CANTO PER IL PADRE
COMMENTO DI BIANCA SORRENTINO
Sotto i colpi inferti da una Fortuna a lei avversa, Isabella Morra cristallizza la sua fulminea esistenza in un piccolo e adamantino canzoniere, composto nell’altissima solitudine di un castello. La condanna al destino dell’abbandono, celebrata dalla sua stessa famiglia, acuisce in lei la sensibilità per la sorte delle Arianne, le fanciulle che nel mito giacciono addormentate su una riva dimenticata, dopo la partenza dell’amato. Nei versi morriani, l’addio è alla figura paterna in fuga: il suo canto filiale si consuma in un funambolico equilibrio tra innocenza e accusa di tradimento. Il tormento che deriva dalla permanenza nel luogo dell’infelicità non impedisce tuttavia alla poetessa di proiettare il suo sguardo oltre il limiite imposto, nella ricerca mai paga di una visione che culli una qualche novella.