La poesia messicana, Coral Bracho

Coral Bracho[1]

E’ nelle librerie italiane, Coral Bracho, con la raccolta di poesie: Quello spazio, quel giardino, Edizioni Kolibris 2014 – Collana Quetzal, Traduzione di Chiara De Luca, (14 euro)
Coral Bracho è nata a Città del Messico nel 1951. Tra i suoi libri di poesia ricordiamo: Peces de piel fugaz [Pesci di pelle fugace, 1977], El ser que va a morir [L’essere che va a morire,1982], Bajo el destello líquido [Sotto lo scintillio liquido,1998, che raccoglie i suoi libri precedenti], Tierra de entraña ardiente [Terra dalle viscere ardenti, 1992, in collaborazione con la pittrice Irma Palacios), il volume che riunisce i titoli precedenti Huellas de luz [Orme di luce, 1994] e La voluntad del ámbar [La volontà dell’ambra,1991] Ese espacio, ese jardín [Quello spazio, quel giardino, 2003], che ha ricevuto lo Xavier Villaurrutia Prize e Cuarto de hotel [Stanza d’albergo, 2007]. Nel 1981 le è stato assegnato il Premio Nazionale di Poesia Aguascalientes per El ser que va a morir. Fa parte del Sistema Nacional de Creadores de Arte ed ha ricevuto una borsa di studio della Fondazione Guggenheim

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Tamara Kamenszain, L'eco di mia madre

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“E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra / per condurmi, Madre, sino al Signore, / come una volta mi darai la mano […]” scrive Giuseppe Ungaretti nella sua indimenticabile poesia alla Madre. Ed è all’Ungaretti del Taccuino del vecchio che Tamara Kamenszain chiede aiuto per cantare lo sconfinato dolore derivato dal taglio delle radici, della definitiva separazione che la lascia orfana dell’alterità che l’ha generata e la contiene.
L’eco di mia madre sembra nascere dalla confluenza di una polifonia di echi, che ne fanno canto corale, come spesso avviene nella poesia della Kamenszain. Il fiume in piena della voce della poetessa scorre verso la foce del silenzio, accogliendo in sé le voci d’altri poeti – amici e sodali, sconosciuti e distanti – condividendo il viaggio oscuro del tentativo di contenere in parole ciò che ne esonda, per pronunciare la sottrazione, la presente assenza esperita dalla figlia desmadrada dalla malattia, che l’ha privata della madre prima ancora che quest’ultima morisse.
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