity to meet the Turkish writer Ohran Pamuk for a RaiNews 24 interview in Naples only a few days before the Swedish Academy awarded him the Nobel Prize for Literature.
I had been deeply impressed by Orhan Pamuk, who had published in Italy novels such as Il mio nome è rosso, Neve and Istanbul, because at the centre of his work he had put the theme of identity, a subject mostly ignored and superficially explored in the literature of those years. It was a revelation for me to see that in that historical moment it was a writer and not a laureate poet who was asking such important questions on his own individuality, on the individuality of his own nation in relation to other cultures and ethnic minorities. It was a crucial lesson for me to observe and reflect on the work of a writer who was born and brought up in Turkey and who had openly fought for the cause of human rights, of crimes against humanity, while perfectly aware of the risks he was running. Thanks to him I realized that also poetry and poets had to follow that route, and question their own role and stance in contemporary history.
Ever since I was a teenager living in Naples and the surrounding area, I have always felt I had something in common with the Turkish people. I just need to say that some Neapolitan words are very similar to their Turkish equivalent: for example, the Neapolitan word ‘avash’ , which is pronounced ‘javash’ in Turkish, both mean ‘lower’, ‘don’t run’, ‘stop’. It is the ‘tone’, the authority with which the word is pronounced that allows it to take on different meanings.
I still have in front of me my first sight of Istanbul. The wonderful Dolmabahce Palace, the first palace in Istanbul built in European style, in the western part of the city close to the Bosphorus, former residence of Atakurk, and the narrow streets of Sultanahmet, the university building, the water sellers, the minarets, Santa Sophia, the blue mosque, the muezzin’s voice, the covered market, the smell of the fish, fried and served in a paper wrap, the noise in busy Taksin Square and the warmth of the people, all this made me feel that after all I was not that far away from Naples. And all the other times I had gone back tduring the years and had stopped on the Bosphorous at night to admire the landscape, in the sea of lights in front of me, I had sensed on my skin some sort of familiarity with that place. I knew the conflicts, the contradictions, the divisions among brothers Pamuk describes in his autobiographical novel Istanbul, they were also part of my culture, and were incandescent realities.
THE BRIDGE
During the several times I had been in Istanbul, while I stood on the Galata bridge which connects the old part of the city to the modern one, I had always got that feel of being in a special place, where two cultures, two religious influences, two ways of life coexisted. This connecting place, this bridge, which is the place of poetry for me, is still vividly represented by Istanbul, the ancient Byzantium (Costantinopolis in Latin, Kostantinoupolis in Greek, Kostantiniyye in Ottoman Turkish). In fact, I think the city, symbolically speaking, coincides with the place each poet is looking for: a sort of Middle Earth, a free land, where the two great cultures, the Eastern and the Western culture, coexist.
A BORDER PLACE
The idea of a poetry blog, therefore, originated from the need to create a ‘ border place’ for different identities and cultures, where people interested in the promotion of art, poetry, literature could meet and connect.
But why, I keep wondering, was I moved to this by the very words of a writer?
I can give a number of reasons. The first and most important one is that Orhan Pamuk has been, for me, a hero of our time. He was the first writer to speak openly about the conflict between Islam and the West in Turkey. It was him who revealed ‘uncomfortable’ truths about his country just when its government was putting pressure on the Europen Community in order to be accepted into the Union. Another reason, in my view, is that in those years Pamuk was also speaking for the international community of writers, intellectuals and poets, who largely shared his ideas and who went on to support and protect him after he won the Nobel Prize.
THE ARMENIAN GENOCIDE
A few days before our meeting in Naples, Pamuk had declared in an interview at the Swiss radio that Turkey would never be accepted into the European Union if it had not come to terms with the Armenian genocide, by admitting to its own responsibilities in the deportation of the Armenians carried out by the Ottoman Empire between 1915 and 1916, which caused about one million dead.
When, on 12 October 2006, the Swedish Academy declared Pamuk the winner of the Nobel Prize for Literature, my interview to him a few days earlier became an instant scoop; I was, in fact, the only journalist of Italian Television who had intercepted and interviewed the Turkish writer during his journey in Italy. All news channels of Italian TV kept on broadcasting clips from my interview. In this way Pamuk’s face and words suddenly entered into Italian homes and everybody could get to know who the Nobel Prize for Literature winner was, understand the importance of his work, acknowledge his engagement on behalf of our community.
HUMAN RIGHTS
Because of his constant work in favour of identity and human rights, Pamuk became for me a martyr of our times. In fact, after his declarations to the Swiss radio, he was accused of blasphemy for having publicly offended his country’s name and was tried by the Turkish government for violating the notorious article 301 of the Turkish Penal Code which imposes very heavy sentences on those who offend the ‘Turkish national identity’. Fortunately the entire international community rose up in his defence, in defence of freedom of expression and recognition of civil rights, and the case was dismissed.
The case of Pamuk’s Nobel Prize was a cause of instability for the democratic Turkish government because many Turkish writers, intellectuals and journalists stood by his side, in spite of the risks they were running.
HRANT DINK
The victim, the man who paid for all the writers, intellectuals and journalists in the country who were free to express themselves, was a great friend of Pamuk’s himself, the Turkish journalist of Armenian origin Hrant Dink, who was killed in Istanbul outside his newspaper’s headquarters on 19 January 2007, three months after the award. Clearly, the target of the killer who shot Hrant Dink dead included Pamuk himself and all the Turkish writers and poets who had broken down the wall of silence around the Armenian genocide.
CONFLICTS
In his novel Neve, Pamuk had already explored the theme of the conflict between political islamism and western influences in modern Turkey. In our interview he had stated that ‘political Islam does not deal with religion, but with nationalism and anti-western sentiments’. He had also declared that he did not know where those anti-western, fundamentalist sentiments would be leading. But he had realized before anybody else that the real conflict – the conflict we are still witnessing today – is not between Islam and Christianity from a religious and cultural point of view, as we are led to believe, but between Islam’s politics and the politics of those he had called ‘fundamentalists, and extremists, even among Christians’.
AN ETHICAL CULTURE
My long introduction is meant to highlight that the first RAI blog was born out of a strong ethical and civil purpose, with the aim to protect the identity of cultures, to safeguard the international community of writers, poets, and artists, who believe in the value and practice of poetry, literature, art. The blog has meant to testify the ‘necessity’ of the freedom of expression and has accomplished a mission of ‘resistance’ towards those who do not believe in the unity of different cultures.
THE BLOG “POESIA, DI LUIGIA SORRENTINO”
This blog has always given priority to contents, and has left complete freedom of expression to the authors published in its various sections. We have often launched new figures, or given prominence to authors of the past who had not received critical attention.
The section ‘Autoritratto’, for instance, includes poets who introduce themselves and present their artistic process in the first person, without any critical intervention. ‘Opere inedite’, instead, present both unpublished pieces of well-known authors and poems by totally new authors who had never published poetry before. Unpublished poetry by foreign poets are also presented.
The international section ‘The translation of poetry’ includes both internationally well-known and lesser-known poets. For example Syrian poet Gola Haji has been published alongside well-established contemporary poets or of the recent past. Among them, Manuel Alegre, Claribel Alégria, Hinemoana Baker, Coral Bracho, Sylvie Fabre, Joëlle Gardes, Durs Grünbein, Peter Handke, Philippe Jaccottet, Attila József, Nuno Júdice, Kenneth Krabat, Michael Krüger, Philippe Larkin, Boleslaw Lesmian, Vladimir Levchev, Agnieszka Osiecka, Angèle Paoli, Jean-Baptist Parà, Charles Simic, Anna Swirszczynska and many others.
THE CORE POETRY
Another important feature of the blog is the importance it gives to the connection between ‘Poetry and Art ‘ and ‘Poetry and Philosophy’. The section ‘Interviews’ include Italian poets such as Antonella Anedda, Roberto Alperoli, Mario Benedetti, Nanni Cagnone, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Biancamaria Frabotta, Mariangela Gualtieri, Vivian Lamarque, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Gian Mario Villalta, Valentino Zeichen, but also great philosophers such as Emanuele Severino, scholars of ancient philosophy such as Vasilis Politis, many other intellectuals and artists, among them violinist Salvatore Accardo, artists Enzo Cucchi and Giuseppe Capitano, Italian photographer Elisabetta Catalano. Their radio or television interviews appear in the blog, with the written texts are either entirely or partially added. The section ‘Poets to rediscover’, a project edited by Fabrizio Fantoni, presents poets such as Dario Bellezza, Nadia Campana, Giorgio Cesarano, Sergio Corazzini, Libero de Libero, Giuliano Goroni, Tommaso Landolfi, Primo Levi, Elsa Morante, Arturo Onofri, Aldo Palazzeschi, Lucio Piccolo, Beppe Salvia, Giovanna Sicari, Giorgio Vigolo. The section ‘Reviews’ includes poets such as Nadia Agustoni, Maria Attanasio, Franco Arminio, Silvia Bre, Bruno Galluccio, Laura Liberale, Daniele Piccini, Fabio Pusterla, Emilio Rentocchini, Francesco Tomada, and also young and very young poets: Lorenzo Babini, Alessandro Bellasio, Maria Borio, Tommaso Di Dio, Gianluca Furnari, Alessandro Grippa, Francesco Guazzo, Giovanni Ibello, Maddalena Lotter, Alberto Pellegatta, Pietro Russo,and many others.
The blog is made of many sections. It is impossible to publish a complete list of all the valued poets, writers, artists presented in 365 days each year. We should also acknowledge that nowadays poetry is enjoying a spell of exceptional interest at international level, thanks to a number of specific blogs, the increasing attention on the part of mass media, its promotion through the social networks. The quality is not always up to scratch. Surely, over the latest years, RAI – Italian Radio and Television – with its blog on Rai News 24, RAI Cultura and Radio3, has been doing a good job on the quality of its proposals.
POETRY AND THE WEB
It is interesting to note, though, that the diffusion of culture and poetry in the internet age has not stopped our connection with the ancient tradition. I believe nobody today would engage in a rewriting of the Iliad or the Odyssey or The Divine Comedy. And yet, contemporary poetry embodies that tradition, even when only a fragment of that tradition has come down to us. I believe, in fact, that it is in the dimension of that fragment that we can relive the force of the great Homeric poems as an expression of western culture. In Homer’s Iliad , Achilles is the hero who represents strength and bravery, while in the Odyssey, Ulysses / Odysseus stands for wisdom and intelligence. Their adventures and misadventures still capture us. If these poems are still translated, and therefore their language is ‘transferred’, it is because their poetics is still alive; because at the very centre of that culture – just as it happens today – we find the human condition, with its weaknesses, uncertainties, its doubts. Fundamentally, since its origin poetry has always dealt with the basic human questions. It is crucial to understand that those origins are not behind us, they are ahead of us, they walk alongside us.
POETRY AND THE YOUNG
Social networks have revealed that young people today are much more interested in poetry or in the artistic expression than it used to be. This means that poetry survives although, just because of the web, standards are sometimes lower, poetic output less creative, the poetic voice less distinctive. This confirms the principle that true poetry survives only when it embodies a powerful law: the authority of the word. True poetry does not age, does not die because the language of poetry speaks to everybody along the centuries. Great poetry still speaks to us through the great poets of the past. I talked to Seamus Heaney, the great Irish poet, Nobel Prize for Literature 1995, a few months before he died in a RAI interview. When I asked him about the attacks of September 11, 2001, he quoted Horace, notably the second ode in Book 1, which is open to a number of interpretations. A sense of catastrophe – he explained – is all powerful in the poem; a scene of desolation, of upheaval overcomes everything else, the threat of a deluge and of a bolt coming from above impends, and will destroy the earth. How could Horace have guessed, many centuries before, that the threat to humankind would come from the sky? In the United States, on September 11 2001, punishment had really come from the sky: the Twin Towers disaster took place with the speed of a lightning. Other disasters had happened before, for instance the atomic bomb on Hiroshima and Nagasaki in 1945, and in that case too the threat had come from the sky. Heaney’s lesson teaches us that not only poetry can overcome ‘one thousand years of silence’, but can also foresee two thousand years in advance something that has not yet happened or that might happen.
MAKING POETRY
To conclude this long speech, I will borrow the French philopher Jean-Luc Nancy’s words. According to him, the writing of poetry is the custodian of sense, and in our age poetry is to be seen as a ‘necessity’, a ‘resistance’. For Nancy “all doable is contained in the making of a poem, as if a poem could do all that can be done”. On the other hand, he adds, “poem comes from ‘poiein’, which means ‘to do’: something done par-excellence”.
May 13, 2019