Fin de siècle
Il secolo presto finirà, ma non prima di me.
E questo, temo, non c’entra con l’intuito.
Piuttosto è l’influenza della non-esistenza
sull’esistere: per dire, del cacciatore sulla selvaggina,
sia essa muscolo cardiaco o mattone.
Sentiamo la frusta sibilare,
nel tentativo di rammentare i nomi di quanti ci hanno [amato,
divincolandoci tra le viscide mani del polsista.
Il mondo non è più com’era
un tempo, quando regnavano sovrani abat-jour, fox-trot, [sofà
e la paura, insieme a sottovesti e ad arguzie salaci a volontà.
Chi avrebbe mai pensato
che la gomma del tempo li avrebbe cancellati
come sgorbi a matita sulla carta? Certo nessuno.
Eppure il tempo con il suo frusciare
proprio questo ha fatto. Vallo a rimproverare.
Adesso ovunque antenne, sballo di adolescenti, ceppi
anzichè alberi svettanti. Al caffè
non incontri i compagni di lotta sconfitti dalla sorte,
nè al bar l’angelo in gonna e blusa azzurra
che si è stancata del tentativo di librarsi in aria
sopra a se stessa. Ovunque una marea di gente,
ora in folla compatta, ora in coda serpeggiante.
Il tiranno più non è efferato,
ma un essere mediocre e limitato. E così l’automobile
ormai non è più un lusso, ma un modo di sbatter via
la polvere dal tappeto stradale, dove la gruccia
dell’invalido già più non si sente,
mentre il bambino crede fermamente che il lupo
faccia più spavento di un intero reggimento. Continua a leggere