Libertà edito da Campanotto è il titolo del libro di poesie di Vittorio Grotti (1939-1981) l’artista della Versilia – pittore, grafico e poeta – scomparso quarantun anni fa. A dare corpo al libro nel 2021, in piena era covid, la figlia Esther Grotti che ha sempre attinto da quelle poesie una coinvolgente forza vitale.
Vittorio Grotti torna nel presente a parlarci con rabbia, della guerra, della crisi scialba in cui già negli anni in cui egli visse si dibatteva la società “già consumata”, comunque tesa a cancellarsi brutamente e bruttamente da qualsiasi angolino della storia. Il suo è furore autentico che va a sciogliersi in una carezza sul capo innocente della figlia Esther : – se un poeta vive il mondo viva. –
Scriveva Carlo Betocchi: “La poetica del Grotti si svela e resiste non tanto per quello che v’è, sotto sotto, di immediato e spontaneo, di scatto passionato e reattivo agli insulti della vita: quanto perché il passionato e reattivo vi sono più spesso ridotti all’osso, e magari accantonati e derisi dal poeta stesso, dandogli addirittura scacco matto. Nel qual caso la sua invenzione verbale riesce ad arrivare a quel pittorico bianco gessoso del Viani irridente che fa personaggio col suo tragico nero”.
Oltre a Betocchi, furono molti i poeti che si avvicinarono alla poesia del Grotti, fra essi Giorgio Caproni che lo raccontò così:
Una barbaccia alla Castro. Due lucentissimi occhiacci vivi e neri sul fiore (di terracotta) di un lucumonico sorriso etrusco, puntatimi addosso a Viareggio con una fissità da farmi incavolare: da costringermi, com un impermalito Adamo Ivanovich, al solito (v. “Umiliati e offesi”): “Ma insomma, perché mi guarda con tanta insistenza?”.
E’ la mia prima (molto lontana, ormai) immagine di Vittorio Grotti.
Poi ebbi modo di “avvicinarlo”. Di correggere, a cominciar dalla barba, quella prima (falsa) impressione fisica.
E’ un uomo che spira amicizia da ogni poro. Un anarchico dal cuore di zucchero. Un grande allevatore non di caimani, ma di pittori bradi. (Sa anche domarli).
Adoratore (sacerdote) di Lorenzo Viani.
(“Dici steccolo”, esclamerebbe un vecchio livornese).
Comunque, un dolcissimo incendiario che, a toccarlo, dà la scossa,come la dà soltanto chi in corpo un Nume.
Quale sia questo nume non lo so. Ma so che Grotti è anche (leggi soprattutto) un autentico poeta alla diavola, che scrive versi pronti a prenderti a schiaffi come a farti le più intenerite carezze. (“Eh le bisce contorte e folgoranti,/ forti come una barzelletta / urlata forte nelle orecchie del deserto/ o come la conversione di Saulo…”). Un poeta che non puoi rinchiudere in nessun barattolo confezionato con precisa etichetta, giacché li farebbe scoppiar tutti.
“Costituisco in un piazzale di pietra l’anitra più grassa
che affronti Petrarca Boccaccio l’Aretino Dante e
con un solo starnazzo i becchi in solido
sul cuore di finti dondoli in cornici dorate
Dio stesso viene meco masticando bava filante
e zucchero di Capezzano P.
Ora che il ver vetro è la mutua, la vergine, la pensione nero su bianco.
Bicchieri di carta in fondo.
Vuoto a perdere”.
Sono Versi che mi ha mandato lui per Pasqua, in autografo, e che solo lui poteva scrivere. Versi che bastano a dare un’idea, senza contorcimenti verbali da parte mia, di quale legno sia fatto “il Grotti”.
Leggetelo. Leggiamolo. Lui che, nella sua “rivolta” (tutta tesa verso l’amicizia e la pace), è una specie di Lucifero alla rovescia: un diavolo che s’è fatto angelo.
PER UN CRISTO CH’È STATO E CHE POTREBBE
La delegazione operaia
ha regalato cuscini e ghirlande di fiori,
senza dire una parola, una sola.
Finalmente
la madre ha visto il figlio morto,
il figlio che partiva alle sei per la fonderia,
il figlio che tornava alle sei dalla fonderia.
L’han riportato ieri colla “misericordia”,
già composto nella tuta blu:
lui che sempre,
tutte le sere,
rideva scherzava la baciava,
cantando le portava una leccornia.
Poi il padrone che parla,
l’assicurazione che parla…
– Schiacciato da un blocco caduto per caso.
– Così giovane, è stata una disgrazia.
A tempo
s’è ricordata della bicicletta,
subito un compagno di lavoro è andato a prenderla.
Era rimasta appoggiata al muro della fonderia,
al manubrio c’era ancora la borsa di paglia.