Dal 24 al 27 giugno 2010 si è tenuta a Duino (Trieste) e nella Regione Friuli Venezia Giulia la XI edizione di “Residenze estive, Incontri residenziali di poesia e scrittura” a cura dell’Associazione e rivista Almanacco del Ramo d’Oro in collaborazione con il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico e Il Ramo d’Oro Editore.
Il Festival di poesia e Laboratorio culturale attraversa varie espressioni e contaminazioni artistiche. Un progetto che comprende visioni e prospettive diverse tra loro, ne coglie gli aspetti specifici e crea occasioni di confronto e scambio attraverso rapporti formali e informali, con poeti, scrittori e artisti di diverse tendenze , attraverso letture, seminari, video, esposizioni, performances.
Caratteristica del progetto è la residenzialità “aperta” degli ospiti che soggiornano a Duino (Trieste) nella Foresteria del Castello (Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico) e incontrano il pubblico e gli appassionati di letteratura in diverse occasioni e luoghi, condividendo molti momenti e spazi della vita quotidiana. Il progetto punta sulla riappropriazione di un tempo più disteso, nel quale l’incontro con l’autore non avviene solo nel momento pubblico e già organizzato dello spettacolo. Le letture pubbliche si svolgono in diversi luoghi della Regione Friuli Venezia Giulia e in Istria (Montona-Montovun-Croazia).
“Residenze Estive”, la sfida di Gabriella Musetti
E’ difficile parlare di qualcosa che hai fatto con amore, con dedizione, quasi un figlio che nasce ogni anno dalle viscere di un profondo amore. Questo è per me Residenze Estive: ogni anno una sfida, una scelta di programma, un combattimento con l’incomprensione di chi dovrebbe comprendere. Sono stata insegnante per sei anni al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino, comandata dal Ministero della Pubblica Istruzione, ho vissuto con passione questa immersione in un contesto internazionale, con studenti di altissima qualità, provenienti da oltre sessanta Paesi del mondo. Ho imparato da loro, ho scambiato con loro il mio sapere. Mi è rimasta l’utopia pregnante del progetto, la voglia di conoscere gli altri con attenzione, la sfida che non trova limiti. Da quando sono uscita dal Collegio ho il privilegio di poter contare sulle sue strutture per far incontrare poeti e scrittori, nazionali e internazionali, per alcuni giorni in questi magnifici luoghi, carichi di cultura e di storia. Ogni anno è una sfida diversa, ogni anno è una esperienza diversa perché le combinazioni alchemiche della situazione si creano e si vivono nella dimensione che le contiene. L’idea che sorregge tutta la costruzione è quella di far incontrare per alcuni giorni persone che si occupano di poesia e letteratura in modo informale, vivendo insieme in un Collegio per studenti, condividendo le operazioni della vita quotidiana nella massima libertà e calore. Ci sono, certamente, le letture pubbliche degli autori e delle autrici in varie parti della regione e anche in Croazia e Slovenia, data la vicinanza dei territori, e la relazione con diverse associazioni culturali, istituzioni e comunità linguistiche che negli anni hanno consolidato un rapporto con la manifestazione, come la Comunità degli Italiani d’Istria (Croazia), l’EDIT, Casa Editrice degli Italiani di Fiume (Croazia), la Manifestazione itinerante Acque di Acqua che lega poeti provenienti dalla macro regione Alpe Adria (Italia, Slovenia, Austria, Croazia). Quest’anno è stato interessante attraversare la cultura degli Italiani d’Istria nella Comunità di Montona, dove ci siamo recati il giorno 27 giugno, come negli anni passati a Rovigno, e a Grisignana d’Istria, senza contare Tomaj e Sezana, in Slovenia, luoghi del poeta Kosovel, che abbiamo conosciuto nelle sue dimore e scritture. Come è stato bello leggere poesia sul sentiero Rilke di Duino, attraversare con letture poetiche realtà particolari come l’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste, o Casarsa della Delizia, negli spazi speciali di affetto e di linguaggio materno di Pasolini. La parte più significativa delle Residenze, tuttavia, è proprio nell’incontro delle persone invitate e ospiti, in quelle sezioni informali che sono i “caffé e libri sul prato” dove si parla a ruota libera di progetti in fieri, dove si propongono letture ancora in progress, dove ci si sbilancia in un confronto alla pari tra chi è presente, sia esso ospite o pubblico convenuto. Questo aspetto che consente un rapporto discreto, informale, spontaneo e nello stesso tempo organizzato, che si può protrarre a pranzo, o facendo una passeggiata sulla costiera a picco sul mare, o assaggiando un frutto o prendendo un caffé insieme ad altri, consente spazi di conversazione non rubati all’efficienza perfomativa degli eventi, e rappresenta il succo di questa esperienza, a mezza strada tra una residenza di scrittura vera e propria e un festival tradizionale. Quest’anno la manifestazione ha festeggiato il suo undicesimo anno: non so dire quali esperienze siano state più significative in questi anni trascorsi, ogni anno rappresenta una caratteristica a sé, con i suoi bagliori e le sue specificità. Posso dire che ogni anno è una scoperta nuova, un modello che si rinnova completamente anche se l’impronta è la medesima, tanto è vero che numerose autrici e autori ripropongono la propria presenza, da affezionati, nel rinnovamento generale delle presenze.
Juan Octavio Prenz
Radici
Parliamo una lingua che qualcuno ci ha portato
da tempo e da un luogo lontano.
Forse ci ricordiamo appena il colore delle labbra
e la voce del donatore o invasore.
Il mondo è pieno di portatori di lingue
come riconoscerli?
Pervertiti da ideologie e storie
trasformiamo in doni gli oggetti imposti,
li modifichiamo con garbo
(per salvare qualche antica colpa?)
per avere anche noi il diritto
di essere
donatori.
da: Antologia poetica, Hammerle Editori, Opicina (Trieste) 2006
Sui passi di Rilke
di Enzo Santese
Il Festival Residenze estive è una proposta culturale che si presenta come un caleidoscopio di moduli espressivi e di umori caratteriali (ben evidenti nelle opere dei partecipanti), aggregati per l’occasione in un complesso che, nell’eterogeneità degli invitati e nella qualità delle “voci” impegnate, esibisce il tratto di un evento importante per questa zona centrale d’Europa, eppure ancor poco considerato (a torto!) dalle istituzioni in rapporto alle potenzialità di confronto e approfondimento di cui è capace.
Sui passi di Rilke si consuma un rito ogni anno sempre diverso (si è svolta quest’anno l’XI edizione), che ha proprio nell’assenza di ripetitività il suo slancio di seduzione e di novità: persone che nella scrittura trasfondono la propria tensione di conoscenza e di comunicazione con se stessi e con gli altri, uscendo dalla referenzialità, che è la “turris eburnea” in cui spesso si genera il rischio di un atteggiamento solipsistico. Ecco, con l’auspicio forte e intenso di Gabriella Musetti – che delle lettere conosce le potenzialità di gioie e sofferenze, frequentandole con un costante approccio al fatto creativo e a quello critico – nella foresteria del Castello di Duino, solitamente sede di un’internazionalità scritta nella vocazione del luogo e della sua collocazione geografica, si struttura una temporanea coesione di stili, forme espressive, tensioni intellettuali e lungo il sentiero Rilke, nel concerto di falesie emergenti dal suolo del sentiero, nei piazzali che consentono di provare la vertigine dello strapiombo, intellettuali molto differenti tra loro hanno percorso l’incanto della coesione in un coro variegato di umori e di pensieri.
L’occasione, come poche in regione, ha uno spessore culturale leggibile non solo nelle presenze, ma negli approfondimenti effettivi che si realizzano nei giorni di svolgimento; le più varie calibrature (formative, professionali e umane) entrano in un circuito dove le frequenze intellettuali, emotive e sentimentali talora si attestano a un livello di corposa efficacia nella persistenza del ricordo, che se ne mantiene anche dopo la conclusione della kermesse.
L’apertura del festival con la “passeggiata collettiva” sul sentiero Rilke ha mostrato ampiamente come la poesia e la letteratura in genere (quella che sfugge alla logica della ricerca spasmodica di effetti “a tutti i costi” sull’uditorio), quando escono dai luoghi deputati a contenerne ufficialmente le risonanze, riesce a intercettare l’attenzione di un pubblico eterogeneo. Lo ha dimostrato anche la curiosità dei turisti che sul medesimo sentiero si sono ritrovati sulla “rotta” di poeti e scrittori, impegnati a leggere alcuni personali pensieri affidati all’armonia della poesia oppure alle cadenze della prosa.
Più di tutto i volti, le voci, le parole
di Nicoletta Buonapace
Più di tutto i volti, le voci, le parole.
Più di tutto la luce che cade sui corpi, che illumina gli occhi, che rivela e insieme confonde.
Poesia di parola e di gesti, di espressioni improvvise e misteriose, di nuovo stupore.
Più di tutto il sogno d’un sentiero a picco sul mare, illuminato da una luna che sorge, rossa, nella notte. Più di tutto, uno stupore di bambini.
L’emozione di parole che si sollevano sulla strada, coraggiose e che attraversano il rumore, insinuandosi tra i piedi e le teste.
E il risuonare d’un canto antico.
Strade di memoria amata: Rilke, Joice, Svevo.
Trieste magica e bianca, che vedevo per la prima volta.
Un mare così profondo e blu da immaginare subito altro mare, altre terre, altre lingue, come confini da attraversare più che da segnare, da ascoltare più che possedere: vivere e costruire la pace.
Ricordo mille suoni di-versi tra le rose.
Ricordo occhi liquidi e chiari, una saggezza timida.
Ricordo la fragilità dentro la forza, il coraggio e il pudore e il sorriso, moneta rara in questo tempo di voci gridate, senza pudore, violente.
Ricordo voci e parole e corpi di donne.
Un’intelligenza del mondo che si fa tenerezza, ribellione, coscienza lucida.
Una parola che ho sentito incarnata sempre, nel segno dell’originalità, la conquista mai gratuita d’una parola che ha trovato per sé libertà e che si è data esistenza nel mondo.
Il senso del limite, della parzialità cui ci consegna il corpo, così preziosa per poter incontrarsi nell’autenticità, di là dalla prepotenza e dalla bugia dell’universalità.
Più di tutto i volti, le voci, le parole.
Più di tutto, l’intervallo del silenzio all’ombra degli ippocastani.
Più di tutto il misterioso incontrarsi, la tessitura leggera di pensieri, di risate, di strada percorsa insieme che rimane come una specie di filo d’aquilone lieve e leggero tra noi e che scompare, tra le nuvole, per un altrove dove c’incontreremo forse ancora, le parole che ancora nasceranno.
Più di tutto, l’amore per la parola che vuol dire, oggi, per me, ancora, amore del mondo.
Marco Marangoni
Ad un presente aperto, ad un risveglio
guardi, pensi e affidi il giorno,
uno ti senti
col vicino
che non conosci, ma ti è dentro
com’ogni cosa è mondo, inesausto
desiderio. Pioggia, sole
ti seminano un raccolto,
ti fanno serio…
chi lavora a un sorriso, chi ad un sogno
Da: Per quale avventura Raffaelli Editore, 2007
Poesia con gli altri, poesia negli altri
di Monica Pavani
Più cerco di star vicino alla poesia e più mi rendo conto che è una strana bestia: se la si legge, o la si scrive, è inevitabile sentire la mancanza di qualcuno lì a fianco, che ascolta, o che a sua volta legge. E a volte, in mezzo a tante persone, o a tanto parlare, si sente la mancanza di quel silenzio assoluto, di quella solitudine che si riempie senza le parole.
Le Residenze estive hanno il grande pregio di consentire entrambi questi momenti, che vengono ugualmente rispettati. Il maggiore equilibrio, e la maggiore intensità, io li sento durante le letture: quando ognuno offre quello che ha, si denuda fin dove può e dove vuole, con umiltà e con coraggio. È un momento impagabile, ciascuno prende possesso di un frammento di tempo, prova a riempirlo di qualcosa che sia condivisibile, con serietà o con ironia, con acume o innocenza poco importa. Importa il mettersi a nudo. Ed essere pronti ad accettarlo dagli altri, con felicità e grandissima festa: la poesia è libertà. È una porta sempre aperta a patto che si sia leali con sé e con gli altri. Se non è questo a cosa ci serve?
Quello che – dall’altra parte – avverto subito è invece la pesantezza dell’ideologia, di qualsiasi ideologia. O filosofia. Per me sono equivalenti e ugualmente estranee a ciò che sento essere il territorio franco della poesia: le porte si chiudono, la verità sembra una cosa e non un’altra, una cosa e non il suo contrario, un colore e non il suo complementare. E i conti tornano, ma la poesia è quel foglio da partita doppia che si moltiplica all’infinito o si annulla, dove i conti non solo non tornano mai ma soprattutto non importano.
Ringrazio Octavio Prenz, che mi ha detto: “Per me la poesia deve cantare”. Questa frase racchiude tutto quello che vorrei dire, quello che vorrei avere da dare e da mettere in comune, sullo stesso tavolo. Uno stesso pane di cui si mangia tutti, con grande commozione e grande euforia, perché grande è la fortuna di averlo.
Quello che canta unisce, fa sentire. Quello che pensa divide, fa ragionare.
Stefano Guglielmin
18.
sui negri non ha nulla da dire, ma per principio
a nessuno volta la schiena. nemmeno al giallo crespo del tatto
quando lei, dolce, lo scuote. vorrebbe il suo cane obbediente
invece la bestia sbava dal labbro, lascia le feci in cucina.
di notte, tutto questo lo sfianca, gli bagna il nervo spinale.
23.
poi c’è l’anima universale, la ghisa su cui tutto cresce.
anche l’azzardo in bilico sul vuoto, che è altro modo d’intendere
lo spazio, quel solido nulla dove la vita trottola e canticchia.
pare che sotto ci sia un formicolio di gente, una teppa scura
che ringhia. lui però vede la luce ovunque, paga da bere ai cani.
28.
teme la morte perché non viene a mezzadria. dopocena, poi
lascia i vermi sul piatto e non dà il resto. lui preferisce
il negozio: dare e avere, comprare. ma la morte è una bocca
impagabile, una ciste che va in fregola appena la sfiora.
quando la tocca, tutta la madre trema.
da: C’è bufera dentro la madre, l’Arcolaio, Forlì 2010
Come muore la nostra lingua a due passi da casa Italia
di Loredana Magazzeni
Scrive Margaret Atwood in “Marsh languages (Lingue di palude)”che le lingue sono l’humus della terra e che esse lottano come i popoli per non morire: “Le lingue dolci e scure vengono zittite:/Madrelingua Madrelingua Madrelingua/ una dopo l’altra ricadono nella luna”.
Questo accade a due passi da casa nostra, nella verde e accogliente Croazia, dove la minoranza italiana fa sentire la sua voce attraverso editori e riviste (la casa editrice Edit di Fiume, la rivista La Battana, ad esempio), nell’indifferenza generale della madre patria, che pure si è impegnata, per legge, a garantire la salvaguardia di ogni minoranza linguistica al suo interno, ma anche fuori dai confini. Francia e Inghilterra ci hanno insegnato in passato l’orgoglio della lingua ed il senso di appartenenza che ne scaturisce. Hanno favorito una letteratura oggi fiorente di studi postcoloniali, sono impegnate a garantire la salvaguardia della lingua d’origine fuori dai confini, inglobandola nel sistema letterario nazionale.
Cosa sappiamo invece noi degli italiani di Croazia? Delle opere, dei libri di poesia e dei romanzi da essi prodotti? Quasi nulla, se non per alcuni (pochi) nomi eccellenti della letteratura istro-quarnerina che hanno fortunatamente varcato i confini (Anna Maria Mori, Nelida Milani, Giacomo Scotti, Fulvio Tomizza, Osvaldo Ramous, Mario Schiavato, Lucifero Martini, Alessandro Damiani, Ester Barlessi, ad esempio).
“I confini noi li attraverseremo”, scrive Ingeborg Bachman, sapendo che i confini si scrivono e si riscrivono continuamente, sulla pelle dei confinanti, che qui hanno casa e di là hanno parenti, che qui vivono e di là pensano, in madrelingua. Schengen è una porta enigmatica dentro la casa Europa, una porta invisibile e soprattutto culturale, una porta dell’immaginario che ancora una volta separa un qui da un fuori di qui, un noi da un altro da noi. Anche quando l’altro da noi parla la nostra stessa lingua, oltre all’altra lingua in cui è immerso, la padroneggia in modo impeccabile, ha dunque gli stessi nostri padri e madri letterari, le nostre stesse radici.
Queste brevi riflessioni mi sono scaturite dall’incontro con Silvio Forza, direttore della casa editrice Edit, a Fiume, che ci ha accolto a Montona d’Istria, in Croazia, all’interno delle intense giornate culturali di Residenze Estive 2010, organizzate ogni anno dall’Associazione Culturale e Rivista Almanacco del Ramo d’Oro in collaborazione con Il Ramo d’Oro Editore e il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino (Ts), durante le quali si sta insieme, si parla di poesia e letteratura, ospiti nella Foresteria del Collegio, si visitano luoghi letterari topici delle culture di questi luoghi di confine (la casa materna di Pier Paolo Pasolini, a Casarsa della Delizia, quest’anno, ma anche la casa natale del poeta Srečko Kosovel a Tomaj, frazione di Sežana, in Slovenia, lo scorso anno), si incontrano poeti e scrittori in lingua italiana, slovena, croata, grica e nei dialetti locali.
La Comunità degli Italiani d’Istria, di cui Forza ci ha portato in prima persona la testimonianza, sta sperimentando sulla propria pelle la “possibilità di vivere una identità multipla” (sono parole di Forza), di praticare dunque la condizione moderna per eccellenza, quella del nomadismo culturale, crosspassando da una cultura all’altra, ed in questo esercitando una elasticità mentale e una produzione in assenza che ne fa per noi un fenomeno cui guardare con vivo interesse.
Manca, a detta di Forza, un mito fondativo di questa nuova cultura italiana istriana. Mentre la Croazia ha coltivato il topos dell’incomprensione e dell’ingiustizia, del sentirsi “umiliati e offesi”, gli italiani d’Istria hanno accarezzato a lungo il tema del nostos, della nostalgia dolorosa per la casa persa ed il tema altrettanto doloroso dell’esodo. Ecco che l’Istria, da luogo di confine, praticato solo come piacevole meta vacanziera dalle nostre pacificate e inconsapevoli coscienze, ci offre un’altra chiave di lettura, più complessa e articolata, ci apre a un’altra esigenza esistenziale, fatta di recupero linguistico ed identitario: fare i conti col passato per capire un presente sempre più multiculturale.
Luigia Sorrentino
il cerchio legato alle caviglie batte
alla forma del piede
che imprime da sé fino all’altro
non ci sono che piedi,
camminamenti
come obbedendo
avvicinandomi
ogni volta mi hanno detto allontànati
non distendere la lingua
sullo steccato
forma ripetuta molte volte sulla muratura
ho sbagliato la pronuncia
le gambe
hanno tenuto
il nome della ferita
palpebre chiuse hanno asciugato
il fiore del mandorlo o più lontano
il movimento nella corteccia
nel feretro,
con la bocca piena di terra
(Inedito)
Il programma
Giovedì 24 giugno
Ore 18:00 Duino (Trieste) – Sentiero Rilke
Conversazioni letterarie e letture poetiche di Marina Giovannelli, Giulia Ciarpaglini, Monica Pavani, Marina Moretti, Christian Sinicco, Luciana Tufani, Roberto Dedenaro, Luca Visentini, Marko Kravos, Enzo Santese, Melita Richter, Silvio Cumpeta, Alberto Princis, Cristina Miceli, Maurizio Mattiluzza e altri.
Ore 19:00 Duino (Trieste) – Lecture Room del Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico
(In collaborazione con la Fondazione Cesare Pavese)
Visione del documentario “Cesare Pavese. Ritratto” di Andrea Icardi.
La breve vita dello scrittore piemontese, nato a Santo Stefano Belbo (nelle Langhe) il 9 settembre 1908 e morto suicida a Torino il 26 agosto 1950, raccontata da amici, parenti e colleghi, nel centenario della sua nascita.
Venerdì 25 giugno
Ore 10.30 Casarsa della Delizia (Pordenone) – Casa materna di P. P. Pasolini
(In collaborazione con il Centro Studi Pier Paolo Pasolini)
Itinerari nei luoghi della vita del giovane Pasolini. A cura di Angela Felice e Piera Rizzolatti.
Visita della mostra “Scatti per Pasolini” di Mario Dondero. Trentun foto in mostra, in cui il fotografo ha fissato l’ amico Pier Paolo, nel fervore creativo della Roma degli anni Sessanta, sul set del film “La ricotta” nelle riprese per l’inchiesta “Comizi d’amore”, alla moviola nel 1963 per il dibattuto film-documentario “La rabbia”, o ancora, in momenti di silenziosa rilassatezza privata, con l’amata madre Susanna e con i confidenti di una vita, Moravia, Parise, Penna, la Maraini e, naturalmente, Laura Betti.
Letture poetiche. Partecipano, tra gli altri, Octavio ed Elvira Prenz.
Ore 19:00 Trieste – Parco di San Giovanni – Roseto del Parco
(In collaborazione con Oh, Poetico Parco e festival Itinerante della poesia “Acque di Acqua”)
Letture poetiche di: Mila Bratina, Marco Marangoni, Miha Obit, Brenda Porster, Maria Pia Quintavalla, Giacomo Sandron, Luigia Sorrentino
Ore 20:00 – Spazio Rosa
Visione del cortometraggio “La taranta” di Gianfranco Mingozzi (Italia, 1962).
Il primo documento filmato dal tarantismo salentino. Commento poetico alle immagini di Salvatore Quasimodo. Breve introduzione del volume di Giuseppe Pinna, “Lo sguardo della taranta, il Salento nelle fotografie di Franco Pinna” (Edizioni Kurumuny, Archivio Franco Pinna, Calimera/Roma 2010).
Sabato 26 giugno
Ore 10:00 – 12:00 Duino (Trieste) Prato della Foresteria del Collegio
Caffè e libri sul prato, coversazioni letterarie, presentazioni di libri e letture poetiche informali.
Ore 17:30 Trieste – Antico caffè Tommaseo
Conversazioni su “Poesia contemporanea italiana e traduzione di poesia”
Introducono: Fabrizio Fantoni, Stefano Guglielmin e Marco Marangoni
Con: Mariella Grande, Marko Kravos, Loredana Magazzeni, Gabriella Musetti, Monica Pavani, Brenda Porster, Aleksij Pregarc, Octavio Prenz, Maria Quintavalla, Luigia Sorrentino, Mary Barbara Tolusso.
Intermezzi musicali di Adriana Giacchetta – voce, percussioni, Max Jurcev – fisarmonica.
Riportiamo la poesia in strada e in piazza per far comprendere ai politici che è cosa viva, davanti alla libreria di Umberto Saba.
Domenica 27 giugno
Ore 10:30 Montona-Motovun (Croazia)
Visita alla cittadina istriana e incontro con la Comunità degli italiani in Croazia.
Ore 16.30 Piazza Municipale
“Panorama sulla letteratura degli italiani in Croazia e Slovenia” a cura di Silvio Forza. Letture poetiche dei partecipanti con la partecipazione di Giacomo Scotti, Laura Marchig, Nelida Dilani.
Ore 18:00 Comunità degli italiani
Visione del cortometraggio “Appunti inutili” (Italia, 2006) di Diego Cenetiempo e Daniele Trani. Liberamente tratto dall’omonimo diario poetico (1946-1955) di Virgilio Giotti.
Hanno partecipato: Mila Bratina, Nicoletta Buonapace, Diego Cenetiempo, Giulia Ciarpaglini, Silvio Cumpeta, Roberto Dedenaro, Claudio Domini, Fabrizio Fantoni, Silvio Forza, Marina Giovannelli, Mariella Grande, Claudio Grisancich, Stefano Guglielmin, Loredana Magazzeni, Marco Marangoni, Laura Marchig, Maurizio Mattiuzza, Cristina Miceli, Nelida Milani, Jolka Milic, Marina Moretti, Gabriella Musetti, Miha Obit, Marko Kravos, Monica Pavani, Brenda Porster, Aleksij Pregarc, Octavio Prenz, Alberto Princis, Maria Pia Quintavalla, Melita Richter, Giacomo Sandron, Enzo Santese, Giacomo Scotti, Christian Sinicco, Luigia Sorrentino, Mary Barbara Tolusso, Luciana Tufani, Luca Visentini.
Con il patrocinio della Casa della letteratura di Trieste