Letture
–
Chi ha conosciuto almeno un poco la cultura siciliana la fiuta immediatamente, la riconosce a naso, nella mischia irriverente di canto e morte che intride la poesia di Erminio Alberti. Alto e basso, luce e buio a improvvisi, la malinconia profonda di un popolo che incatena a dei fili la tragedia degli eroi dei poemi epici e li manovra, riproducendo il clangore lustrale delle armi, ma stavolta ficcate nelle mani di legno di piccoli fantocci pieni d’oro e colore, colmi di ogni evidenza eppure sempre segreti. Impossessati dalla tradizione e impossessati della tradizione. Da queste zone viene questa poesia. Dalle zone dei pupi e dei teatri della Magna Grecia. Cose antichissime tra spini e aranceti: nei toni a volte quasi orali e nei temi della poesia di Alberti riconosciamo infatti il sentimento pervasivo della morte che si rovescia in riso e in leggerezza – ma in una leggerezza sempre tragica, da disincantata alzata di spalle, non di gioia, salvo quando il poeta descrive le apparizioni femminili che gli tagliano la strada – e il loro andarsene immalinconisce: è cessato quel lampo di luce aliena che ci ha toccati come una parvenza di bontà per noi.
(Dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone) Continua a leggere
Erminio Alberti, “Malascesa”
1