1.
Non ti chiedo strette, mano,
né, gamba, un altro scatto –
non ti chiedo tempo, morte,
né a amore, tuo fratello
tuo amante tuo doppione,
chiedo comprensione –
non chiedo voli al cielo
(senza ali e senza piume
si sta meglio), no, nemmeno,
terra, a te ti chiedo
d’aprirti o farti lieve:
chiedo a Te che scruti
non visto, non vedente,
chiedo a Te, inesistente,
chiedo anzi pretendo
di darle retta quando
allora
alla fine della carne
anziché domande,
invece di preghiere,
invece del perdono
Ti darà consigli –
ascoltala, Ti prego,
la sua infanzia stipendiata
T’insegnerà che non ha età
solo quello che è divino
ma solo l’uomo non ce l’ha
quello che chiami destino.
2. LA PROMESSA DI DIVISA
“Er poliziotto o ‘r finanziere
‘r viggile der fòco o l’avvocato
anche se pure l’infermiere
è sempre mejo der malato.
Basta che prometti, a nì,
de fatte un nòme da divisa,
che non te ritrovi mai
a fatte carpestà.
Adesso che ce penzo,
fai la guardia forestale!”
*
Non dissi altro che sì, certo,
avrei indossato una divisa,
un’armatura fra le tante
che forgia Società.
*
Ma è come il ragazzino
viziato che sgambetta
sotto il tavolo se tenti
d’erigere un castello
con le carte piacentine
la vita mai domata
che ci disobbedisce –
ho provato a rispettarla
la promessa di divisa,
ma mi colse e non potei
far altro che subirla
la marea della parola
che per quanto bassa
diluvia nella gola.
3.
Avrei dato tutta la storia del pensiero,
ogni verso della storia,
per seguire fedelmente
il suo bisogno di vedermi
in divisa e sistemato,
ma tra gli spacchi della terra
(camminavo, sguardo in alto,
e dalla pianta la mia spina
dorsale del pianeta
mi richiamava all’uomo)
la vidi – giuro, vidi
l’origine del tutto:
quel niente che noi siamo
senza la parola
a illuderci la mano.