L’incontro con la poesia di Giancarlo Pontiggia è una scintilla.
“Il moto delle cose” proviene dalla suggestione e dal suono delle parole, che vengono letteralmente messe alla prova, usate, ripetute, evitate, in modo da intrappolare quel luogo dell’umano in cui nessuno è mai stato, ma che tutti noi conosciamo.
Le poesie nascono dall’attesa fiduciosa della misura giusta per poter dire, quello nel quale la parola, con il suo suono e il suo senso, riesce a farsi pienamente carne, cielo, pioggia, Natura. Il tratto distintivo di Pontiggia è una parola poetica naturale, una voce che sgorga limpida e nuda, priva di intellettualismo. E’ una voce antica, come l’eco di un sussurro che solo il poeta riesce ad intercettare e, in qualche maniera, a restituirci.
La parola è dunque un segno salvato dal tempo, un faro luminescente capace di illuminare, seppure in brevi istantanee, spaccati di quell’altrove che abita la mente dell’uomo da sempre e che affraterna gli individui nella storia. Continua a leggere