Nanni Cagnone, “Il popolo delle cose”

NANNI CAGNONE “Il popolo delle cose”  ©1998 jaca book all rights reserved published by autura first edition december printed in italy photograph on frontispiece by SANDRA HOLT

 

I

Nel grembo
di quel che non ricordo,
adunarsi d’una mente,
quante grida. È cosí
che si viene attraversati.
Si va dietro a correnti,
si sconfina. Occidente
accompagna nel guardare.
Moltitudine
non ha rassomiglianza;
frutto dell’insieme,
un vuoto errante,
insistenza-concordanza
nel mancare (fuoco
trascurato, parola
irripetibile, stoffa
senza veste, e tutto
senza seme, nell’uguale).
Esperienza del sonno,
tirannia d’ogni svanire,
come una piega liscia
– ora – per dimenticare. Continua a leggere

Nanni Cagnone, il poeta della meditazione e del silenzio

Nanni Cagnone, fonte Wikipedia

Il libro più recente che ho fra le mani di Nanni Cagnone s’intitola Tacere fra gli alberi (Coupe d’idée, Edizioni d’arte di Enrica D’Orna, 2014). E’ certamente uno degli ultimi testi pubblicati da questo eccellente e appartato poeta nato in Liguria nel 1939 che ha alle spalle una copiosa bibliografia con più di una trentina d’opere di poesia uscite in Italia e all’estero.

Su “Tacere fra gli alberi
di Antonio Devicienti

Tacere fra gli alberi di Nanni Cagnone (Coup d’Idée, Torino 2014) sembra possedere una struttura che, aperta dal titolo, viene chiusa con un icastico verso che è identico al titolo stesso, riaffermandolo: Sí, tacere fra gli alberi (p. 61); questo fatto esplicita l’idea che Cagnone ha della poesia, la quale può manifestarsi proprio in dialogo con il silenzio o, meglio, con lo scegliere il silenzio quale argine fecondo per la parola poetica, quale suo inveramento e punto d’arrivo, ma non annullamento, come si potrebbe semplicisticamente ritenere, né come ingenuo e sterile guardare alla cosiddetta ineffabilità che genererebbe il silenzio: il silenzio esiste invece come necessario polo del dire e viene espresso con un verbo (tacere) che implica un’azione e una scelta. Proprio “Il silenzio, soggetto del dire” di Discorde (La Finestra Editrice, Lavis 2015, p. 25) viene definito “un dono” a pagina 39 dello stesso volume. O si potrebbe anche affermare che la lettura, inaugurata dal titolo, porta, col suo procedere, a quell’accettazione finale, adulta e consapevole, del tacere fra gli alberi, ma promettendo, comunque, una nuova tappa futura del discorso poetico. “Guardo la foresta miniaturizzata d’un capitello corinzio, che non cresce né diminuisce. Continua a leggere