di Daniele Campanari
Giovanna Cristina Vivinetto ha soltanto ventitré anni. Ma a leggere le sue poesie – a leggerle da dentro – pare che a parlare sia una veterana della parola, non una ragazzina che ha fatto del corpo il cambiamento di una vita (non lascia intendere che si tratti di transessualità; transessuale è una parola terribile seppure spesso nominata). È del corpo che parla, appunto, parla il corpo così forte da tracciare una strada chiara, la stessa della sua autrice.
Dolore minimo è la raccolta di poesie fin qui inedite (ma ad aprile Interlinea si occuperà della pubblicazione) della giovanissima siracusana che ha fatto di Roma la sua seconda casa, della storica bellezza della Capitale un’ispirazione per i suoi versi. I versi di Giovanna non ammettono errori di interpretazione, sono la conseguenza di un pugno allo stomaco: lo stomaco si restringe, si ritira all’indietro per la sofferenza del colpo, si anima per distanziarsi dal corpo che non è giusto. Se ne è accorta Giovanna, se ne sono accorti i produttori di poesia, e presto se ne accorgeranno i lettori. Quest’ultimi comprenderanno il Dolore minimo ma anche il massimo, il massimo dolore di una ventitreenne rara che ha svuotato il cassetto della scrittura sostituendo l’interno con la pelle mai appartenuta. Con la nuova epidermide, invece, scrive versi potenti che sono una ferita che si apre in verticale, esattamente dal punto dello stomaco. Continua a leggere