Maurizio Cucchi, la potenza della lingua

Con il patrocinio di Corte Micina, Associazione Culturale –

 

I poeti dello Specchio

Presentazione a Roma, alla Casa delle Letterature, di SINDROME DEL DISTACCO E TREGUA, (Mondadori 2019),  del nuovo libro di poesie di uno dei massimi poeti contemporanei, Maurizio Cucchi.

La poesia di Maurizio Cucchi

Sindrome del distacco e tregua è un’opera essenziale, in cui convogliano tutte le tematiche della poesia di Cucchi: la ricerca dell’identità, la necessità del rapporto diretto con la quotidianità, la tematica del viaggio inteso come percorso di conoscenza,  il superamento dei generi letterari, poesia-prosa.

Il linguaggio

Chiunque conosca la poesia di Maurizio Cucchi sa quanto sia fondamentale per questo autore, l’uso della lingua. In questa raccolta, in particolare, la voce del poeta è ustionata e, al tempo stesso, fierissima e acuta. E’ una la lingua potente, che deflagra al contatto abrasivo con la materia, spietata e irriducibile, e oppone resistenza alla biografia, alla faglia interiore e perpetua della perdita.

(Luigia Sorrentino)

VEDI QUI CONVERSAZIONE CON MAURIZIO CUCCHI

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L’energia della parola

La solitudine dei reietti

di Fabrizio Fantoni

Con Il comune salario Fabrizio Bernini ci consegna un’opera compatta, densa e vibrante che si caratterizza, sin dai primi componimenti, per il forte legame con l’esperienza, con la concretezza dei dati della quotidianità che l’autore indaga con sguardo acuto, capace di cogliere ciò che si cela dietro le molteplici sfaccettature del reale.

È una ricognizione del presente quella che svolge il poeta – moderno flaneur- nei suoi vagabondaggi per le strade della città, in cui osserva il mondo intorno a lui concentrando l’attenzione su dettagli di un reale apparentemente inerti o indifferenti che, nel testo, vengono sottratti all’opacità grazie ad un dettato poetico nelle cui pieghe si cela un sempre più teso interrogarsi metafisico.

Seguendo queste coordinate, l’autore struttura il libro con una solida architettura incentrata sulle figure di tre personaggi di invenzione: il figlio del padrone, il disoccupato e lo studente attivo nel sociale.

Per ognuno di essi ricostruisce le dinamiche e i rituali di vita coagulandoli in un susseguirsi di rapidi componimenti che evocano aspetti di un “comune ambiente umano e storico”.

Queste esistenze si fanno ritratto del mondo e dell’esistenza dell’uomo contemporaneo, intorpidita sotto la coltre di un assordante ed inutile chiacchiericcio in cui tutto, Il dolore e la bellezza, il sentimento e la passione, il silenzio e la riflessione divengono pulviscolo nell’apatia di una vita che si trascina nei giorni. Continua a leggere

Wolfango Testoni, “In un mutare o nel nulla”

Wolfango Testoni

Tra le rocce ed i crinali
si stende una pietra più ordinata.
L’acqua nella pozze è un allegretto
di maree. Su e giù.
Le cose che si gonfiano. Qualcuno,
a piedi nudi, ci ricasca.

***

L’estiva esplosione dei corpi, la camicia
leggera, gli occhiali e i gomiti nudi
feriti dall’erba.
Passava un rosario di ciclisti in salita.
Agganciati al manubrio gonfiavano sangue
e respiro e
lunga si apriva la luce svuotata di pioggia.
Una tardiva schiarita spezzava le piante. Continua a leggere

Maurizio Cucchi, “Sindrome del distacco e tregua”

Maurizio Cucchi, per gentile concessione dell’autore

Sono qui, vicino al ponticello delle sirenette
e guardo curioso il laghetto nel parco. Eccomi
così tornato alle notizie della materia più impalpabile
che ospita e alimenta un pullulare sparso
che rassomiglia a noi, microrganismi
senza volto sociali.

Da Sindrome del distacco e tregua, di Maurizio Cucchi, Mondadori 2019

 

Dalla quarta di copertina  

Accanto all’affabilità e alla pastosità porosa del mondo com’è, si accentua in questa nuova raccolta di Maurizio Cucchi un predicato di frugalità: abito mentale dell’io, ma soprattutto medium per umanizzare la realtà. Sindrome del distacco e tregua si suddivide in otto parti, prive di trama lineare, ove conta «l’insistere virtuale sulla scena / la rapsodia sparsa e sempre minuziosa / delle circostanze». Emblema di poetica implicita, tale sigla rimanda a una compattezza intonativa e di sguardo che si avvale – più che in passato – di modalità davvero sperimentali di scrittura e d’espressione: alla polifonia e drammaturgia metrico-prosodiche di cui Cucchi è maestro si aggiungono qui stacchi in prosa tutti funzionali, oltre a due fotografie pienamente empatiche a un libro magnifico, struggente, necessario. Cronotopo è l’atlante (fisico e interiore), che permette di trascorrere dall’ucraina Pryp’jat’ (a tre Km da Černobyl’) a una Nizza amata e frequentata e alla natìa Milano, messa in emblema dalla centralità del Cenacolo di Leonardo fino ai margini delle sue banlieue, ripercorse attraverso la memoria di un libro in prosa per Cucchi fondamentale come La traversata di Milano (2007): omaggio ai mèntori della sua formazione , Sereni e Raboni. Il tempo di Sindrome del distacco e tregua è invece quello vertiginoso che salda insieme le epoche, dalla preistoria al Quattro e Seicento, fino ai brucianti fotogrammi del presente. Così può librarsi, questo Cucchi ispiratissimo, nella meraviglia aperta di una frugale quotidianità anonima.

Alberto Bertoni

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Fabrizio Bernini, “Il comune salario”

Fabrizio Bernini

ESTRATTI 

Luca, 22 anni, disoccupato, vive in periferia. magro, barba arricciata, zigomi forti, porta sempre scarpe da ginnastica.

Sono proprio davanti. C’è quasi un conato
nell’aria, un coro che ingombra il silenzio.
E i fischietti, gli striscioni, le bandiere diafane
che si incerano nei denti. Sento gridare.
Un compagno mi parla dei figli e di una moglie
senza pace. Vorrei ascoltarlo. Ma ho ancora
la notte nelle tasche, tutto il resto nel resto
della birra.
Mi incastro più dietro, dove un volto a metà
tira sassi a un’insegna.

***

Anche oggi affondo in una casa limata
nel midollo. Il gioco sembra muto.
Il mio amico sbuffa
e si butta sopra il letto. Suo padre si ferma sulla porta.
Poi mi guarda. E’ un occhio soffocato, cariato
nella posa. Sembra un pesce con le mani.

***

Non è un verbo. Eppure ti resta incastrato
sul labbro. Ti ascolto ripescare un cuore estinto,
scantonato. Allora mi sfibbio oltre la ringhiera
della tua croce e penso che sono anni quelli
che rincagnano sul mio, di cuore.
Poi resto lì. Il tuo sorriso sull’hamburger.
Forse, sguscio in verticale. Forse anche il tempo
ha qualcosa di sghembo
infilato tra i denti e non vuole assaggiarlo.
In fondo, quello che mi scaccia
è la scaltrezza di un dolore. E non paura.

***

Entro in fretta. Sullo schermo esplodono
piazze monumenti, colori epilettici.
La pubblicità è già un viaggio o meglio
l’immagine incalcinata sul pensiero.
Londra, Amsterdam, Barcellona…
Purché sia lontano, lontanissimo
da questo immoto cimitero
senza ali.

***

Tutto appare nell’apparenza senza apparire mai.
Non solo i circuiti, connetto anche
il tempo, la sua indisponenza
attraverso le mie dita.
Affogo, sempre più composto e ordinato.
Ultimo e in silenzio.

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Marco Marangoni, “La passione degli anni”

Marco Marangoni

E’ una sera d’estate e guarda come guido,
le curve che volto e la campagna e dopo
il mare
però è da qui… mi dico
che uno eredita i sogni
e le ansie
– noi siamo i tanti che corrono,
e per la pietà avuta
avremo la giusta misura
del valore

ad ognuno la sua storia, che sola dà la morte, e dà a noi una gloria Continua a leggere

Matthias Ferrino, “La sottrazione”

Matthias Ferrino

La figura umana ha buchi neri
nella faccia e candeline sulla torta
tombale… e fatica attorno alle ossa
per un solo giorno di caldo e sudore.
Grande Madre della notte – silenzio
di tarlo adesso – uno spazzolino sfrega contro
il tondo giallo della luna – aprici all’istante,
alla via per il sorriso del mare. Deponi tutto
questo: la miseria, il sangue, noi… nella schiuma
dell’onda che riparte e ritorna, nell’amore
che lava la riva delle nostre gracili sorti. Continua a leggere

Marina Corona, “Un destino innocente”

FUOCHI DELICATI

Ho un canto annodato
un fiorimento stretto
in un angolo del petto per te
se tu lo slacci
se nastro dopo nastro
lo lasci volare
mentre gli alberi guardano altrove
e su di noi cerchiamo note, tracce
arabeschi e fuochi delicati
confidando nelle labbra Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia è il vincitore del Premio Poesia Città di Fiumicino 2018

Giancarlo Pontiggia, vincitore del Premio Poesia Città di Fiumicino – foto della premiazione, Fiumicino 27 ottobre 2018 –

Con “Il moto delle cose”, (Mondadori, 2017)  Giancarlo Pontiggia vince la quarta edizione del Premio Poesia Città di Fiumicino per l’opera di poesia.

Lo ha deciso la Giuria Tecnica composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino e Emanuele Trevi nel corso della serata di premiazione sabato 27 ottobre all’hotel Best Western di Fiumicino nel  corso della quale sono stati premiati tutti gli altri poeti arrivati in finale. Al secondo posto ex equo per l’opera di poesia, Corrado Benigni con “Tempo riflesso”, (Interlinea, 2018) e Lorenzo Chiuchiù con “Le parti del grido”, (Effigie, 2018).

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Mary Barbara Tolusso, “Disturbi del desiderio”

Mary Barbara Tolusso

ANIMALIA

I

La tua testa esce un quarto dal quadro.
Non è una panoramica, non simile a un cerchio
e non cammina sulla luna che porta

via tutto anzitempo. Intorno
a me niente che possa testimoniare
la sua importanza, né un fiore, né una parola
e qualunque cosa io dica è un copione
che non conosco. Nessuna eredità da guadagnare,
frammenti, trucioli, qualche lettera, un anello
che io possa averlo. Ciò che mi è saltato
tra gli occhi emette solo una lunga quiete.
Non so neppure dove ha mai lasciato i baffi
e quante volte è uscita di senno. A casa il giorno
non tornava ché a casa torna sempre
il prigioniero. Entrava dall’ozio
dell’aria, da un foro nella mano o per un’improvvisa
debolezza di un vaso. Continua a leggere

Maurizio Brusa, una vita scalza

Maurizio Brusa

di Maurizio Cucchi

Io lo ricordo ancora da ragazzo, con quella sua aria timida e acuta, tremante e viva, che a dispetto di tutto e di una sofferenza intima e profonda che lo ha sempre accompagnato, ha continuato a essere la più nitida e rara evidenza del suo essere, del suo carattere. Uomo sensibilissimo e poeta raffinato, nei temi e nella scrittura, Maurizio Brusa ha sempre coltivato la letteratura non come un’ancora di salvezza, ma come una prova di verità, e di una verità, quella della sua esistenza, dove il dolore, purtroppo, ha sempre prevalso. Ma tra le sue virtù c’era anche, nella piena consapevolezza della più oscura sofferenza, la nobiltà d’animo del silenzio e del distacco solitario, della discrezione nemica dell’enfasi e di ogni banale forma di retorica autoesibizione. La sua, come dice il titolo del libro che abbiamo da poco pubblicato, è stata una vita scalza, dunque asciutta, ruvida e senza orpelli o infingimenti. E così è stata la sua opera, la sua poesia, che è tutto ciò che ci rimane, e non è certo poco, ed è qualcosa da raccogliere nella sua completezza, e su cui ritornare. Con il rimpianto, si capisce, per la troppo prematura scomparsa dell’uomo, tanto amabile e intenso nella sua tenera, affabile e trasparente innocenza.

Da La vita scalza, di Maurizio Brusa, (La Collana Stampa, 2017)

Su questo angolo di strada
non si dimentica
chi porta esilio.
Per lo spicchio d’osso che ti piega
(le unghie troppo curate)
la passeggiata che finiva
al mercatino di bigiotti e ambra. Continua a leggere

Vivian Lamarque, Premio Internazionale Cetonaverde Poesia

Vivian Lamarque / Credits ph. Dino Ignani

Vivian Lamarque, con “Madre d’inverno” (Mondadori, Milano 2016), vince Il Premio Internazionale della VII edizione del Premio Cetonaverde Poesia, uno tra i massimi appuntamenti della cultura in Italia, che si celebrerà a Cetona venerdì 13 e sabato 14 luglio.

Il Premio ha le sue radici nella volontà filantropica della fondatrice Mariella Cerutti Marocco e di suo marito Antonio Maria Marocco per dare ai giovani poeti spazio e notorietà nell’espressione artistica. L’iniziativa è sostenuta dalla “Fondazione Antonio Maria e Mariella Marocco per la tutela del libro manoscritto e stampato” nata a Torino nel 1998. All’organizzazione del Premio, sponsorizzato dal Gruppo Atlantia, aderiscono personalità del mondo della cultura, dell’economia e del giornalismo.

Il Premio Cetonaverde Poesia, del quale è presidente d’onore Guido Ceronetti, si articola in due sezioni: il Premio Internazionale e il Premio Poesia Giovani. Continua a leggere

I vincitori del Premio Mauro Maconi 2018


La giuria del Premio “Mauro Maconi”, composta dal Presidente, Maurizio Cucchi, Giuliana Nuvoli, Giorgio Prestinoni, Mario Santagostini, Giovanni Tesio e Valeria Poggi,  ha votato all’unanimità il vincitore della Sez.A- Premio per l’opera poetica in lingua italiana edita nel periodo intercorrente tra il 1 gennaio 2017 e il 30 aprile 2018 che risulta essere:

Giancarlo Pontiggia – “Il moto delle cose”, Mondadori 2017.

La stessa giuria del Premio “Mauro Maconi”, ha votato all’unanimità il vincitore della Sez.B “Premio Giovani” che risulta essere:

Maria Borio per la raccolta “L’altro limite”, Lieto Colle/Pordenonelegge 2017

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Incontro internazionale al Centro di poesia contemporanea di Bologna

OVEN poesia festival 2018
1998-2018: Vent’anni del Centro di poesia contemporanea

6 | 7 | 8 giugno 2018

Il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna organizza un festival di poesia con lo scopo di donare alla città un momento di alta concentrazione culturale e un polo geografico per poeti italiani e internazionali.

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VII Edizione del Premio Cetonaverde Poesia il 13 e 14 luglio

C O M U N I C A T O  S  T A M P A

Interessanti novità per la VII edizione del Premio Cetonaverde Poesia, uno tra i massimi appuntamenti della cultura in Italia, che si celebrerà a Cetona venerdì 13 e sabato 14 luglio.

Il Premio ha le sue radici nella volontà filantropica della fondatrice Mariella Cerutti Marocco e di suo marito Antonio Maria Marocco per dare ai giovani poeti spazio e notorietà nell’espressione artistica. L’iniziativa è sostenuta dalla “Fondazione Antonio Maria e Mariella Marocco per la tutela del libro manoscritto e stampato” nata a Torino nel 1998.

Il Premio Cetonaverde Poesia, del quale è presidente d’onore Guido Ceronetti, si articola in due sezioni: il Premio Poesia Giovani e il Premio Internazionale.

Al Premio Poesia Giovani – Certame, possono concorrere autori italiani (nati dopo il 1° gennaio 1983), che abbiano già pubblicato poesie e che non siano risultati vincitori delle precedenti edizioni. I finalisti dovranno svolgere in versi un tema assegnato dalla giuria la sera di venerdì 13 luglio e avranno solo 24 ore di tempo per comporlo. Per la prima volta, il vincitore sarà votato e proclamato direttamente dal pubblico nella serata di sabato 14 luglio. Quest’anno, otto saranno i giovani protagonisti che, in ottemperanza dello spirito del Premio fondato nel 2005 e sviluppato dal poeta Maurizio Cucchi, si confronteranno in versi su un tema assegnato dalla giuria. Continua a leggere

VII Edizione del Premio Cetonaverde Poesia il 13 e 14 luglio 2018

Mariella Cerutti Marocco

Interessanti novità per la VII edizione del Premio Cetonaverde Poesia, uno tra i massimi appuntamenti della cultura in Italia, che si celebrerà a Cetona venerdì 13 e sabato 14 luglio.

Il Premio ha le sue radici nella volontà filantropica della fondatrice Mariella Cerutti Marocco e di suo marito Antonio Maria Marocco per dare ai giovani poeti spazio e notorietà nell’espressione artistica. L’iniziativa è sostenuta dalla “Fondazione Antonio Maria e Mariella Marocco per la tutela del libro manoscritto e stampato” nata a Torino nel 1998.

Il Premio Cetonaverde Poesia, del quale è presidente d’onore Guido Ceronetti, si articola in due sezioni: il Premio Poesia Giovani e il Premio Internazionale.

Al Premio Poesia Giovani – Certame, possono concorrere autori italiani (nati dopo il 1° gennaio 1983), che abbiano già pubblicato poesie e che non siano risultati vincitori delle precedenti edizioni. I finalisti dovranno svolgere in versi un tema assegnato dalla giuria la sera di venerdì 13 luglio e avranno solo 24 ore di tempo per comporlo. Per la prima volta, il vincitore sarà votato e proclamato direttamente dal pubblico nella serata di sabato 14 luglio. Quest’anno, otto saranno i giovani protagonisti che, in ottemperanza dello spirito del Premio fondato nel 2005 e sviluppato dal poeta Maurizio Cucchi, si confronteranno in versi su un tema assegnato dalla giuria.

Il Premio Internazionale, l’altra sezione dell’evento, è dedicato a un poeta italiano o straniero, i cui lavori sono pubblicati in Italia tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2017. La terna dei finalisti vede Maria Grazia Calandrone, con “Il bene morale” (Crocetti, Milano 2017), Vivian Lamarque, con “Madre d’inverno” (Mondadori, Milano 2016) e Francesco Scarabicchi con “Il prato Bianco” (Einaudi, Torino 2017).

Maurizio Cucchi

La giuria, è formata da Maurizio Cucchi (Presidente), Mariella Cerutti Marocco, Arnaldo Colasanti, Giuseppe Conte, Milo De Angelis, Giorgio Ficara, Terry Marocco e Alberto Pellegatta. Nuovo il Comitato Promotore, composto da Mariella Cerutti Marocco, Terry Marocco, Maurizio Cucchi, Gian Arturo Ferrari. Continua a leggere

Giancarlo Majorino, “La gioia di vivere”

La forza reattiva, incessante, del pensiero poetico si manifesta, in questa strana e in qualche modo grandiosa Gioia di vivere, in un procedere per violenti scossoni e sterzate, che sono prova di una inquieta energia attiva.
Un’energia debordante che in Giancarlo Majorino si rinnova a ogni uscita, in una sorta di perenne giovinezza che ci coinvolge sulla pagina, che ci chiama a una partecipazione morale, che non ci dà tregua, nella sua capacità di profonda lettura critica del reale e del nostro tempo, come è rarissimo che avvenga in poesia. Un reale, quello su cui Majorino incalza, che va dalle vissute tensioni quotidiane alla vicenda di una società civile sempre più in bilico tra profusione di eccessi e vacuità totale. Ma l’atteggiamento del poeta è decisamente aperto al possibile, fiducioso nella positiva tensione irrinunciabile dell’arte, della poesia, tanto da fargli affermare: «scrivendo mi sento ogni volta portato in salvo». E certo non si tratta di una salvezza-rifugio, bensì di una fedeltà inattaccabile alle fasi di una personale avventura intellettuale, condotta sempre con fierezza e nobiltà d’animo. E in uno stile, come in questo nuovo capitolo, frenetico e franto, violento e trasgressivo, spigoloso e aggressivo, che nulla concede ma che mai si risparmia, nella generosa verità vitale del suo porsi. Continua a leggere

I 90 anni di Giancarlo Majorino


Il 7 aprile 2018 in occasione del novantesimo compleanno di un grande maestro della poesia contemporanea, Giancarlo Majorino, il Piccolo Teatro di Milano organizza un incontro con il pubblico al Chiostro Nina Vinchi.

Un pomeriggio di poesia al Chiostro Nina Vinchi dedicato a un grande poeta, milanese, classe 1928. L’incontro, introdotto da Maurizio Cucchi, vede la partecipazione, con il festeggiato, di Vivian Lamarque, Fabrizio Bernini, Angelo Lumelli, Tiziano Rossi, Mario Santagostini.

Letture di Viviana Nicodemo e Paolo Bessegato.

Intermezzo musicale di Umberto Faini.

 

Biancamaria Frabotta, l’equilibrio del linguaggio


Oggi, 20 marzo 2018, esce nelle librerie italiane la raccolta “Tutte le poesie”, 1971-2017 di Biancamaria Frabotta (Mondadori, 2018). Le poesie accompagnate dal commento nel risvolto di Maurizio Cucchi, raccolgono in unico volume il percorso poetico di una delle poetesse più durature e rilevanti della poesia contemporanea. “Una vicenda poetica, quella di Biancamaria Frabotta, che – come scrive Cucchi – si muove, sempre in pieno equilibrio di linguaggio e toni, alla ricerca, anche, della meraviglia semplice, nella felice perlustrazione, sempre più fitta, dell’apparentemente minimo o marginale.”

da La testa leggera

Mio marito ha un cuore generoso
come quel Dio che dona il primo verso.
La notte a sé non tira le coperte
sul petto non mi pungono i suoi peli
e al risveglio vorrebbe unirsi al coro
anonimo che sole e fame assillano.
Mio marito diffida delle ore scure
e al suo cospetto io mi vergogno.
E anche di vergognarmi mi vergogno.
Mio marito diffida delle cose oscure.
Così, per amor suo, io cambierò stile
e per lui terrò in serbo cose chiare.

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Premio Biennale Cetonaverde 2018

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I territori estremi di Giancarlo Pontiggia

di Marco Marangoni

Mai come in questo libro (Il moto delle cose, Mondadori, 2017), Giancarlo Pontiggia si è inoltrato nella “perlustrazione” dei territori estremi a cui la poesia può dare accesso. Nelle precedenti raccolte abbiamo incontrato, ora un rito di invocazione della parola «remota» («Nomi e nati / io pongo i vostri confini qui, / lungo il corso dell’intero anno, / fin dove con suoni vi avrò chiamati», Con parole remote, Guanda, 1998), ora il momento in cui – col sopraggiungere dell’inquietante (Unheimliche) nei boschi della vita – la forza dei versi pareva capace di accompagnare la mente e illuminarla-screziarla con dolenti epifanie o «malinconici trofei»: «Il riflesso della luna / sulle rive algose di Poros, i cippi, / delle strade di Smirne, che contasti, / la notte, nello specchietto retrovisore, / la stirpe fuggente dei sogni / che il bimbo, avido, inseguiva, dove // siete?» (Bosco del tempo, Guanda, 2005).

Ora l’incontro si fa con il termine ultimo, l’abisso o l’origine. Si tende ad un incendio, a una deflagrazione: «fino all’estremo / conflagare di tutte // le cose» (p. 41). Ed è come se la parola avesse atteso destinalmente il poeta in una stazione in cui l’abbandono non è quello introduttivo alle muse, alla sapienza, alla tradizione. L’abbandono qui si volge all’estrema potenzialità della mitopoiesi. Al poeta non basta più invocare la voce, e farsi guidare da essa, seguirne l’indicazione. L’ascolto di sensi-suoni ora si combina con un senso dell’orizzonte finito che segna ogni esperienza possibile, e anzi proprio su quel limite di maturazione del vissuto, l’io lirico si aggetta dove “non sa”, eppure dove il linguaggio l’attende. C’è questo clima misto nell’ultimo libro, in cui tanto troviamo la fiducia nella forza nascente, quanto la pronunciata persuasione che la conoscenza del «moto delle cose» (lucreziano moto: alid ex alio reficit natura) si faccia in noi strada attraverso l’esperienza della caducità: «E t’immoti, nel tuo ultimo qui / come nel primo» (p. 31).

Proprio il seguire con lucidità e “passione” il franare di ogni umana/mondana cosa, sembra dunque portare (ecco l’enigma della bellezza) all’estremo della sua conquista, e della sua verità: la «cosa» pare, al limite tra l’essere che le è proprio e il suo annientamento (risonanza di un certo Sanguineti? con la sua ambigua e fertile Palus putredinis? E Pontiggia scrive: «il tempo della vita s’impaluda in anse / che non conosci», p. 111). Ne viene una poesia della fine e del cominciamento incessante, esprimibile con un dire orientato dalle matrici del desiderio e del “possibile”: «il concime / della vita, la sua pasta / opaca, nera, che lievita, lievita / dal fondo delle cose / che furono, dal niente / che ritorna /, dalla sua ombra / più lucente, / e si riveste / di un nuovo, fulgido / se stesso // niente che germina dal niente / stesso che genera se stesso» (pp. 65-66). Marco Vitale ha scritto di una «inclinazione alla catabasi»: quasi che venisse orchestrato «un basso continuo, lungo l’intera raccolta, risuonante di “s’infima, s’indedala, s’incavedia, s’invasa…”» («Cenobio», IV, ottobre-dicembre 2017). Ma questa catabasi, non si potrà davvero cogliere nella sua dinamica se non si riconosce in essa il suo intrinseco (empedocleo) contrappeso, di anabasi. E così il motivo semantico dell’intus, richiamato nel lessico di questo libro (indedala, incavedia, invasa ecc.), pare orientarsi da un lato verso una situazione-limite dell’io e del mondo, dall’altro verso un “principio di individuazione” e una rivisitazione dell’interior intimo meo («sentimento agostiniano»: cfr. Francesco Filia, in «Poetarum Silva», 9 ottobre 2017); un passaggio topico di tutto questo si ha, per esempio, nei versi: «vedi / ciò che sei, in te, dentro di te, ma non in te, in altro» (p. 125). Si ha l’impressione che il poeta ci conduca, con uno scavo, in un’intimità ontologica e linguistica, che tanto ci in-abissa quanto ci solleva al moto generante le cose. Tipico del linguaggio poetico, per Pontiggia, è infatti rendere «il senso tumultuoso, vitale, metamorfico e contraddittorio, della vita, così come si rivela, fin dal principio, al bimbo che si apre alle correnti ondose del mondo» («Gradiva», 53, Spring 2018). Tra l’altro questo assunto di una materia-mondo-lingua, così magmatica e vitalmente contradditoria, è quanto l’autore stesso afferma di incontrare nella pratica laboratoriale del suo scrivere: «ogni volta che [Il moto delle cose] mi pareva finito, qualcosa si ribellava al disegno che mi pareva di avere intravisto, e lo metteva in discussione. Mi ci sono insomma voluti dodici anni per giungere a una forma che mi convincesse» («QuiLibri», 44, novembre-dicembre 2017). Continua a leggere

Olimpia, il ventre sacro del mito

Luigia Sorrentino ph. GIanni Rollin

di Bianca Sorrentino

Alcuni luoghi custodiscono in sé un senso del sacro che li eleva dalla loro natura terrena: non fa eccezione la città di Olimpia, che, per via del nome etimologicamente legato al monte sede degli dèi, non poté mai essere disgiunta dal suo ruolo di centro di culto, tanto che nell’immaginario collettivo essa continua a essere pervasa da un’aura di spiritualità profondissima, nella grazia delle sue rovine. La traccia di questo mistero attraversa le pagine di Olimpia, il poema con il quale Luigia Sorrentino si fa soglia e accoglie verità che arrivano da un tempo altro, dal tempo prima dei giorni.
Così, da una Grecia che incessantemente sprigiona la sua forza antica e nello stupore rivela la sua contemporaneità, questi versi cristallini proiettano il lettore su un sentiero che, da un antro oscuro, conduce al bagliore che inonda chi riesce ad approdare a un nuovo orizzonte: viaggio che è dunque iniziazione e, insieme, serena accettazione dell’insolubilità di certi interrogativi che, tormentando furiosamente l’uomo, finiscono per ancorarlo alla sua dimensione mortale. Una sensibilità viscerale – che è simbolo del Femminile – permette a Luigia Sorrentino di accarezzare le eterne questioni dell’umano; ma è la sua qualità di autrice che le consente di trascendere i temi su un piano più alto, nella ricerca di una lingua raffinata, inattuale, che al contempo risuoni nella sua naturalezza: le parole di Olimpia – donna e città, bianca e altissima – non ammettono repliche, sono figlie della poesia irrevocabile dei tragici greci, che come nessun altro seppero dar voce al mito.

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Roberto Mussapi

di Maurizio Cucchi

In questi nuovi testi di Mussapi vediamo la forza di un progetto felicemente realizzato: quello di portare sulla scena la parola poetica, senza diminuirne l’energia espressiva. Compito difficile, che ha affrontato con successo e in modo coerente con la sua idea di poesia. Qui lo vediamo portare in scena figure appartenenti a culture, letterature, mitologie diverse, in un fluire narrativo che investe il lettore come potrebbe coinvolgere un pubblico teatrale. Personaggi che appartengono al mondo greco e alla tragedia shakespeariana, come al tardo medioevo francese del grande François Villon, cantore maledetto. Componimenti di ampio respiro e liriche più concentrate, epoche e luoghi svariati, protagonisti a tutto tondo, storie archetipiche dell’umana avventura. Continua a leggere

Baldo Meo, “Conservazione della specie”

Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi

Baldo Meo è un poeta colto e sensibile, che ha già avuto esiti interessanti, forse non ancora valutati come avrebbero meritato. Questo si deve anche alla sua nobile discrezione, alla sua volontà di esserci senza autopromuoversi per apparire. Questa discrezione dell’uomo è anche nei suoi testi, nel suo stile di scrittura, così lontano dalla ricerca di effetti speciali e così saggiamente ancorato a un’idea di poesia che possa essere forza onesta del pensiero nel cuore di una parola pacata e il più possibile corrispondente alla verità personale e poetica dell’autore. Continua a leggere

L’amore domestico

Gaia Danese

Gaia Danese (Roma, 1971) ha pubblicato la raccolta di poesie Le estremità fragili / Las extremidades frágiles (Cordova, Ed. Cosmopoética, 2007, traduzione di Juan Carlos Reche, prefazione di Maurizio Cucchi). Ha pubblicato poesie nelle riviste Espacio/Espaço Escrito e Lo Specchio. Nel 2003 ha messo in scena l’opera di teatro-danza Tanghedia d’Amore. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma e Phd in Relazioni Internazionali dell’ Institut d’Études Politiques di Parigi (Science Po), dal 2000 è diplomatica di carriera. Ha lavorato presso l’Ambasciata d’Italia a Lisbona e, come Console, in Uruguay. Attualmente è Consigliere per la stampa e la cultura presso l’Ambasciata d’Italia a Madrid. L’amore domestico / El amor doméstico è la sua ultima raccolta, pubblicata da LietoColle & Pordenonelegge nel 2016. Continua a leggere

Maurizio Cucchi e Milo De Angelis

Venerdì 17 novembre 2017 ore 18 Maurizio Cucchi ha presentato “In noi giungerà l’universo – La poesia di Milo De Angelis. E’ questo il terzo incontro del ciclo REALTÀ DELLA POESIA OGGI.  Continua a leggere

Giovanni Ingino, “Il marchio del tempo”

Giovanni Ingino

 

di Maurizio Cucchi

Il punto di partenza di Giovanni Ingino – qui al suo primo libro – , la sua iniziale idea di poesia, parrebbe risiedere in una normale rivisitazione della lirica, come genere primario, come cifra essenziale allo scrivere versi, anche quando il testo si muova poi in altre direzioni. Ma questo punto di partenza, pur nella sua mai del tutto esclusa presenza, non è che un modo per prendere slancio, per aprirsi, per muovere su altre e più libere e prosastiche direzioni stilistiche. Lo si vede persino dall’impostazione grafica delle sue poesie, quando l’ampiezza del verso, e dunque la maggiore larghezza del respiro, prende il sopravvento. Intendiamoci: non si tratta affatto di due momenti di diverso valore espressivo, ma di due linee di tendenza che in questo Marchio del tempo sanno coesistere senza difficoltà, senza contraddizione. Continua a leggere

Maurizio Cucchi

LA MADONNA DEL TOMBINO

Su fondo rosso smangiato, in rue
de la Providence, antica, o forse solo
in rue Saint-Hospice. Un volto di donna,
un malinconico volto d’incanto, assorto,
gli occhi rivolti al basso, al vicolo
che va, intenta non so a quale
delicato gesto quotidiano … Il braccio,
il polso, la mano allungata, il bianco
del velo madonnale, il panneggio…

Ma quando poi torno a cercarla,
io non la trovo più. Niente.
Come un sogno dissolta,
come mai esistita, e nemmeno, di lei,
una minima impronta. La pioggia,
forse, o la sorte comune del bello
venuto dal basso, da povere mani
sapienti e ormai sciolto, scivolato,
inutile acqua lì sotto nel tombino. Continua a leggere

I poeti dopo il Duemila

Venerdì 10 novembre 2017 alle ore 18:30 al Laboratorio Formentini per l’editoria & Spazio Poesia (Via Formentini 10, Milano) Maurizio Cucchi presenta l’antologia Velocità della Visione, Poeti dopo il Duemila, a cura di Marco Corsi e Alberto Pellegatta, (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2017). Continua a leggere

Premio Poesia città di Fiumicino 2017

I finalisti e i vincitori del Premio Poesia Città di Fiumicino 2017

Incisione del 500, di Sebastian Munster, raffigurazione dei porti di Roma nella zona della moderna Fiumicino, quello di Traiano e quello di Claudio.

La Giuria Tecnica del “Premio Poesia Città di Fiumicino” – composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino, Emanuele Trevi – ha selezionato  i tre finalisti della sezione “Opera di poesia” e i vincitori delle sezioni “Premio alla carriera”, “Premio opera prima” e “Premio poesia inedita” che partecipano alla terza edizione del premio.

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Giancarlo Pontiggia, “Il moto delle cose”

Giancarlo Pontiggia / Credits ph. Dino Ignani

Dalla quarta di copertina

È una poesia di pensiero, quella di Giancarlo Pontiggia, alimentata peraltro, sempre, da un’immaginazione fervida eppure controllata, frutto di una sapienza felicemente in equilibrio con un estro inquieto, nel corpo di una scrittura che è testimonianza di un esercizio della mente, di un percorso che passo dopo passo viene a tessere i momenti di un’avventura dell’esistere. E dunque di una vicenda, quanto mai articolata e insistita tra lo «stridìo rigoglioso delle cose» e «l’unghia del tempo». Un tempo «che non consola», nella sua «linea infinita», quella che ci precede e seguirà, quando il nostro ansioso esserci cadrà, come è suo destino, nel vuoto. Continua a leggere