Poetessa e traduttrice di origine tedesca, Eva Bourke ha vissuto a lungo in Irlanda e viaggiato molto. È forse per questa duplice (o molteplice) appartenenza, linguistica e geografica, che il suo occhio, inquieto e vivacissimo, sfiora ogni cosa, si sofferma, si apre ad abbracciarla, e le sue mani le danno abilmente forma di parola, sempre tesa a metà – o franta, spezzata, sgranata e ricomposta – tra la suggestione surreale e l’estrema concretezza del dato oggettivo, restituito agli occhi del lettore in immagini dai contorni nitidi e precisi come nel racconto di un bambino che dia forma alle nuvole, o alle ombre intraviste dentro il buio. La scrittura delle Bourke spazia dal verso lungo – in tono sempre lirico e teso – al verso breve, e fino alla nettezza e concisione dell’haiku, passando per prose poetiche (o poesie in prosa), in cui si avvertono le numerose distinte variazioni del vibrato della sua voce cangiante e screziata di toni mutevoli. La penna di Eva Bourke sembra voler trasformare ogni cosa, – estranea o propria, umanissima Continua a leggere
Eva Bourke, “La latitudine di Napoli”
Rispondi