Jorie Graham in Italia per il Premio Bigongiari

 
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Appuntamento

Jorie Graham, vincitrice del Premio Ceppo Internazionale “Piero Bigongiari” per la poesia contemporanea, presieduto da Paolo Fabrizio Iacuzzi, (in libreria con Il posto, Mondadori, 2014) è in Italia per ricevere il pretigioso premio.
Come l’autrice scrive all’inizio della “Piero Bigongiari Lecture”, Parole dal posto degli umani: “L’incarnazione è un non-luogo, oppure un ovunque, in cui è penetrato uno specifico posto – il tuo ‘qui’ – così che puoi essere in grado di vivere il tempo, non soltanto ‘nel’ tempo. Il tempo è il fiume in cui non possiamo scorrere ma ci siamo stati gettati per imparare a essere il fanciullo dentro il cesto. Per sentire il suo scorrere in noi, attraverso e sotto di noi”. Continua a leggere

Andrea Ponso, “Cantico dei cantici”

AndreaP12Nota di traduzione del “Cantico dei cantici”  di Andrea Ponso

Il mio tentativo di approssimazione al testo ebraico è di tipo “letterale”. Non nel senso di una pedissequa versione di supporto – ma, piuttosto, come un’azione di traduzione che diventa, essa stessa, fedeltà, per quanto possibile, alle articolazioni non solo dei significati (forse mai tanto sfuggenti e, per questo, vivi, nell’ebraico), ma della stessa struttura della frase e della sintassi. Tutto questo porta nella lingua d’arrivo qualcosa che la sfigura, anche nelle sue regole grammaticali – ma rimane, per quanto possibile, seppure al suo interno, sempre altro: quasi come un parlare straniero ma nella propria lingua.

Del resto, in questa lingua granulosa e basica, ma capace di racchiudere schiumare di miele anche tra i cardi e le pietraie delle radici consonantiche delle parole – una sorta di minuscolo alveare, ogni parola, in cui il soffio vocalico porta il nostro alito e quello che anima il mondo, lo coinvolge e lo responsabilizza nella scelta delle vocali – il termine dabar significa sia “parola” che “azione”, sia la cosa che la sua voce; tanto che l’intera creazione non smette, fin dal principio, di creare tramite il dire.

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Natan Zach, la parola che cade

Nello scaffale, Natan Zach
a cura di Luigia Sorrentino


Pubblico la lettura di due poesie  di Natan Zach Canto per i giorni terribili e Quel paese di Davide Zizza.
In realtà mancava su questo blog, il nome di Natan Zach, un uomo che – come scrive Davide Zizza – ‘vive ancora in ebraico’.  

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La parola che cade
di Davide Zizza

La letteratura ebraica si porta dentro il seme dell’erranza, il senso di ricerca di un luogo o di ritorno in un luogo che si possa definire patria, “terra-casa” (ing. homeland, ebr. מולדת “moledet”). Questa caratteristica, connessa alla retrospettiva storica dell’esilio, riesce a rivelare il suo risvolto simbolico attraverso e nella lingua. Continua a leggere