Umberto Saba, “Il Borgo”

COMMENTO DI FABRIZIO FANTONI

Ne Il Borgo – in assoluto una delle più belle liriche del Novecento – Umberto Saba tratteggia un ritratto esistenziale del suo essere poeta. Nucleo tematico dell’intero componimento è “la vita” che diviene l’oggetto privilegiato dell’introspezione poetica e la fonte da cui prende le mosse l’ispirazione “vita onde nacque il mio spirito dolce/ e vile”.

Nella prima parte del testo l’itinerario d’esperienza percorso dall’autore per conoscere la realtà ha origine da una contemplazione della vita, dove ancora manca la capacità di un’intima e vera adesione sentimentale alle cose del mondo. Il poeta ha vent’anni e, nelle strade del borgo, patisce la solitudine e la condanna della diversità dall’uomo comune “soffersi il desiderio dolce/e vano /d’immettere la mia dentro la calda /vita di tutti, /d’essere come tutti/ gli uomini di tutti/i giorni”. Tale desiderio accompagna l’intera giovinezza del poeta che vorrebbe godere l’alta gioia “d’essere questo soltanto: fra gli uomini/un uomo”.

Nella seconda parte della lirica troviamo il poeta giunto alle soglie di una esacerbata e disillusa maturità (“e morte/m’aspetta”) che ancora vorrebbe, nostalgicamente, “la fede avere/di tutti” nel credere che la vita non sia solo sventura come egli invece, nella sua acuta intelligenza del reale, sa: ma la certezza di non poter guarire dal proprio doloroso stato è ormai irreversibilmente acquisita “non ebbi io mai sì grande/gioia, né averla dalla vita spero”.

La catarsi salvifica, vietata al poeta, di realizzare il passaggio aduna condizione esistenziale più liberatoria, viene trasferita su un ipotetico alter ego per il quale è ancora aperto, forse, “lo spiraglio”: “Un altro/rivivrà la mia vita,/che in un travaglio estremo/di giovinezza, avrà per egli chiesto,/sperato,/d’immettere la sua dentro la vita/di tutti,/d’essere come tutti/gli appariranno gli uomini di un giorno/d’allora”. Continua a leggere