In fondo è l’attesa perenne
che sia primavera,
è il passo tremante che segue,
fuggendo, la stasi.
Ma tra i colpi del vero sorprende
– premura inaudita –
che di là dal tempo e dai luoghi
noi siamo reciproca cura.
*
Eravamo d’accordo, la morte
ci avrebbe sorpresi,
è per sola clemenza
– la sua – che si chiudono i giorni.
Dieci volte (o dodici, forse)
avevo in vent’anni fermato
alla tua la mia mano.
Ora che l’infinito ci svela
i suoi celeri tempi,
per noi resta una degna costante
la cifra precaria dell’uomo. Continua a leggere