Dall’Introduzione di Giancarlo Pontiggia
Forse bisognerà cominciare da uno qualsiasi dei cinque, splendidi pezzi che compongono l’Autoritratto, per comprendere questo libro impervio, in cui la severità del pensiero si sposa al fulgore analogico, la quieta lentezza del verso è scossa da improvvisi trasalimenti, la materia del sogno irrompe improvvisa – come uno scandaglio – nella massa inquieta delle sensazioni, esaltandone la potenza conoscitiva. Parole disadorne, spoglie di ogni retorica, affondano nella propria notte, procedono – per pura tensione iterativa – incontro a se stesse, dando vita ad architetture fantastiche, macchine di splendore cosmico, musiche vertiginose. Continua a leggere