Il ritorno di Beppe Salvia

lettere musive io desto, ignote
cifre che compongono un fregio, tesse
una trama questo disegno, rete
di tessere in questo quadro crette
magia figura di regale soglia
oltre cui accedo ospite senza
credo ai sopiti luoghi della veglia,
voglio saper la meta e chiedo lenza
per il diniego trarre dal mare, le
fughe d’inospiti sirene l’ale
m’apprendono, volo ove è chiave chiara
di questi nodi di noci d’ardesia,
sale una savia siepe a dimorare
dove chiudon la corte due scalee.

*

A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m’hai insegnato
a amare, ma senza di te. La vita
con il suo dolore m’insegna a vivere,
ma quasi senza vita, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro. Allora,
allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, a sognare, ma
non vedo in sogno che figure inumane.
Non ha più limite la mia pazienza.
Non ho pazienza più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche a odiare ho dovuto imparare
e dagli amici e da te e dalla vita intera.

*

viva le lunghe ore della scuola
il banco celeste come il cielo
serviva a non guardare la lavagna
viva le povere ore di malinconia
viva quel tuo mugugno
viva la veste bianca e le bugie
viva la via deserta tutta
fiocchi bioccoli Continua a leggere