Dopo il successo ottenuto nel maggio del 2012 al teatro Quirino/Vittorio Gassman di Roma nell’ambito del Festival Autogestito (dove a fine spettacolo il pubblico ha tributato una standing ovation allo spettacolo) torna a Roma al Teatro Brancaccino (14, 15 e 16 novembre 2014) “I miei occhi cambieranno”, la pièce tratta da “Certo che mi arrabbio”, della scrittrice/attrice messinese Celeste Brancato, dramma che racconta la straziante malattia che ha portato l’autrice stessa alla morte nel 2009.
Il lavoro della compagnia “If Prana” di Matteo Romoli (in collaborazione per queste nuove repliche romane con Viola Produzioni), con protagonista Federica De Cola e con la regia di Giampiero Cicciò (che con Giusi Venuti ha curato anche la drammaturgia), racconta il percorso di una giovane donna colpita da un tumore del seno.
Lo spettacolo stupisce per un’impronta di imprevedibile comicità. Infatti, nel suo testo, graffiante e delicato insieme, Celeste Brancato descrive con sorprendente ironia il percorso di chi, attraverso il dolore del corpo, tenta con fatica di rintracciare il proprio dolore spirituale: è un’esortazione alla trasformazione, un urlo di ribellione lanciato da chi non vuole essere ridotto a mero “caso clinico” e che tenta, con caparbietà, di mostrare che il dolore può anche trasformarci, perfezionarci. Continua a leggere
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Raffaele Viviani, io Massimo Ranieri
Appuntamento
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“E’ passato oltre un secolo dalla nascita del Varietà come genere e, nella più assoluta imprevedibilità, quasi all’insaputa sua e nostra, è diventato nel volgere degli anni, passando anche accanto alle grandi Avanguardie del Novecento europeo (Futurismo compreso), un fenomeno culturale autonomo per originalità di idee, stimolanti confronti e provocazioni, commistioni di linguaggi (segnatamente di prosa e musica) che hanno talvolta cambiato la fisionomia del teatro in Europa – si legge nelle note di regia di Maurizio Scaparro – Se potessimo accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti del “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità di una storia ancora incompiuta, il risultato del nostro lavoro di palcoscenico, delle nostre “prove”, potrebbe essere certo utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al “divertimento”. Continua a leggere