Bolesław Leśmian, una traduzione


Mrok na schodach

Mrok na schodach. Pustka w domu.
Nie pomoże nikt nikomu.
Ślady twoje śnieg zaprószył,
Żal się w śniegu zawieruszył.
Trzeba teraz w śnieg uwierzyć
I tym śniegiem się ośnieżyć —
I ocienić się tym cieniem,
I pomilczeć tym milczeniem.

Buio sulle scale

Buio sulle scale. Vuoto in casa.
Nessuno aiuterà nessuno.
La neve ha coperto le tue tracce,
Il tuo dolore era sparito nella neve.
Devi credere nella neve ora
E cancellarti con la neve –
E farti ombra di quell’ombra
E tacere con questo silenzio.

Dalla raccolta Dziejba Leśna

Traduzione di Luigia Sorrentino

Continua a leggere

Cesare Pavese, nella luce stupita

LA NOTTE E IL RICORDO

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Lo stupore di una notte remota avvolge questa poesia di Cesare Pavese. È un istante della vita, ventoso e limpido il ricordo del vago ricordare. Lo sguardo del poeta ha conservato il ricordo di una notte lontana che non sapeva che avrebbe ricordato. Perché quando viviamo un’esperienza, non sappiamo che cosa resterà in noi di quel vissuto, cosa entrerà nel nostro ricordo, non lo sappiamo mai. Ecco apparire lo stupore, la fissità dello sguardo remoto che vede. Lo sguardo remoto è sempre immobile, statico, come pietra appuntita conficcata nel petto. Il bambino guarda la notte sui colli d’estate, ammassati, senza confini. E in quella immobilità solo il frusciare nitido delle foglie, in una morte inconsapevole, desiderio di nulla. Continua a leggere

Una poesia di André Breton

Le Soleil en laisse

à Pablo Picasso

Le grand frigorifique blanc dans la nuit des temps
Qui distribue les frissons à la ville
Chante pour lui seul
Et le fond de sa chanson ressemble à la nuit
Qui fait bien ce qu’elle fait et pleure de le savoir
Une nuit où j’étais de quart sur un volcan
J’ouvris sans bruit la porte d’une cabine et me jetai aux pieds de
la lenteur
Tant je la trouvai belle et prête à m’obéir
Ce n’était qu’un rayon de la roue voilée
Au passage des morts elle s’appuyait sur moi
Jamais les vins braisés ne nous éclairèrent
Mon amie était trop loin des aurores qui font cercle autour d’une
lampe arctique
Au temps de ma millième jeunesse
J’ai charmé cette torpille qui brille
Nous regardons l’incroyable et nous y croyons malgré nous
Comme je pris un jour la femme que j’aimais
Nous rendons les lumières heureuses
Elles se piquent la cuisse devant moi
Posséder est un trèfle auquel j’ai ajouté artificiellement la
quatrième feuille
Les canicules me frôlent comme les oiseaux qui tombent
Sous l’ombre il y a une lumière et sous cette lumière il y a deux
ombres
Le fumeur met la dernière main à son travail
Il cherche l’unité de lui-même avec le paysage
Il est un des frissons du grand frigorifique

Da Clair de terre
(1923) Continua a leggere

Rocco Scotellaro, “La mia patria è dove l’erba trema”

Rocco Scotellaro, in un’immagine emblematica

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Io sono un filo d’erba / un filo d’erba che trema. / E la mia patria è dove l’erba trema/. Sono versi di Rocco Scotellaro (Tricarico, Basilicata 1923-1953) scritti nel 1949, la cui opera, di dirompente attualità, è stata recentemente pubblicata nei Nuovi Oscar Mondadori a cura di Franco Vitelli, Giulia Dell’Aquila e Sebastiano Martelli.  Un’opera che mancava da troppi anni nel panorama della poesia italiana, un libro di un grande uomo e di un poeta del sud morto a soli 30 anni. Il filo d’erba che trema è l’identificarsi di Scotellaro con il mondo dei derelitti, di coloro che vivono ai margini, confinati nelle periferie di tutte le città del mondo.

La sua voce è un grido di rivolta verso le ingiustizie, di disapprovazione nei confronti della civiltà industriale che ha condannato a morte la civiltà contadina “prima ancora di essere pronta a sostituirla completamente”, come scriveva Giorgio Bocca nel 1964.

Aver inserito l’opera di Rocco Scotellaro negli Oscar Moderni colloca definitivamente il poeta italiano nel novero dei Grandi Classici del nostro tempo.

 


AI GIOVANI COMUNISTI

Miei carissimi amici di oggi e di domani,
mi hanno detto alcuni miei amici americani
che voi siete dei cani per la Libertà.
So che sorridete a queste parole
al modo che so io, dei santi
e ve ne state zitti e lasciate finire il discorso. Continua a leggere

Il “Punto Alfa” di Luigia Sorrentino: per una lettura di “La nascita, solo la nascita”

Luigia Sorrentino /credits photo Gerardo Sorrentino

di Marco Pavoni 

Vorrei una città che accolga una sola persona e tutte le altre persone”. Così ha scritto alcuni anni fa Luigia Sorrentino nell’ambito della sua pagina Facebook, auspicando una consapevolezza problematica di se stessa e dell’umanità in generale. Perché “problematica”? Forse perché l’autrice è convinta del fatto che, per arrivare a un pieno possesso del Sé più autentico, la sua persona, e il consorzio umano, devono passare attraverso dei dolorosi stadi di purificazione: tali stadi coinvolgono l’autrice che, come gli altri esseri umani impegnati nel cammino lungo il sentiero dell’arte, ha il compito e il dovere di tradurre, in versi letterariamente degni di nota, gli effetti devastanti che la realtà molto spesso produce. Ciò, nell’ambito del libro “La nascita, solo la nascita, è reso evidente nella sezione intitolata “Le onde della terra”: il lettore si trova di fronte a un poemetto liberamente ispirato al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, che colpì la Campania e la Basilicata. Continua a leggere

Andrea Camilleri, “Lo scatto del ricordo”

Lo scrittore Andrea Camilleri durante la presentazione dello spettacolo ‘Festa di Famiglia’ al teatro India di Roma, 28 settembre 2009.
ANSA / GUIDO MONTANI

PER ANDREA CAMILLERI
(6 settembre 1925, Porto Empedocle – 17 luglio 2019, Roma)

di Luigia Sorrentino

Conobbi a Roma Andrea Camilleri nel periodo in cui era titolare della cattedra di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica nel 1991. Mi fu presentato da un’amica, Lucia Panaro, che avevo conosciuto a Milano alle prove di ammissione di “regia” al Piccolo Teatro di Giorgio Strehler. Lucia nel frattempo era entrata in Accademia e aveva studiato con Camilleri del quale era diventata amica. Me ne parlava spesso, mi diceva che voleva farmelo conoscere perché avevamo una passione in comune, la poesia. Ricordo perfettamente la mattina in cui incontrai per la prima volta Camilleri a Roma, proprio davanti l’Accademia. Entrammo in un bar per prendere un caffè, quando, all’improvviso, dopo le presentazioni, ebbe inizio fra me e lui una tenzone sui versi di Eugenio Montale: “ E dai” mi disse, “facciamo una gara e vediamo chi vince!” Continua a leggere

PoesiaEuropa, per una riflessione democratica sull’unità d’Europa

C O M U N I C A T O   S T A M P A
ISOLA POLVESE, LAGO TRASIMENO, Perugia

Dalla necessità di riflettere, soprattutto oggi, sul significato delle radici umanistiche dell’Europa, da un’idea di Maria Borio nasce PoesiaEuropa.  L’iniziativa, realizzata con i membri del Comitato Scientifico e del Comitato di Redazione di UmbròCultura, verrà lanciata il 13 luglio 2019, presso il Centro Arpa dell’Isola Polvese. 

L’evento, che pone come obiettivo primario, la riflessione democratica sull’unità dell’Europa, è sponsorizzato da Umbrò in collaborazione con il Centro ‘Cambiamento Climatico e Biodiversità in ambienti lacustri ed aree umide’ di Arpa Umbria, posto sotto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo, patrocinato dall’Università degli Studi di Perugia, dalla Provincia di Perugia, da EUNIC Rome, UPTER di Roma, Movimento Europeo Italia, Europe Direct, Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Perugia (i cui studenti hanno lavorato alle traduzioni delle poesie degli autori che parteciperanno ai reading), Ambasciata d’Irlanda, Accademia d’Ungheria, Ambasciata d’Ungheria, Centro di Studi CILBRA, Czech Literature, D. Akademie Darmstadt, Flanders Literature, Georgian National Book Centre, Goethe Institut, Goranovo Proljece, Immagini d’Irlanda in Umbria, Instituto Cervantes, Institut Français, Ireland United Nations Security Council 2021-2022, Printemps des Poètes, Pro Helvetia, RiflessiDiversi, Skudigk (Studentsko kulturno umjetničko društvo ‘Ivan Goran Kovačić’), e supportato dalle associazioni La Balena Bianca, CaLibro, Metanoia, Medium Poesia e SettePiani.

PoesiaEuropa intende portare una viva discussione sulla situazione culturale e politica europea a partire dalle voci della poesia, per riconsiderare il valore delle radici umanistiche e spirituali dell’Europa e costruire insieme visioni per il futuro. Continua a leggere

Lo spazio del sacro, lo spazio del testo

NOTE PER UNA RILETTURA di OLIMPIA

di Giuseppe Martella 

  1. Fonti

A una prima lettura, Olimpia (Interlinea, 2013)[1] appare come un diamante: un’architettura splendida e tagliente, immersa nell’azzurro intenso di un cielo mediterraneo. Una creatura di luce: donna, città e dea. Nel corso della lettura, ti rimanda poi figure cangianti in cui ti rifletti ruotandole intorno, come in un assedio senza fine. Una città ben difesa da alti bastioni, sui cui spalti appaiono visioni elusive di larve e di donne, di colossi e di chimere. Una città fuori del tempo, certo, nuova e vecchia insieme, sfuggente visione nel bianco che ti acceca. Un’architettura più che umana che custodisce gelosa i segreti di un mondo e i possibili tempi della sua storia.

Forse per questo, il poemetto ha avuto parecchie, anche lodevoli, recensioni ma a quanto ne so nessun approfondimento critico vero e proprio. Ci si è fermati insomma al miraggio della città e alla superficie del testo. Eppure, nella sua breve e perspicua introduzione, Milo de Angelis ci aveva fornito alcuni validi indizi, se non addirittura le chiavi dell’interpretazione, quando parlava di “libro orfico”, “percorso iniziatico”, “sguardo lungimirante”, “tempo assoluto”, e di quella sensazione del lettore di essere “sempre sulla soglia di una scoperta cruciale”. Questi sono tutti attributi infatti che bene si confanno alla tradizione cui appartiene quest’opera: cioè a quella linea alta, visionaria e veggente, del simbolismo europeo, tra Otto e Novecento, che sfocia poi anche nei migliori esiti del modernismo, secondo traiettorie che vanno da Baudelaire a Rimbaud, da Mallarmé a Valery, in Francia; che in Gran Bretagna, sotto l’influsso congiunto dei classici (greci, latini, rinascimentali) e dei simbolisti francesi, generano le opere memorabili (nel contempo classiche e rivoluzionarie) di Ezra Pound, T.S. Eliot e dell’ultimo Yeats; e che infine in Germania annoverano tutta una schiera di validi poeti, nel lungo arco di tempo che porta da Hölderlin a Rilke, e fino a Paul Celan.

A questa linea appartiene il poemetto di Sorrentino, piuttosto che a quella musicale ed estetizzante che, a partire da Verlaine e attraverso Swinburne in Inghilterra, conduce dritto all’estetismo, al decadentismo e a D’annunzio qui da noi. L’unico poeta italiano che si può dire appartenga a pieno titolo alla linea visionaria di cui dicevo, è a mio avviso Dino Campana. E desta davvero meraviglia che i critici non abbiano osato chiamare in causa l’autore dei Canti Orfici nella lettura di un testo che è stato definito “orfico” nella sua prefazione. Campana è infatti un nume tutelare della poesia di Olimpia molto di più di quanto non lo sia lo Hölderlin evocato in epigrafe. Mi soffermerò perciò in particolare su questo debito, non certo per diminuire il valore della poesia di Sorrentino quanto piuttosto per inquadrarla meglio nel contesto del simbolismo italiano ed europeo, al quale credo fermamente appartenga, e per renderla pertanto più accessibile e significativa. Continua a leggere

Premio Poesia Città di Fiumicino

L’Associazione Culturale “CORTE MICINA”, con l’alto patrocinio del Comune di Fiumicino, del Ministero dei Beni Culturali, della Regione Lazio e di Città Metropolitana di Roma Capitale, bandisce la 5a edizione del “Premio Poesia Città di Fiumicino.

Il Premio è riservato a libri di poesia in lingua italiana di autori viventi editi nel biennio

1 giugno 2017 – 31 luglio 2019

La sempre crescente richiesta di partecipazione di poeti al Premio è a conferma dell’alto profilo di credibilità ed autorevolezza assunto dalla manifestazione negli ambienti culturali italiani e nel mondo delle Case editrici, grazie all’eccellenza dei componenti la Giuria Tecnica (Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino, Emanuele Trevi) – nomi tra i più significativi della cultura italiana.

Il Premio si articola nelle seguenti sezioni:

  • “Premio Poesia Città di Fiumicino” – riservato a libri di Poesia in lingua italiana di autori viventi pubblicati in un periodo compreso nel biennio 1 giugno 2017 – 31 luglio 2019 (vedi art. 2 del bando);
  • “Premio Opera Prima” – riservato alle “opere prime” di autori italiani viventi pubblicate nel biennio 1 giugno 2017 – 31 luglio 2019 (vedi art. 3 del bando);
  • “Premio Poesia Inedita”volto a valorizzare giovani – di età non superiore ai 35 anni – autori di una raccolta inedita di poesia in lingua italiana (vedi art. 4 del bando);
  •  “Premio alla Traduzione”riservato ai traduttori in lingua italiana di opere di poesia di autori stranieri, viventi e non viventi (vedi art. 5 del bando);
  • “Premio alla Carriera” dedicato all’alto valore culturale della produzione poetica di un noto autore italiano (vedi art. 6 del bando);
  • “Premio Fotografa una poesia” – concorso dedicato agli amanti della fotografia capaci di rappresentare con immagini fotografiche il valore poetico di una poesia scelta (vedi art. 7 del bando).

Continua a leggere

Semplicemente Emily

Emily Dickinson nel dagherrotipo ripreso fra il 1846 e il 1847. La traduzione delle poesie è di Gabriella Sobrino. Lettura ad alta voce di Luigia Sorrentino. Musica di Johann Sebastian Bach.

 

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Da giovane, nella metà degli anni Ottanta, m’imbattei in una delle tante e mirabili traduzioni delle poesie di Emily Dickinson.  La trasposizione in italiano che maggiormente catturò la mia attenzione, fu quella di Gabriella Sobrino, poetessa, sceneggiatrice e autrice di programmi culturali per la Rai, recentemente scomparsa.
Qualche mese fa, per puro caso, mentre cercavo di mettere in funzione un vecchio mangianastri, ho riesumato alcune registrazioni  su nastro, realizzate in quegli anni, ritrovando, fra le altre cose, la mia lettura di una dozzina di poesie della Dickinson.

Ho riascoltato la lettura, ma non riuscivo proprio a ricordare qual era il libro dal quale i testi erano tratti, né il nome del traduttore o della traduttrice. Alla fine, dopo aver molto cercato, ho scoperto che il libro s’intitolava  DICKINSON Poesie, pubblicato dalla Newton Compton nel 1978 e che la traduzione era di Gabriella Sobrino.

Eppure il libro era lì. Giaceva dimenticato fra gli scaffali della mia libreria. Ma io non lo ricordavo più, né sapevo di aver segnato appunti con la matita accanto alle poesie di Emily.

Continua a leggere

Mimmo Paladino, video intervista di Luigia Sorrentino

Mimmo Paladino intervistato da Luigia Sorrentino, Paduli (BN) 11 maggio 2019

MIMMO PALADINO

«L’Arte è qualcosa che arriva in maniera casuale. E’ qualcosa che arriva da un’altra parte, ma i riferimenti non sono ideali, sono reali, fisici.»

MIMMO PALADINO

«L’opera d’arte sottolinea con delle date la propria epoca. Poi passano i secoli  e la data la si può dimenticare, perché  non potremmo guardare nella contemporaneità le opere di un artista come Caravaggio che le ha realizzate molti secoli prima.»

Mimmo Paladino e Luigia Sorrentino, nello studio dell’artista a Paduli (Bn) l’11 maggio 2019

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Per Mimmo Paladino, nato a Paduli nel 1948 ma vissuto a Napoli,  l’arte è un combattimento: un corpo a corpo con la materia da forgiare, plasmare, modellare. Fin dagli anni ’80  l’artista mette in scena e in dialogo pittura e scultura, introducendo nella superficie del quadro forme e oggetti di recupero della memoria. Le sue sculture rimandano a una statuaria primordiale assorta in una calma straniante, una metafisica ancestrale, sciamanica, arcaica, ricca di riferimenti al mito, all’immaginario archetipico.  Ecco dunque apparire frammenti di figure, mani, teste, elementi di una poetica che fonde spazi e epoche diverse, definendo un alfabeto di segni molto riconoscibili, che però non hanno un significato di senso univoco. Per Paladino l’artista dà vita a una materia informe che preesiste a lui. E’ un demiurgo, un essere dotato di capacità creatrice e generatrice, senza la quale “è impossibile che ogni cosa abbia nascimento”. Il demiurgo per eccellenza per Paladino è Don Chisciotte: “colui che vede cose che altri non vedono”.

IL MONDO DI MIMMO PALADINO
di Luigia Sorrentino
(durata 12’40”)
Paduli, 11 maggio 2019

L’INTERVISTA A MIMMO PALADINO TRASMESSA DA RAINEWS24

Continua a leggere

Fernanda Pivano e Edgar Lee Masters

Fernanda Pivano

Fernanda Pivano, nome tutelare della Beat Generation in Italia, cominciò la sua attività letteraria sotto la guida di Cesare Pavese, nel 1943, con la traduzione dell’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters. Un libro considerato scandaloso per quei tempi, che divenne, con la pubblicazione, un grande successo editoriale.

Il racconto di Fernanda Pivano a Luigia Sorrentino

“Cesare Pavese [n.d.r. professore di comparatistica della Pivano], un giorno mi lasciò in portineria alcuni libri: A Farewell to Arms di Hemingway, A Storyteller’s Story di Sherwood Anderson, The Leaves of Grass di Walth Whitman e, coperta da una carta da imballo arancione, di Edgar Lee Masters l’antologia di Spoon River. Avevo aperto il libro a caso e mi era capitata la poesia con l’epitaffio di Francis Turner. E lo tradussi così.”

Continua a leggere

Dedica, a Mahmud Darwish

Mahmud Darwish e Luigia Sorrentino (Festivaletterature, Mantova, 2005) Photo di Fawzi al-Delmi

 

Come poeta palestinese posso dire di aver fondato
una patria per i palestinesi con le parole
.”

Mahmud Darwish

(Poesia scritta da Luigia Sorrentino il 13 agosto 2008 dopo aver seguito  in televisione i funerali a Ramallah, in Cisgiordania, del poeta palestinese).

 

Le scarpe del poeta
                                    a Mahmud Darwish

 

il cerchio legato alle caviglie batte
alla forma del piede
che imprime da sé
fino all’altro
non ci sono che piedi,
camminamenti
come obbedendo

avvicinandomi
ogni volta mi hanno detto allontànati
non distendere la lingua
sullo steccato

forma ripetuta molte volte sulla muratura

ho sbagliato la pronuncia
le gambe
hanno tenuto
il nome della ferita
palpebre chiuse hanno asciugato
il fiore del mandorlo o più lontano
il movimento, nella corteccia
il feretro,
la bocca piena di terra

(Inedito. 10 agosto 2009)

Luigia Sorrentino

Continua a leggere

La poesia di Chandra Livia Candiani

Chandra Livia Candiani

Tu, prossimo o lontano, proprio tu

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

La poesia di Chandra Livia Candiani  è diretta, rapida, come una freccia. Non indugia nella traiettoria che compie per arrivare al bersaglio. La sua voce irrompe dal silenzio della stanza, una cosa viva, che colpisce con estrema precisione, al centro, penetrando uno spazio interiore e profondo che appartiene a ognuno di noi.  Ascoltando e leggendo le sue poesie si ha la sensazione che a prendere la parola sia una bambina che però ha la sapienza di una vecchia. Una bambina che ha la consapevolezza che qualcuno le ha fatto del male quando le ha rubato l’infanzia.  Eppure Chandra ha nascosto di quella età – forse in fondo a un cassetto, in un baule, in una credenza – lo stupore, la meraviglia, l’urlo della bambina. A volte c’è proprio il grido nei suoi versi, così come altre volte,  c’è una parola sussurrata all’orecchio complice di chi vuole finalmente ascoltare.

 

ESTRATTI

“Nel mondo ci sono i suoni.”
Ah sì?
E qualcosa li accoglie
e li abbandona?
Vie di mare,
perdute e abissali.
L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa così:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro.

da: La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore, Einaudi, 2014 Continua a leggere

Il ritorno di “Poesia e destino”

Un libro, POESIA E DESTINO, dopo una lunga assenza, torna nelle librerie italiane con l’assoluta voglia di esserci.

L’autore, Milo De Angelis, ripropone nel 2019 integralmente il volume stampato con Cappelli nel 1982 senza alcun ripensamento. Queste pagine,  spiega Milo De Angelis nella nota introduttiva, “da una parte possiedono qualcosa che mi è rimasto dentro [ …] e dall’altra qualcosa che ho perduto per sempre.

 

POESIA E DESTINO
Nota introduttiva di Milo De Angelis

 

Perché ristampare queste mie vecchie pagine? Perché da una parte possiedono qualcosa che mi è rimasto dentro – intatto, quasi intoccabile dal tempo – e dall’altra qualcosa che ho perduto per sempre. Molti temi di Poesia e destino sono quelli che mi scuotono ancora oggi: la tragedia, l’eroismo, l’adolescenza, il mito, il gesto atletico. Ma il tono è un altro. Il tono è furente, perentorio, imperativo, dà sempre l’impressione di un ultimatum che io pongo a me stesso e a chi mi legge. E’ come se da lì a poco dovesse scaturire una sentenza senza appello, l’ultimo grado di un processo dove si gioca la condanna o la salvezza. E questo tono guerresco circola nel sangue di una sintassi verticale, scoscesa, rapidissima, piena di strappi e impennate, la stessa di Millimetri, per intenderci, che è stato scritto nei medesimi anni. Ora non potrei nemmeno immaginare quella corsa sulle macchine volanti della parola. Me ne sono accorto trascrivendo il libro in un file per necessità editoriali. A volte ero pienamente d’accordo con me stesso, felice di essere rimasto fedele alle grandi passioni giovanili. Ma molto più spesso non capivo, letteralmente, il nesso troppo segreto tra due termini o due affermazioni. Dovevo leggere e rileggere, farmi aiutare dall’insieme della pagina. Continua a leggere

Il primo blog di poesia della Rai

William Kentridge Tevere eterno

William Kentridge, fiume Tevere  Triumphs and Laments, 20 aprile 2016 – credits Ph. Fabrizio Fantoni, ombra supplicante Luigia Sorrentino

 

L’IDENTITA’ DELLA POESIA

DI Luigia Sorrentino

 

La mia esperienza di blogger è cominciata nel settembre 2007. Intendevo creare in rete, sul sito di Rai News 24, un luogo di confine nel quale custodire, difendere e  proteggere, l’identità dei poeti e della poesia.   Volevo, insomma, determinare un luogo ove fosse riconosciuta l’identità dei reietti, sempre respinti e costretti a vagare nella solitudine e nell’isolamento. Desideravo un luogo di sguardi. Volevo depositare il seme di una presenza, mettere radici su quel confine e lasciare la traccia di volti emersi dal magma della parola, in tutta la loro verità.

Il primo blog di poesia sul sito della Rai, è diventato in breve tempo, un luogo di forza sul quale si è fermato lo sguardo di coloro che, come me, volevano stupirsi, meravigliarsi. Finalmente i volti dei poeti emergevano in tutta la loro potenza espressiva, in uno scatto autobiografico e fotografico. Grazie, devo dire, anche, alla collaborazione del fotografo e poeta, Dino Ignani, alcuni di quei volti, sono stati, via via, sempre più riconoscibili. Un grazie enorme anche a Viviana Nicodemo, attrice, regista e  fotografa straordinaria: ci ha donato scatti e intuizioni indimenticabili. Grazie a poeti come Antonella Anedda, Silvia Bre, Franco Buffoni, Nanni Cagnone, Alessandro Ceni, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mariangela Gualtieri, Valerio Magrelli, Umberto Piersanti, Davide Rondoni, Patrizia Valduga, Gian Mario Villalta, per citare solo alcuni dei più importanti poeti italiani contemporanei che ci hanno offerto i loro contributi e talvolta, anche testi inediti e anteprime editoriali. Grazie al loro prezioso contributo il blog si è accresciuto e affermato come luogo privilegiato della grande poesia italiana.

Nel 2007 lavoravo a Rai News 24 e avevo realizzato  per i programmi di approfondimento culturale interviste televisive (oltre che con i poeti italiani già citati) con alcuni dei maggiori poeti  noti a livello internazionale  fra i quali, il poeta siriano Adonis, il grande poeta francese Yves Bonnefoy, l’inglese Tony Harrison, le polacche Julia Hartwig e Ewa Lipska, i Premi Nobel Seamus Heaney, Derek Walcott e Orhan Pamuk, il Premio Pulitzer Mark Strand e il poeta candidato al Nobel, Adam Zagaiewski e molti altri.

ORHAN PAMUK

Nel settembre 2006, quindi un anno prima di iniziare l’esperienza di blogger, avevo avuto l’ occasione di incontrare a Napoli per un’intervista per RaiNews24, lo scrittore turco Orhan Pamuk pochi giorni prima che l’Accademia di Svezia gli conferisse il Premio Nobel per la Letteratura.

Orhan Pamuk, che in Italia aveva pubblicato romanzi come Il mio nome è rosso, Neve e Istanbul, mi aveva profondamente colpito perché al centro della sua opera di scrittore,  aveva messo il tema dell’identità, un argomento poco riflettuto e quasi per niente esplicitato nella letteratura contemporanea in quegli anni. Per me fu illuminante scoprire in quel preciso momento storico, che a porsi domande così importanti sulla propria individualità, su quella della propria nazione in relazione a altre culture e minoranze etniche, non fosse un poeta laureato, ma uno scrittore. La riflessione e l’osservazione dell’opera di uno scrittore nato e vissuto in Turchia che si è battuto per il riconoscimento dei dei diritti umani, dei crimini contro l’umanità, mettendoci “la faccia”, sapendo perfettamente quali erano i rischi che correva, è stata per me una lezione fondamentale. Pamuk mi ha fatto comprendere che anche la poesia e i poeti dovevano andare in quella direzione  rimettendo in discussione il proprio ruolo e la propria posizione nella storia di questi anni.

Fin da adolescente, avendo vissuto a Napoli e nella provincia, ho sempre sentito di avere qualcosa in comune con il popolo turco. Basti pensare che ancora oggi, alcune parole della lingua napoletana sono identiche a quelle turche: ad esempio,  “avash” in napoletano, in turco pronunciato “javash”,  hanno lo stesso significato: “abbassa”, “non correre”, “fermati”. E’ il “tono”, l’autorità con cui la parola viene pronunciata che fa assumere alla stessa parola diversi significati, ma il senso è lo stesso.

Ho ancora negli occhi la prima volta che vidi Istanbul. Il meraviglioso Palazzo Dolmabahçe, il primo palazzo in stile europeo di Istanbul, situato nella parte occidentale della città a ridosso del Bosforo, ex residenza di Ataturk, e poi le stradine di Sultanahmet, l’università,  il venditore di acqua, i minareti, Santa Sophia, la moschea blu, la voce del muezzin, il mercato coperto, l’odore del pesce fritto e servito sulla carta, la confusione a piazza Taksim e l’affabilità delle persone, mi avevano dato la netta sensazione di non essere poi tanto lontana da  Napoli. E tutte le volte che ero tornata lì, nel tempo, e mi ero  fermata di notte sul Bosforo a guardare il paesaggio, nel brulicare delle luci davanti a me, avevo  avvertito sulla mia pelle una certa familiarità con quel luogo. I contrasti, le contraddizioni, i sentimenti di discordia tra fratelli descritti  da Pamuk nel suo romanzo autobiografico Istanbul, li conoscevo; facevano parte anche della mia cultura e erano realtà incandescenti almeno quanto lo erano per Pamuk.

Continua a leggere

La terra degli addii

Ciro Tremolaterra

QUANDO IL POSTO SI SVUOTA

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

“Amorevolezza” ( IOD edizioni, 2017) è la raccolta di poesie che mi ha portato in dono Ciro Tremolaterra, una persona distinta, dotata di rara gentilezza. Nel libro di poesie che portava con sé c’è tutta la sua vera natura umana, l’ amorevolezza, autentico tesoro. Versi dedicati prevalentemente alla madre scomparsa. La malattia della donna però è solo il pretesto per entrare in una dimensione esistenziale che illumina la sofferenza del mondo.  Lo sguardo è sul tramonto. Si sta seduti nella terra degli addii e il vedere è silenzioso. La partenza della persona amata è negli occhi amorevoli del figlio che guarda e registra ogni piccolo segno, senza fare domande, né alcun inventario, perché non sa che cosa sta cercando lì, non sa che cosa troverà in quel posto.

 

RALLENTA

Rallenta sempre quando sei di fronte
alla rabbia, alle voci che feriscono
o finiscono in questo vento lieve
(e guarda in alto se può farti bene).
Pensa alle cose semplici e spontanee
al sole amico, continuando piano
svanisca del maltempo la paura
che ti trascina. Non stancarti invano. Continua a leggere

Qual è la funzione della poesia oggi?

Franco Fortini

FRANCO FORTINI E BERTOLT BRECHT

commento DI FABRIZIO FANTONI

Vi propongo oggi la lettura di due poesie, una di Franco Fortini e l’altra, famosissima, di Bertolt Brecht scritte a vent’anni di distanza l’una dall’altra, in due momenti storici differenti eppure, legate fra di loro, da una potente riflessione sul valore della poesia quale testimonianza.

Scrivere, dice Fortini, è necessario anche se apparentemente sembra inutile: il dibattito nella comunità è ormai sopito; oppressore e oppresso vivono l’uno accanto all’altro; addirittura, scrive, “l’odio è cortese” e non si sa più di chi sia la colpa.

Eppure, compito del poeta è vigilare e testimoniare su quello che accade dentro e fuori gli uomini, per dare loro consapevolezza, per aiutarli a comprendere dove si trovano in quel preciso momento e verso cosa stanno andando.

Fortini, avverte il lettore: “La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.” Quindi, il vero mutamento che compie la poesia, sembra dirci, è dentro l’uomo, non fuori di esso.

Invito i lettori del blog a scrivere commenti su qual è la funzione della poesia oggi.

Traducendo Brecht
Franco Fortini

Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov’erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela guardando.
Ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d’un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.

Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida niente
gli uomini e le donne
che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli del nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.

dalla raccolta Una volta per sempre, Einaudi, 1978

Bertolt Brecht

Continua a leggere

Piero Bigongiari, l’amore dentro

Piero Bigongiari

Tempesta

(da Rogo, 1952)

 

Forse è questa l’ora di non vedere
se tutto è chiaro, forse questa è l’ora
ch’è solo di sé paga, ed il tuo incanto
divaga nell’inverno della terra,
nell’inferno dei segni da capire.
Ma non farti vedere dimostrare
ancora le tue formule, è finita
l’orgia dei risultati rispondenti
alle cause. Sei sola, batti i denti
accosto ai vetri nevicati, tetri.
Divergono in un morbido riaccendersi
d’altro sangue i destini che ci unirono.
Tu li ricordi come – in queste tarde
ore che riscoccano dalla pendola –
in un fuoco di tocchi, in un orrendo
scatenarsi, dai tuoi armadi, di bambole.
La nostra vita, catturata, vedi,
mentr’era armata solo di silenzio,
come dai parafulmini ridesti
da un lampo, trova il filo da seguire
per non morire restando se stessa.

 

Pietà

(da Antimateria, 1972)

 

L’amore non fa un passo, ti è d’intorno,
tu intorno a lui, l’amore non fa un passo,
ti è dentro, ma tu sei dentro di lui
e tocchi la rugosa realtà
con mano liscia, alterna, imprevedibile.

Hai l’occhio che s’accentua del guardato
universo, ma l’universo è un occhio
che mi guarda, mi guarda e mi destina:
si fonde, vedi, questa altra mattina
in un punto perché quello io non sia,

ma tutto sia quel punto, tutto sia.
Amica delle mie notti, mia amica
e nemica, distingui, scegli il passo,
avanza del tuo occhio a mezzo, intenso
in questo intero ch’è solo metà. Continua a leggere

Non sprecare il tuo amore

Adrienne Rich

For the dead

I dreamed I called you on the telephone
to say: Be kinder to yourself
but you were sick and would not answer

The waste of my love goes on this way
trying to save you from yourself

I have always wondered about the left-over
energy, the way water goes rushing down a hill
long after the rains have stopped

or the fire you want to go to bed from
but cannot leave, burning-down but not burnt-down
the red coals more extreme, more curious
in their flashing and dying
than you wish they were
sitting long after midnight

Per i morti

Ho sognato di chiamarti al telefono
per dirti: Sii più dolce con te stesso
ma eri malato, non mi hai risposto

Lo spreco del mio amore va per la sua strada
cercando di salvarti da te stesso

Ho sempre pensato ai residui
di energia, a come l’acqua scorra giù da un colle
dopo l’arrestarsi delle piogge

o del fuoco da cui vorresti prendere commiato,
vorresti andare a letto
eppure non puoi lasciarlo,
è sempre lì, pronto a spegnersi ma non si spegne mai
i carboni sempre più vividi, sempre più strani
prima sfolgorano poi s’acquetano
più di quanto tu voglia restare
seduto lì a mezzanotte inoltrata.

Traduzione di Giovanni Ibello Continua a leggere

Amore e Tradimento

Kate Clanchy

Kate Clancky

Men

I like the simple sort, the soft white-collared ones,
smelling of wash that someone else has done,
of apples, hard new wood. I like the thin-skinned,
outdoor, crinkled kind, the athletes, big-limbed,
who stoop to hear, the moneyed men, the unironic
leisured sort who balk at jokes and have to blink,
the men with houses, kids in cars, who own
the earth and love it, know themselves at home
here, and so don’t know they’re born, or why
born is hard, but snatch life smack from the sky,
a cricket ball caught clean that fills the hand.
I put them all at sea. They peer at my dark land
as if through sun on dazzling waves, and laugh.

Franco Buffoni

Franco Buffoni

Uomini

Odorano di bucato quelli che mi piacciono
– Ma di bucati fatti da altre –
Sanno di mela e legno nuovo duro,
Portano il colletto floscio, slacciato.
E’ il genere sportivo d’ossa solide il mio,
Atleti d’aria aperta e pelle fresca
Che protendono il tronco per sentirci meglio,
Un po’ arruffati, con scarso sense of humour,
Non colgono i giochi di parole
Ma hanno i soldi le case le automobili
Coi bambini dentro,
E posseggono e amano la terra.
Lì si sentono a casa e a loro agio
Non sanno d’essere stati partoriti
Né come sia difficile far nascere
Perché colgono la vita
Come venuta giù dritta dal cielo,
Una palla da cricket presa bene
Che ti riempie la mano.
Li manderei tutti per mare, là dove
Tra onde abbaglianti di luce intravedono
La mia striscia di terra nera e ridono. Continua a leggere

Il mondo di Wisława Szymborska

Wisława Szymborska

Un incontro inatteso

Siamo molto cortesi l’uno con l’altro,
diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.

Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell’acqua.
I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.

Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.

Ci fermiamo a metà strada della frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.

La pozzanghera
Ricordo bene quella paura infantile.
Scansavo le pozzanghere,
specie quelle recenti, dopo la pioggia.
Dopotutto qualcuna poteva non avere fondo,
benché sembrasse come le altre.

Farò un passo e d’improvviso sprofonderò tutta,
comincerò a volare verso il basso
e ancora più giù verso il basso,
verso le nuvole riflesse
e forse anche oltre.

Poi la pozzanghera si asciugherà,
si chiuderà su di me,
ed eccomi rinchiusa per sempre – dove –
con un grido non arrivato in superficie.

Solo in seguito ho capito:
non tutte le brutte avventure
rientrano nelle regole del mondo
e se anche lo volessero,
non possono accadere.

(Traduzione a cura di L. Rescio)

Continua a leggere

Seamus Heaney, “Traversare l’inverno”

Seamus Heaney © Tutti i diritti riservati / photo by Luigia Sorrentino, Roma, Casa delle Letterature, 7 maggio 2013

ANTEPRIMA EDITORIALE

Dopo Janet Frame è il turno di Seamus Heaney, poeta irlandese, premio Nobel per la letteratura nel 1995. Curato e tradotto da Marco Sonzogni, in Traversare l’inverno Heaney ci consegna un’opera perfettamente riassunta dalla motivazione del Premio Nobel assegnatogli nel 1995: “un lavoro di lirica bellezza ed etica profondità che esalta i miracoli quotidiani quanto il vivente passato”.

SERENADES

The Irish nightingale
is a sedge-warbler,
a little bird with a big voice
kicking up a racket all night.

Not what you’d expect
from the musical nation.
I haven’t even heard one —
nor an owl, for that matter.

My serenades have been
the broken voice of a crow
in a draught or a dream,
the wheeze of bats

or the ack-ack
of the tramp corncrake
lost in a no man’s land
between combines and chemicals.

So fill the bottles, love,
leave them inside their cots.
And if they do wake us, well,
so would the sedge-warbler.

SERENATE

L’usignolo irlandese
è il forapaglie,
un uccellino dalla voce forte
che fa un gran chiasso tutta la notte.

Non ciò che ti aspetteresti
dalla nazione musicale.
Non l’ho neanche mai sentito —
e un gufo nemmeno, se è per quello.

Le mie serenate sono state
la voce spezzata di un corvo
in un vento leggero o in un sogno,
il sibilo dei pipistrelli

o la mitragliata
del re di quaglie vagabondo
perso in una terra di nessuno
fra trebbiatrici e sostanze chimiche.

Perciò riempi i biberon, amore,
lasciali dentro le loro culle,
e se ci svegliano, be’,
farebbe altrettanto il forasiepi. Continua a leggere

Antoine Emaz, con pochissime parole

Antoine Emaz

Dall’introduzione di Fabio Pusterla

I frammenti poetici di Emaz sono in lento movimento, proliferano l’uno dall’altro, fissandosi sulla pagina. Una costante auscultazione di profondità li suscita, li anima, li dirige: la parola, l’immagine si fissano in un primo frammento, e subito l’interrogazione di quella prima manifestazione poetica induce a continuare, trasformando e precisando: perché la parola era insufficiente, inesatta; oppure perché la parola schiudeva nuove zone del linguaggio e nuove risonanze interiori; e soprattutto perché il senso, la verità, rifiuta di lasciarsi compiutamente afferrare, e chiama al viaggio, all’indagine, all’esplorazione. Come il lichene, “il più multiforme dei vegetali” (Sbarbaro), anche le parole della poesia prolificano e si dirigono dunque verso un orizzonte, lungo un cammino appartato e intenso, che non nasconde il debito contratto con alcuni grandi maestri del Novecento (si potranno nominare Reverdy, René Char, Francis Ponge, Eugène Guillevic, André du Bouchet, Philippe Jaccottet, e altri ancora), ma sa trasformarlo in voce originale e ormai inconfondibile, facendo di Antoine Emaz uno dei rappresentanti più significativi e particolari della poesia contemporanea.

on pourrait peut-être sortir
on n’est plus très sûr de pouvoir
encore

si blanc le blanc
et le rouge si rouge

si potrebbe forse uscire
non si è più molto sicuri di potere
ancora

così bianco il bianco
e il rosso così rosso Continua a leggere

Marina Cvetaeva, “Sette Poemi” nella traduzione di Paola Ferretti

Marina Cvetaeva

LA LINGUA FEBBRILE DI MARINA CVETAEVA

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

I Sette Poemi scritti da Marina Cvetaeva fra il 1924 e il 1926 tentano di tracciare una Storia, quella di Marina, durante la prima fase dell’emigrazione. I poemi scelti, Sette su Ventuno, disegnano il mondo interiore della poetessa con una lingua febbrile, eretta, tramata da premonizioni.

OGNI PAROLA DETTA COME SE FOSSE L’ULTIMA 

Marina Cvetaeva ha descritto la poesia lirica come una linea tratteggiata, fatta di lacune bianche che mozzano il fiato, in cui manca l’aria e si mima la morte. 

Ecco che qui, l’inconfondibile voce di Marina si espande nella linea tratteggiata che va  nella direzione dell’assoluto, un assoluto costretto, fra estasi e indignazione, come respiro sincopato “coacervo di ferite“.

Continua a leggere

Addio a Alberto Toni

addio a Alberto Toni

Alberto Toni / Credits photo Dino Ignani

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

 

Si è spento a Roma dopo una breve malattia, il poeta e amico, Alberto Toni.

Domenica scorsa alle 14.58 sul suo profilo facebook era comparsa questa scritta: “Cari amici, credo che dovrò per un po’ sospendere i miei impegni letterari. Mi trovo infatti, per un problema serio, ricoverato al Policlinico Umberto I. In attesa di tempi migliori un saluto caro a tutti, scusate se non potrò rispondervi.”

C’eravamo visti e salutati con un bacio, l’ultima volta a Roma, il primo marzo, alla Casa delle Letterature, in occasione della presentazione del libro di Maurizio Cucchi, “Sindrome del distacco e tregua” (Mondadori, 2019). In quella occasione Alberto mi aveva portato il suo ultimo libro di poesie “Non c’è corpo perfetto” (Algra Editore, dicembre 2018). Avevo letto il libro tutto d’un fiato colpita dal cambio di registro della sua poetica, millimetricamente scandita da una pronuncia aspra, ampia, transitoria. Ero entrata nei frammenti di un corpo poetico senza più alcuna protezione.

da Non c’è corpo perfetto
di Alberto Toni

[…]

Una furia,
la fretta di andar via,
casa mia, casa mia,
mettere radici,
cercare le radici, la carta mancante, la calligrafia dello stupore
e la vaghezza, il respiro fino all’ultimo, la pietà è discesa,
non rendo, non colgo, soltanto mi approssimo per tentativi.

Ora il nostro compito è ricordare Alberto Toni, rileggendo la sua poesia con umanissima pietas. E pensare che lui ci parlava di “corpi da proteggere”, quelli che Alberto vedeva alla stazione, “denti su denti/crani su crani”. Continua a leggere

Parmenide, nella lettura di Cagnone

 copertina del libro

ANTEPRIMA EDITORIALE – Parmenide e la modernità –

Dopo TORNARE ALTROVE (2015), CAMMINA MARE (2016) e INGENUITAS (2017) tutti pubblicati da La Finestra editrice, Nanni Cagnone esce con lo stesso editore con PARMENIDE REMASTERED (2019).
Il libro, che vi mostriamo in anteprima, è  di difficile classificazione, come spiega lo stesso autore in una breve nota qui sotto. Pensato e ripensato alla maniera di Cagnone. Continua a leggere

L’assenza della madre nella poesia di Roberto Carifi


ESPERIENZA DELLA MADRE

commento di Luigia Sorrentino

 

Nelle poesie qui presentate Roberto Carifi mette in piedi un’esperienza estrema, senza via di fuga. Nella luce la memoria incontra l’abbandono nella notte. La madre che qui abbandona non è solo “colei che ci mise al mondo”, ma una figura più complessa, archetipica. E’ una donna che incarna la condizione  luminosa e, al tempo stesso, notturna. Pretende il legame anche nella separazione, nel giorno che si decompone.

 

DA IL GELO E LA LUCE, (2003)

Parlavo d’amore alla morte,
indossavo la notte,
un ciuffo di capelli intirizzito,
tenevo nel palmo della mano
l’occhio materno,
gelò in piena estate vestito di pietra
lo volle la notte,
la morte abitò come un’alba il suo giorno,
facevo battere un cuore
con le poche parole rimaste
e al nulla parlavo d’amore. Continua a leggere

La ville d’Olympie/La città d’Olimpia

Luigia Sorrentino / Credits photo Fabrizio Fantoni

ANTICIPAZIONE EDITORIALE

A giugno 2019 sarà pubblicato in Francia dalla casa editrice Al Manar di Alain GoriusOLYMPIA di Luigia Sorrentino, Prefazione Milo De Angelis, Postfazione Mario Benedetti, con disegni di Giulia Napoleone. Traduzione in francese di Angèle Paoli.

Proponiamo qui sotto la lettura ad alta voce di Luigia Sorrentino della sezione
IL GIARDINO tratta da Olimpia (Interlinea, prima edizione 2013, ristampa 2019), con la composizione musicale Spiegel im Spiegel, di Arvo Pärt, i testi in lingua francese con testo italiano a fronte e uno stralcio della postfazione di Mario Benedetti.

LUIGIA SORRENTINO LEGGE IL GIARDINO


POSTFACE
Continua a leggere

OmbraLuce, piccola antologia della poesia femminile contemporanea

VIVIAN LAMARQUE PRESENTA OMBRALUCE
Un’antologia di poesia al femminile

L’appuntamento con la poesia è per domenica 24 marzo 2019, alle ore 21.00, presso la Biblioteca del comune di Cassina de’ Pecchi. Ospite graditissima e madrina Vivian Lamarque, poetessa e autrice di favole.


PER CONOSCERE DODICI POTESSE CONTEMPORANEE

Si presenta una piccola antologia dal titolo OmbraLuce. Dodici voci della poesia femminile italiana contemporanea, preziosa e bella da aprire anche a caso e sfogliare, gustare, fare propria per saperne di più (o qualcosa) su questo territorio letterario dell’espressione, della sensibilità. Scritto introduttivo della poetessa e monaca buddista Giulia Niccolai. Promossa dall’assessorato alla cultura di Cassina de’ Pecchi, la pubblicazione, di 64 pagine a colori, a cura di Giovanni Bonoldi e dell’associazione milanese dipoesia, è edita da BVS – Edizioni Biblioteca Vittorio Sereni nella collana “i versi”. Continua a leggere

A Milano la grande poesia polacca

Alla Casa della Poesia di Milano (in Via Formentini 10), giovedì 14 marzo 2019 alle ore 19:30 POLONIA E POESIA, a cura di Milo De Angelis.

Un incontro con i grandi poeti polacchi del nostro tempo: Zbigniew Herbert, Adam Zagajewski e i premi Nobel Czesław Miłosz e Wisława Szymborska presentati da due giovani e appassionati studiosi, Alessandro Bellasio e Giovanni Rapazzini, con la partecipazione del Professor Luca Bernardini, docente di Letteratura Polacca all’Università degli Studi di Milano.

Voce recitante Viviana Nicodemo.

Musiche Bianca Brecce. Continua a leggere

Sylvia Plath, “Tulips/Tulipani”

Sylvia Plath


LA POESIA CONFESSIONALE

di Luigia Sorrentino

Sylvia Plath e Anne Sexton fra gli anni Cinquanta e Sessanta introducono negli Stati Uniti una poesia che venne definita dalla critica Confessional. Un genere che ha avuto poco seguito anche perché in quel periodo storico in America si andava diffondendo la poesia della beat generation, un movimento artistico e di protesta contro la società americana.

Il genere Confessional  definito anche “poesia automatica”, non poneva alcun filtro all’espressione poetica basata sull’esperienza personale e biografica.

E’ il 1961. Sylvia ha appena subito un intervento chirurgico ed è ricoverata in ospedale quando le viene recapitato nella stanza un mazzo di tulipani rossi. I fiori diventano nella poesia della Plath, l’estensione di ciò che Sylvia sta vivendo in quel preciso momento.
Il candore della stanza in cui si trova, una stanza bianca, interiore e psichica, viene turbato dalla presenza sanguigna dei tulipani che diventano il pretesto per vivere e confessare la propria condizione di alienazione. Attraverso i tulipani la Plath rivive l’esperienza drammatica della sua esistenza, sempre in bilico fra la ricerca della vita e la ricerca della morte.

Sylvia Plath scrive Tulips tre anni prima del suicidio e inserisce la poesia nella raccolta  “Ariel”.

Il volume dei Meridiani Mondadori qui presentato, raccoglie l’intera opera poetica di Sylvia Plath, con testo a fronte, secondo l’edizione definitiva dei Collected Poems curata da Ted Hughes nel 1981. Sono inoltre inclusi nel volume il romanzo autobiografico “La campana di vetro” e un’ampia selezione di racconti e di pagine tratte dai “Diari”. La raccolta, curata da Anna Ravano, contiene un’introduzione firmata da Nadia Fusini.

 

Luigia Sorrentino legge da “Ariel”, nella traduzione di Giovanni Giudici,  Tulipani, di Sylvia Plath sulle note di “The ritual” (Outro) del compositore ungherese Bèla Bartók.

(Tecnico di produzione Mattia Cusano).

Continua a leggere

Maurizio Cucchi, la potenza della lingua

Con il patrocinio di Corte Micina, Associazione Culturale –

 

I poeti dello Specchio

Presentazione a Roma, alla Casa delle Letterature, di SINDROME DEL DISTACCO E TREGUA, (Mondadori 2019),  del nuovo libro di poesie di uno dei massimi poeti contemporanei, Maurizio Cucchi.

La poesia di Maurizio Cucchi

Sindrome del distacco e tregua è un’opera essenziale, in cui convogliano tutte le tematiche della poesia di Cucchi: la ricerca dell’identità, la necessità del rapporto diretto con la quotidianità, la tematica del viaggio inteso come percorso di conoscenza,  il superamento dei generi letterari, poesia-prosa.

Il linguaggio

Chiunque conosca la poesia di Maurizio Cucchi sa quanto sia fondamentale per questo autore, l’uso della lingua. In questa raccolta, in particolare, la voce del poeta è ustionata e, al tempo stesso, fierissima e acuta. E’ una la lingua potente, che deflagra al contatto abrasivo con la materia, spietata e irriducibile, e oppone resistenza alla biografia, alla faglia interiore e perpetua della perdita.

(Luigia Sorrentino)

VEDI QUI CONVERSAZIONE CON MAURIZIO CUCCHI

Continua a leggere

In memoria di te Luigi Di Ruscio

Luigi Di Ruscio

II 23 febbraio 2011 è morto a Oslo Luigi Di Ruscio. Nato a Fermo nel 1930, Di Ruscio era emigrato in Norvegia nel 1957. Per quarant’anni aveva lavorato a Olso in una fabbrica metallurgica.

Lo ricordiamo con il libro appena uscito con Marcos Y Marcos.

Lo hanno chiamato “poeta operaio” ma la definizione è senza dubbio riduttiva. Del resto la vicenda di Luigi Di Ruscio è talmente unica che la tentazione di semplificarne la figura può essere facile e fuorviante per molti.

A gennaio 2019 Marcos y Marcos, nella collana Le Ali, diretta da Fabio Pusterla ha pubblicato le Poesie scelte (1953-2010) di Luigi Di Ruscio (1930-2011), a cura di Massimo Gezzi con la prefazione di Massimo Raffaeli. Continua a leggere

Ritratti di Poesia al Tempio di Adriano

Torna l’appuntamento annuale al Tempio di Adriano. Alla rassegna dedicata alla poesia, partecipano poeti provenienti da tutto il mondo

Oggi, 15 febbraio al Tempio di Adriano si svolge la tredicesima edizione della giornata dedicata alla poesia internazionale. Una maratona di 10 ore, dalla mattina alla sera, animata da incontri, confronti, letture, idee, versi e voci, con la partecipazione di importanti autori, italiani e stranieri, e di giovani promesse. Il tutto nel segno della poesia e del suo rapporto con le altre espressioni del genio umano (musica, scienza, medicina). In particolare, quest’anno il percorso della rassegna porta all’attenzione del pubblico alcune significative iniziative di valore culturale e sociale legate alla poesia. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, è nata nel 2006 per volontà del Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione, ed è diventata un appuntamento imperdibile per tutti coloro che amano il genere letterario poetico.

Continua a leggere

Guido Mazzoni, con “La pura superficie” vince il Premio Napoli 2018 per la sezione Poesia

I vincitori della sessantaquattresima edizione del Premio Napoli sono: per la sezione “Narrativa”, Giorgio falco, con “Ipotesi di una sconfitta”, (Einaudi); per la “Saggistica” il più votato è stato Francesco Merlo, con “Il sillabario dei malintesi”, (Marsilio); per la sezione “Poesia” si è aggiudicato il prestigioso riconoscimento Guido Mazzoni, con “La pura superficie”, (Donzelli). La serata di premiazione si è svolta al Teatro Mercadante di Napoli.

Il servizio di Luigia Sorrentino
Napoli, 18 dicembre 2018

Giulia Napoleone e la poesia

Giulia Napoleone, Rifrazioni 1, 1980

Comunicato stampa

Giulia Napoleone e la poesia
Letture dai libri d’artista

Interventi
Giuseppe Appella, Curatore della mostra
Paolo Mauri, Critico letterario
Franco Vitelli, Ordinario di letteratura italiana, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Sarà presente l’artista

Venerdì 23 novembre 2018, ore 18.00
Sala delle Colonne
Ingresso libero

Venerdì 23 novembre 2018, alle ore 18.00, nella Sala delle Colonne, in occasione dell’antologica curata da Giuseppe Appella che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea dedica a Giulia Napoleone, i poeti che l’hanno accompagnata nel corso degli anni e, tra il 1974 e il 2017, hanno firmato con lei i libri d’artista prodotti da noti editori italiani e stranieri, si alterneranno nella lettura delle loro poesie, completando, in questo modo, quanto la mostra accoglie e rende visibile.

Annelisa Alleva, Antonella Anedda, Primerio Bellomo, Marco Caporali, Maria Clelia Cardona, Francesco Dalessandro, Roberto Deidier, Paolo Febbraro, Biancamaria Frabotta, Rita Iacomino, Valerio Magrelli, Gabriella Pace, Elio Pecora, Rosa Pierno, Fabio Pusterla, Silvana Sinisi, Luigia Sorrentino, Brunello Tirozzi, Alberto Toni, Marco Vitale, Domenico Vuoto, Simone Zafferani hanno scelto “i versi che più mettono in evidenza la capacità di Giulia a raggiungere, senza mai farsi illustrazione, una nuova visione proprio attraverso la poesia che, a sua volta, non accompagna solo l’opera grafica ma ne potenzia le possibilità espressive e di comprensione, quindi il dialogo. L’una e l’altra sottolineano sempre l’importanza dell’immaginazione che, attraverso le forme, la luce, i colori fatti parola e viceversa, ferma l’incanto del silenzio, gli spazi nascosti tra un verso e un segno, un campo bianco e un brulichio di punti neri”. (Giuseppe Appella) Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia è il vincitore del Premio Poesia Città di Fiumicino 2018

Giancarlo Pontiggia, vincitore del Premio Poesia Città di Fiumicino – foto della premiazione, Fiumicino 27 ottobre 2018 –

Con “Il moto delle cose”, (Mondadori, 2017)  Giancarlo Pontiggia vince la quarta edizione del Premio Poesia Città di Fiumicino per l’opera di poesia.

Lo ha deciso la Giuria Tecnica composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino e Emanuele Trevi nel corso della serata di premiazione sabato 27 ottobre all’hotel Best Western di Fiumicino nel  corso della quale sono stati premiati tutti gli altri poeti arrivati in finale. Al secondo posto ex equo per l’opera di poesia, Corrado Benigni con “Tempo riflesso”, (Interlinea, 2018) e Lorenzo Chiuchiù con “Le parti del grido”, (Effigie, 2018).

Continua a leggere

Premio Poesia Città di Fiumicino 2018

A Fiumicino, sabato 27 ottobre, nella sala convegni dell’Hotel Best Western Rome Airport, (via Portuense, 2465) si svolgerà la serata finale del “Premio Poesia Città di Fiumicino” con le letture dei poeti, la proclamazione del vincitore per l’Opera di Poesia e le consegne dei premi. L’appuntamento è alle 18.30. Ingresso libero.

La Giuria Tecnica, composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino e Emanuele Trevi, nel corso della serata,  designerà il vincitore della quarta edizione del Premio Poesia Città di Fiumicino per l’ “OPERA DI POESIA”.

I finalisti sono:

Corrado Benigni, “Tempo riflesso”, Interlinea 2018;
Lorenzo Chiuchiù “Le parti del grido”, Effigie 2018;
Giancarlo Pontiggia, “Il moto delle cose”, Mondadori 2017.

Per la sezione “PREMIO ALLA CARRIERA”, vincitore Giuseppe Conte.

Per la sezione “PREMIO OPERA PRIMA”, vincitrice Maria Borio con “L’altro limite”, Collana gialla LietoColle, 2017.

Per la sezione “PREMIO POESIE INEDITE”, vincitore Giovanni Ibello.

Per la sezione “PREMIO TRADUZIONE”, vincitore il libro “Poesie” di René Char, tradotto da Giorgio Caproni, a cura di Elisa Donzelli, Einaudi 2018. Continua a leggere