Olga Bragina, “Ci dicevano che non ci sarebbe più stata la guerra”

Olga Bragina

Olga Bragina

Nella traduzione di Emilia Mirazchiyska e Valentina Meloni

 

мы живем в спальном районе в который пришла война

в спальном районе из которого никогда не удавалось вовремя приехать никуда вечные пробки потом его обустроили хипстерские магазины кофейни парки киностудия FILM.UA а потом к нам пришла война

войну мы знали по концертам возле арки Дружбы народов по фильмам девятого мая мама говорила ее скоро забудут забыли ведь войну 1812 года мама говорит был тост за мирное небо над головой а потом уже стали говорить что за банальщина сколько можно

сколько можно произносить этот тост мирное небо мы живем в спальном районе в который пришла война да мы и не спим совсем есть не можем тошнит при каждом глотке сейчас думаю в какой уникальной ситуации мы находимся Одоевцева в такой ситуации написала “Балладу о толченом стекле” а мы пишем то что видим сейчас в онлайне горящие дома диверсантов переодетых которых взяли в плен история происходит здесь и сейчас

Ольга Брагина

 

viviamo in una zona residenziale dove è arrivata la guerra

in una zona residenziale dove non è mai stato possibile arrivare puntuali da nessuna parte dove ci sono ingorghi eterni poi hanno costruito negozi ipermercati caffetterie parchi lo studio cinematografico FILM UA e poi è arrivata la guerra

conoscevamo la guerra dai concerti vicino all’Arco dell’Amicizia dei Popoli dai film sul 9 maggio

la mamma diceva che presto la guerra sarebbe stata dimenticata come avevano dimenticato la guerra del 1812 la mamma racconta che ci fu un brindisi al cielo pacifico sopra le teste delle persone e poi hanno cominciato a dire quanto fosse banale tutto questo

per quanto tempo puoi pronunciare questo brindisi al cielo sereno viviamo in una zona residenziale dove è arrivata la guerra sì non dormiamo affatto non possiamo mangiare affatto, abbiamo voglia di vomitare a ogni sorso ora penso alla situazione unica in cui ci troviamo la stessa in cui si trovava Odoevtseva quando scrisse ‘’Ballata di vetro frantumato” e scriviamo quello che vediamo ora online le case in fiamme sabotatori travestiti che sono stati fatti prigionieri la storia sta accadendo qui e ora

Olga Bragina

 

нам говорили пусть никогда больше не будет войны
на праздничных концертах пели о празднике со слезами на глазах,
мы думали, что война осталась в прошлом,
как черно-белая кинохроника или подборка советских фильмов
мы думали – война не имеет к нам отношения, радовались салюту,
который теперь отменен, больше мы не считаем залпы,
понимаем, что война не заканчивается никогда,
как в учебнике философии после фамилии Гоббса
понимаем, что война есть, а победы нет, те, кто видел войну,
не хотят говорить об этом, но дети играют в войну
(в нашем детстве было так, у меня было два пистолета –
один водяной, другой – с пластмассовыми пулями,
еще делали трубочки из бузины, потом появились приставки Dendy)
война есть, а победы нет и не будет
ни за кем она не останется, смотри в зеркало и знай, что мир – это война
нам говорили никогда не быть миру на этой земле
мир лежит во зле, нужно искать другую, пробовать разные варианты
мы ходили на праздничные концерты под аркой Дружбы народов
думали, что история закончилась, а это был только пролог
история принадлежит тебе, пока ты читаешь
потом не принадлежит ни одной из сторон

 

ci dicevano che non ci sarebbe mai più stata la guerra
ai concerti delle vacanze cantavano la fine della guerra con le lacrime agli occhi,
pensavamo che la guerra fosse una cosa del passato,
come un cinegiornale in bianco e nero o una selezione di film sovietici
pensavamo che la guerra non avesse nulla a che fare con noi, abbiamo gioito del saluto
che ora è cancellato, oramai non contiamo più le file di fuoco,
abbiamo capito che la guerra non finisce mai,
come nel libro di testo di filosofia di Hobbes
capiamo che c’è la guerra, ma non c’è vittoria, chi ha visto la guerra,
non ne vuole parlare, ma i bambini giocano alla guerra
(nella nostra infanzia era così, io avevo due pistole –
una ad acqua, l’altra con proiettili di plastica,
realizzavamo anche flauti di sambuco, poi sono apparse le console Dendy)
c’è una guerra, ma non c’è vittoria e non ci sarà vittoria
la vittoria non apparterrà a nessuno, ci si guarderà allo specchio e si saprà che la pace è la guerra
ci dicevano che non ci sarà mai pace su questa terra
il mondo giace nel male, devi cercarne un altro, provare diverse opzioni
siamo andati ai concerti festivi sotto l’arco dell’Amicizia dei Popoli
pensavamo che la storia fosse finita, ma era solo un prologo
la storia ti appartiene mentre continui a leggere
quindi non appartiene a nessuna delle due parti

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Vladimir Levchev

di Giovanni Ibello

“Amore in piazza” (Terra d’ulivi, 2016) di Vladimir Levchev è una straordinaria raccolta antologica che, secondo il parere di chi scrive, è un manifesto che definisce una certa idea di poesia.
L’opera (tradotta da Emilia Mirazchiyska e Fabio Izzo) è ripartita in tre sezioni: “Amore”, “In piazza” e “Dio”.
Partiamo, insolitamente, dal mezzo: nella sezione “In piazza” l’opera assume i toni freddi e disadorni della migliore poesia civile. D’altra parte, l’autore decide arbitrariamente di valicare lo spazio incolore della narrazione, così che la parola poetica apra un transito, una necessaria connessione tra i freddi resoconti della cronaca (nella fattispecie la dittatura di Zivkov) e l’infinita grazia del sogno. Continua a leggere

Vladimir Levchev, “Amore in piazza”

vladimir_levchev

Gli impervi itinerari della traduzione per arrivare alla poesia di Vladimir Levchev 

Nota di Fabio Izzo

Giunto negli Stati Uniti, il poeta bulgaro Vladimir Levchev iniziò a scrivere poesie direttamente in inglese. Precedentemente si era già occupato non solo delle traduzioni di alcuni poeti americani in bulgaro (principalmente l’amato Ginsberg), ma anche della traduzione di alcune sue poesie con l’aiuto di grandi poeti americani come Henry Taylor e Alicia Ostriker. Amore in piazza è un libro antologico, delicato nella sua composizione (anche nell’equilibrio), una specie di “conceptual book”; e contiene due poesie commemoranti la tragedia dell’11 settembre scritte in inglese. Continua a leggere

Sebastiano Gatto, “Voci dal fondo”

SEBASTIANO_GATTOLe Voci dal fondo e il rifugio nella narrativa

di Emilia Mirazchiyska

Voci dal fondо, il terzo libro di poesie di Sebastiano Gattо, è uscito a fine 2015 contemporaneamente al suo romanzo breve Blues delle zucche (Amos Edizioni). La notizia della contestuale uscita di un libro di poesia e uno di prosa prende un significato particolare: nella raccolta poetica Voci dal fondo infatti si possono riconoscere alcuni meccanismi propri della narrativa. Tempo fa l’autore mi scriveva “mi ero allontanato dalla poesia, per quasi sette anni non ho scritto un verso. Provavo nausea, anche per questo ho cercato rifugio nella prosa”.

Vediamo come, dopo questi anni di silenzio, Gatto torna alla poesia.
Il titolo Voci dal fondo ci riporta ai versi finali scritti dall’amato T. S. Eliot che conclude The Love Song of J. Alfred Prufrock così: Till human voices wake us, and we drown.
Le quattro sezioni del libro, quasi con incedere filmico, raccontano una storia in prima persona in cui a parlare è un infermiere orfano di badante. Non essendo Gatto né infermiere, né orfano, né figlio di badante, siamo dunque al cospetto di fiction. Continua a leggere