Maddalena Lotter, “L’era degli uomini è finita”

Maddalena Lotter

Nota di Luigia Sorrentino

Leggiamo insieme cinque poesie tratte da Atlante di chi non parla dalla nuova raccolta di versi di Maddalena Lotter pubblicata con Nino Aragno Editore nel 2022.

L’Atlante del titolo rimanda al titano Atlas condannato a reggere il peso del mondo sulle spalle. Ma la figura oppressa da questa grande responsabilità, qui trova un’espressione artistica luminosa, che dà valore alla testimonianza, all’atto del testimoniare.

Maddalena Lotter con voce consapevole, a tratti sapienziale, iconica, conduce il lettore a un universo poetico che dà voce e ritmo a un teatro naturale che emerge dal silenzio.  Vi si incontrano così Storie di animali grandi estinti, ma anche le voci dei campi, i faggi, la cicala, le formiche, e il cosmo, con le sue galassie e le costellazioni.

Dare voce a chi non parla è qualcosa che riguarda molto da vicino i poeti e la poesia e fa piacere constatare che questa necessità ritorna con una nuova linfa vitale, rigeneratrice, nelle nuove generazioni di poeti.

 

dichiarazioni spontanee

I.

Prendo coscienza troppo presto
ancora imbrigliato nelle pareti molli.
sento di conoscere lo sbadiglio
e sbadigliando ho rotto tutto

ora
c’è un prima e c’è un dopo

si sono aperte le galassie
diluite in costellazioni
atmosfere
d’albe viola, rocce e gas

mi trovo in una solitudine immensa

 

II.

scrivo perché il primo valore
è la testimonianza

ma non so dire con esattezza quello che vedo,
se qualcuno leggerà
sappia che anche la mia è una traduzione
non è questo quello che ho visto.
quello che ho visto prima di parlare
non viene centrato da nessun linguaggio.

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Francesco Accattoli, “La Mar”

Francesco Accattoli / ph. Vito Panico

da: Natanti

L’odore è piantato nel freddo.
Sulla balza del porto
si asciugano le strade, le case bianche.
I gatti dietro i vetri, nessuno
per strada, fuorché il mare.
A volte il dolore della febbre
sale, a volte il nulla arriva
come pioggia, è un nulla
vegetale, verde, vivo,
vicino al molo nel pieno del nord.

Il mare si crepa d’angustia,
non vale lo sforzo di ricucirlo.
Le maglie hanno ceduto.

***

D’inverno i granchi dormono
tra gli scogli, per le ossa è un inferno.
Scendo, a volto scoperto,

nel nord che ci fa il mare grande.
Lo guardo farsi trama, ascolto
i cambi d’intonazione. Le parole

hanno il passo delle maree.
D’improvviso il silenzio sul bianco,
come un tappeto d’organza.

***

A fine corsa, due nuvole
di storni, plasmate da un levante
che mischia le onde e le deforma.

Crepe di creta nella falesia.
L’inverno a guardare il cielo.

***

A meno che non si dica di andare
lì dove si raccolgono i vènti,
chiedere in ginocchio che si calmi
il suono che percuote le porte, che trattiene
il passo sulla terra fermo e gravi
il peso del pianeta;

a me prende il male di parlare
a meno di un miglio dalla costa.
Laggiù sono stati lampi tutta la notte,
di qua luci a mala pena, mogli
piccole case. Io sto di guardia,
che non ci fuggano dalle reti.

***

Si svegliava e prima del caffè cercava il mare con lo sguardo. Era un rito tutto umano, lo faceva prima ancora di parlare. Il mare era stato con lui nel letto, le reti si erano mosse durante la notte, la febbre della terra lo coglieva al primo sonno. E si trovava a camminare sull’asfalto, salire nel cemento, fino al terrazzato, sentire duro sotto i piedi e sbattere di porte in una bora ingrata. Tirava calci avvolto nella tela, tendeva le gambe, cercava la sentina, il fondo sudicio di cherosene. Con entrambe le mani lo sentiva sdraiarsi sulla chiglia, compiere l’amplesso della mareggiata. Sudavano le persiane un cigolio di pescatori, schiumava il tanfo della notte sulla terraferma.

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Maddalena Lotter, “accarezzare i margini fino alla fine”

Maddalena Lotter a Pordenonelegge 2019, alla presentazione del XIV Quaderno di poesia italiana contemporanea a cura di Franco Buffoni, Marcos y Marcos, 2019 /credits ph Giulia Modi

Verticale

In che trofeo finisce tutta la forza
spesa per contenersi, non deragliare
soggetto normale.

Poco prima del sonno
se batto piano
la cassa
toracica comincia
una musica preistorica
di tamburi, ossa e polmoni
e più, più in fondo
anche se non siamo mai andati
sospettiamo
esserci ancora io.

Dire: ho domato
i suoi canini scintillanti nel buio
e solo ora vivo
come un premio la mia incessante compagnia.
Così dormo. Non mi porta via
più niente da qui, dal faro fermo
della mente. Continua a leggere

Concorso “Ritratti di Poesia.140”

Anche quest’anno “Ritratti di Poesia”, manifestazione ideata, promossa e organizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo in collaborazione con InventaEventi S.r.l. – divenuta ormai nella Capitale un appuntamento culturale tradizionale ed imprescindibile, per gli addetti ai lavori, per le scuole e per gli amanti del genere – propone nuovamente il concorso “RITRATTI DI POESIA.140”, che nelle quattro precedenti edizioni ha riscosso molto successo.
Il concorso, a partecipazione gratuita, vuole essere un incontro tra la poesia e il registro espressivo immediato e sintetico dei social, in particolare la modalità di comunicazione richiesta da Twitter.
Al concorso si partecipa inviando un testo poetico inedito di 140 caratteri al massimo (spazi compresi) all’indirizzo di posta elettronica ritratti.140@libero.it.
Anche per la quinta edizione è prevista, oltre alla sezione dei testi in lingua italiana (prima sezione), la sezione dedicata ai cittadini delle altre nazioni europee (seconda sezione), che potranno inviare i testi nella loro lingua accompagnandoli però con la traduzione in lingua inglese.

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“Verso Libero” 2017

Il fuoco accende la IV edizione del Festival poetico ‘verso Libero’.

La rassegna, che si terrà a Fondi il 30 settembre e 1 ottobre 2017, offre uno sguardo sull’opera di de Libero e sulla poesia tra musica, teatro e arte.

Saper vedere, mettere a fuoco. Una città è stata messa a ferr’e fuoco. A fuoco una vittima, la parola, la vita. Brucia qualche cosa dentro. Arde la brace delle nostre azioni, la passione accende i nostri passi. La metafora del fuoco è onnipresente nell’opera di Libero de Libero «e di cenere odora / la stanza chiusa del cuore». La fiamma della poesia è sempre accesa nell’opera che resiste al tempo. Esistere è non smettere di divampare. Continua a leggere

Noemi De Lisi, “La stanza vuota”

NOEMI DE LISI

di Maddalena Lotter

Il libro d’esordio di Noemi De Lisi, uscito nel 2016 per Ladolfi con il titolo “La stanza vuota” e finalista al Premio Carducci 2017, è un’opera sinistra, che ci pone di fronte alla stortura che giace tranquilla, e poi inquieta appena arriva alla sua saturazione, in ogni dinamica famigliare (considerato che ogni dinamica famigliare sviluppa nel tempo una dinamica nevrotica); “La stanza vuota” ci riconduce in ogni momento a quel vissuto perturbante che abita nella quotidianità di ogni relazione con l’altro e con il sé; Das Unheimliche nella terminologia freudiana. Chiamo in causa Freud giusto perché è impossibile non riconoscere che la raccolta di De Lisi è intrisa di riferimenti voluti o inconsapevoli ad alcuni topoi della psicanalisi. Basterebbe già dire che le tre sezioni che compongono il libro si intitolano: Io e mia madre, Io e Anna, Noi: una dialettica morbosa che si risolve in un Noi finale non propriamente felice e tantomeno risolutivo. “La stanza vuota” è infatti una storia assolutamente non lineare, quanto piuttosto circolare, concentrica, e che procede per saturazione: ogni lirica sembra montare su se stessa fino a un punto di sfinimento per poi sgonfiarsi. Vengono in mente alcune pagine della musica di Béla Bartók, una per tutte “Musica per archi, percussioni e celesta” (1936) , che non a caso viene definita dalla critica una musica dell’incubo o musica della notte; con questo lavoro, infatti, Bartók indagò le possibilità ‘kafkiane’ del linguaggio musicale, ideando una macchina dell’incubo perfetta (l’orchestra) che, per dipingere l’evento onirico, si riempie fino a un apice di saturazione cromatica di disperazione, in cui tutti gli strumenti – compresa l’inquietantissima celesta – partecipano forsennatamente, e piano piano poi si svuota fino a far risuonare nell’aria pochissime note, come in un’uscita dal sogno. Continua a leggere

Maddalena Lotter

maddalena_lotter2Un ricordo d’infanzia

Abbiamo costruito una casa nella sabbia
e poi l’abbiamo calpestata.
Sulle macerie il capo supremo
decise che era ora di andare
a caccia di meduse, per essiccarle al sole.
Il più piccolo fu costretto
a toccare un tentacolo. Ci piaceva fare
e disfare; non vorrei eccedere
ma eravamo spietati.
Ad ogni buon conto, negli anni
nessuno è rimasto impunito. Continua a leggere

I tre finalisti del Premio Giosuè Carducci 2016

cascard(Nella foto, la casa natale di Giosuè Carducci a Pietrasanta).

Daniele Gorret con “Quaranta citazioni per Anselmo Secòs” (Editore LietoColle), Maddalena Lotter con “Verticale” (Editore LietoColle) e Vivian Lamarque con “Madre d’Inverno” (Mondadori) sono i tre finalisti della sessantesima edizione del Premio nazionale Giosuè Carducci di poesia.

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Bruno Galluccio, “La misura dello zero”

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di Maddalena Lotter

«Amare la verità significa sopportare il vuoto; e quindi accettare la morte.
La verità sta dalla parte della morte.»
(Simone Weil, L’ombra e la grazia)

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A un anno dalla sua pubblicazione, mi imbatto felicemente in La misura dello zero (Einaudi, 2015) di Bruno Galluccio. Dico felicemente perché, se molto spesso nella poesia che viene scritta oggi il lettore è obbligato a contemplare le miserie e le difficoltà dell’interiorità umana, la scrittura di Galluccio invece lo invita ad uscire da se stesso, ad alzare lo sguardo verso l’alto e a confrontarsi con la presenza del mondo; un mondo che è dato nella sua interezza, un universo, una accettazione, una speranza, il cielo insomma, un cielo di cui oggi molti poeti sembrano avere paura, e infatti raramente ne parlano nei loro versi, sempre più introspettivi, personali, arrovellati sull’esistenza in quanto faccenda solo umana e talvolta prepotentemente autobiografica. Continua a leggere

La poesia al Salone del libro di Torino

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Nella foto Il bosco verticale di Milano, immagine simbolo del Salone del Libro 2016

Il titolo del Salone 2016 è “Visioni”. Il filo conduttore vuole dare spazio alle esperienze di chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembrano impossibili, di lavorare per il futuro attuando progetti forti, basati su una conoscenza vera, ma anche sul patrimonio letterario, artistico e filosofico che costituisce la nostra identità culturale, e dunque nell’indispensabile saldatura tra cultura scientifica e cultura umanistica. Continua a leggere

Maddalena Lotter & Paul Celan

Paul-CelanLa vostra voce
a cura di Luigia Sorrentino
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Corona, di Paul Celan: l’amore per rivivere una morte

di Maddalena Lotter

Celan scrive Corona nel 1948, probabilmente a Parigi. Questa lirica concentra dentro di sé la risposta a un conflitto secolare della letteratura, che è quello fra Eros e Thànatos, a cui qualsiasi poeta, prima o poi, è chiamato ad assistere. L’amore nascituro è sempre legato a una morte precedente.

Corona conclama la forza viva dell’amore che vince la morte e il ricordo della strage. Solo l’amore può sostituirsi all’abominio che è stata la guerra, un abominio che ha portato con sé due tragedie: quella dei morti e quella dei sopravvissuti, come Paul Celan è stato. La struttura dialogica insita nella poesia di Celan si rivela dunque sotto due profili: il primo, un dialogo di tenerezza fra il poeta e l’amata (la scrittrice Ingeborg Bachmann), e il secondo, un confronto turbato dell’Io con se stesso, costretto a fare i conti con il suo passato.

Solo attraverso l’amore il poeta trova la forza di dare voce all’orrore che è stato, e dargli tempo, dargli spazio perché esso non vada perduto nella colpa imperdonabile della dimenticanza. E’ tempo che si sappia. E’ tempo che la pietra accetti di fiorire.

 

 

La traduzione della poesia “Corona” di Paul Celan letta da Maddalena Lotter è di Giuseppe Bevilacqua. La musica è di Gustav Mahler. Continua a leggere

Un bestiario, di Mariagiorgia Ulbar

ulbar_libridi Maddalena Lotter

Nella sua opera per bambini “Pierino e il lupo” (Petja i volk, 1936), il compositore russo Sergej Prokofiev sceglie di affidare ad ogni strumento musicale il ruolo di uno dei personaggi della storia. Il suono allusivo del clarinetto è il gatto, la leggerezza del flauto è l’uccellino, i tre corni francesi sono il lupo, e così via. Questo perché è più semplice, nel caso di Prokofiev, per un pubblico di bambini, far comprendere il messaggio artistico attraverso la personificazione/animalizzazione della musica in figure già note agli ascoltatori per alcune caratteristiche: il gatto è sornione, l’uccellino è vivace, il lupo è forte.
Nell’universo letterario medievale, i bestiari erano testi che contenevano descrizioni di animali reali o immaginari accompagnate spesso da alcune considerazioni simboliche, moralizzanti e religiose. E’ facile comprendere come già allora la catalogazione delle bestie fungesse da descrizione e spiegazione dei caratteri umani. Continua a leggere

Maddalena Lotter, “Verticale”

maddalena_lotterSegnalo l’uscita dell’opera prima di Maddalena LotterVerticale” (nella Collana gialla di pordenonelegge.it (LietoColle, 2015, euro 13,00).

Maddalena Lotter è nata nel 1990 a Venezia, dove vive. E’ diplomata in flauto traverso al Conservatorio di Venezia e si è laureata in Lettere Antiche all’Università Ca’ Foscari. Continua a leggere