C’è sempre un momento, nella ricerca poetica di Marcoaldi, in cui un’esperienza intensamente personale scivola in un destino collettivo cui cerchiamo invano di sottrarci. Questa incapacità, o inadempienza, è il motivo di fondo della sua poesia. Come uccelli in gabbia, o insetti chiusi in una bottiglia, battiamo contro un vetro invisibile, ricadendo all’ indietro – fin quando ritroviamo le forze per un nuovo tentativo, anch’esso inevitabilmente frustrato. Se nelle due raccolte poetiche precedenti si trattava del filo avvolgente del tempo e della separazione dalla nostra origine animale, ne La trappola questa necessità infrangibile attiene alla cattura della vita in una serie di dispositivi che la opprimono. Essi – «tagliole», «ordigni», «arnesi» e appunto «trappole» – sono costrizioni di ordine vario, di tipo sociale, tecnico, psicologico, che impediscono di aderire liberamente al flusso dell’esperienza naturale. Continua a leggere
Franco Marcoaldi, "La trappola"
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