Giusi Sorrenti, “Necessità e diritti costituzionali”

 

Giusi Sorrenti

 

Necessità come fonte del diritto e libertà sospese?

di Giusi Sorrenti

Negli ordinamenti democratici dell’Occidente contemporaneo è stato necessario, non un tiranno, ma una zoonosi irradiatasi nella provincia cinese del Hubei per soffocare le libertà a colpi di decreti del Presidente del Consiglio, riproducendo nell’immaginario collettivo la figura, già condannata dal recente passato, dell’“uomo solo al comando”. Alcuni, dinanzi alle drastiche limitazioni imposte ai cittadini per scongiurare il dilagare dell’epidemia ed il collasso delle strutture sanitarie, hanno invocato l’estrema reazione della disobbedienza civile. Il richiamo immediato è andato al mito di Antigone, l’eroina più grande d’ogni tempo, che si ribella alle leggi della città per ribadire il suo senso di umanità. Due i valori oggi da difendere: la democrazia (forse cara solo ad alcuni) e la libertà. Cominciamo dalla prima.

La storia costituzionale e i suoi studiosi conoscono molto bene i pericoli che l’emergenza comporta per la democrazia. Il filosofo del diritto Carl Schmitt includeva nel funzionamento dell’ordinamento la previsione dello stato d’eccezione, ipotizzando il sopraggiungere di un momento nel quale si sarebbe reso inevitabilmente necessario abbandonare le procedure democratiche per imboccare un’altra strada. È l’idea dello “stato di necessità” come fonte del diritto. Una clausola simile era stata inclusa nella Costituzione di Weimer adottata in Germania nel 1919 ed è tristemente nota per aver consentito l’avvento al potere di Hitler. L’esperienza insegna a diffidare da queste visioni teoriche o da altre affini, per lo spirito illiberale che le pervade e che si manifesta nel lasciare aperta all’interno dell’edificio giuridico una falla per sfuggire da quelle che sono considerate le pastoie decisionali dei Parlamenti moderni.

Anche riguardo alle modalità di gestione dell’epidemia è serpeggiata la convinzione che si sia fatto ricorso nel nostro Paese a procedure extra-giuridiche, aprendo una fase di “sospensione costituzionale”. Ciò ha sollevato dubbi sulla sua durata e sulla possibilità di ritornare presto o tardi alla piena fisiologia. La perplessità è legittima, anche se sottende al fondo il messaggio che le procedure democratiche siano un lusso per i tempi facili, che non ci si può permettere in quelli difficili, dimenticando che la Costituzione è stata scritta da giuristi che avevano attraversato uno dei momenti più bui della storia del pianeta. Un atteggiamento nel quale si annidano, come ha notato recentemente il Presidente emerito della Corte costituzionale Gaetano Silvestri, «cesarismo e bonapartismo, ritenuti – a destra e a sinistra – fattori di accelerazione del cambiamento politico e sociale, in contrapposizione all’equilibrio del vecchio Montesquieu, considerato fattore di immobilismo e di conservazione». E non è un caso che, nel momento in cui la politica come sede di canalizzazione (delle varie visioni) dell’interesse generale del popolo implode su scala planetaria nel più grave collasso mai sperimentato, svuotando di sé le sedi della democrazia parlamentare, prendano sempre più piede le forme di una “democrazia dell’acclamazione”, basata sul rapporto diretto dei cittadini con il loro capo, che offrono ai consociati in cambio di quanto si è perduto al massimo un’illusione o un surrogato di sovranità. Continua a leggere