Nota di Giovanni Ibello
È impossibile definire la poesia. È difficile anche solo parlarne liberamente, senza cadere nella retorica. È molto probabile che essa si riveli nell’atto stesso dello scrivere, ragion per cui non è compito del poeta intellettualizzare il momento creativo. Non sappiamo cosa sia una poesia (la famosa ‘salvezza del corrimano’ di cui scriveva la Szymborska), non sappiamo dove essa ci conduca, ma è ben possibile che – come sosteneva il compianto Dario Bellezza – scrivere versi sia “pura fisiologia”. Forse un verso esiste perché esistere era nel suo destino. Niente di più. Una delle poche certezze di chi vi scrive è la seguente: la parola poetica è “vittima” di un processo di sussunzione che riconduce sempre all’amore e alla morte. Lo sa bene Giulio Maffii che con il suo Angina d’amour (di prossima pubblicazione per l’editore “Arcipelago Itaca”), traccia un quadro scarnificante di questo sentimento, una giusta sintesi dell’amore fatale, dell’amore primo e ultimo. Un dettato poetico privo di fronzoli (sia nelle scelte lessicali che timbriche), composto da suoni e letture volutamente elementari e sferzate improvvise. L’angina coitale, che i francesi chiamano, appunto, angina d’amour, si verifica durante i minuti successivi al rapporto sessuale, ed è il dolore toracico pre-infartuale. Continua a leggere