RICORDO DI BIANCAMARIA FRABOTTA
di Stefano Bottero
Io dirò che non ci saranno mani come le tue. Che l’orfanità di queste prime ore del mattino è una categoria che riguarda ogni cosa a seguire. Dirò che le tue parole mancheranno come è mancato il sonno questa notte – che non dormirò mai più.
Tra qualche ora incontrerò diversi altri che ti hanno amata in questi anni. Sarà abbastanza a ricordarmi che quanto ho scritto fino a qui non corrisponde al vero.
Che resti, sempre, corpo e voce, come restano i poeti.
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Durante la sua lectio magistralis, nel 2016, Biancamaria Frabotta rispose a una domanda dicendo «Sì, sono stata allieva di Binni. E vorrei continuare a esserlo».
Ho un ricordo lucido di quel momento. Pensai che per me, per lei, sarebbe stato lo stesso. Lo penso ancora, oggi, a poche ore dalla sua scomparsa.
Ho frequentato l’ultimo dei suoi corsi universitari. Fin dai primi anni della sua carriera accademica, Frabotta aveva sistematicamente chiesto che le venisse assegnata la classe del primo anno.
C’era qualcosa di geometrico, di necessario, nella postura della sua voce rivolta a gruppi di studenti troppo giovani per avere cognizione della letteratura del Novecento – cognizione che, come mandato, lei sceglieva anno dopo anno di trasmettere.
Altri parleranno con parole più precise delle mie della sua femminilità, della sua classe, della sua presenza. Io, ventenne, per la prima volta, ero abbagliato dal vedere il Poeta (la Poeta, anzi, per riprendere una questione tanto centrale nelle nostre conversazioni). Quel vederla sarebbe bastato anche da solo, allora, a rendere fondamenta i giorni delle sue lezioni.
La testimonianza è stata il filo sul quale ha fatto camminare i suoi rapporti – insicuri come tutti, perennemente sospesi sul baratro di significato che ha avuto nei suoi occhi chiari il solo correlativo. Allo stesso modo, sulla testimonianza ha edificato la sua poesia. Ne La materia prima, sua ultima raccolta – penultima tra qualche giorno – sulla quale cui mi sarei poi laureato nel 2019, l’atto testimoniale non è solo nexus creativo, etico ed estetico, ma ratio critica, capace di orientare lo sguardo fino alla liberazione da ogni residuo di necessità inautentica. Continua a leggere