La bellezza, o almeno la possibilità di coglierla e di fruirne, ha a che fare prima che con l’universale, con il particolare. E siccome gli esseri umani sono immersi con la loro spiritualità nella materia, il dato sensibile è prioritario, almeno al primo passaggio. Come dire che non c’è bellezza che non passi per il mondo dei sensi, nel momento orizzontale, per poi elevarsi al trascendente attraverso il trascendentale nel momento verticale. O quantomeno va detto che l’uomo non può afferrare la bellezza se non attraverso il suo sistema sensoriale e nervoso, e in questo se ne connota la razionalità, nonché la cognitività della bellezza, per poi farla ascendere a dimensione del sentimento dell’anima, alla sua spiritualità. In tutta questa dinamica va da sé che tra i sensi che colgono la bellezza la fa da padrona la vista. E lo sguardo con tutta la sua fenomenologia ha molto a che fare con la realtà della bellezza, ma ha a che fare anche col concetto del bello. Infatti per la bellezza l’apprensione sensoriale è fondamentale, e in particolare è centrale lo sguardo. Siccome vediamo quello che guardiamo, ne consegue che la bellezza non può essere relegata e lasciata in balia al puro intuito e all’emotivismo, ma per coglierla è necessaria anche la ragione; c’è bisogno allora di educare lo sguardo nell’alveo del sentimento. Continua a leggere