Opere Inedite, Donatella Nardin

Per Donatella Nardin la poesia è un magma oscuro che si fa governare da lemmi e forme decifrate con pazienza certosina e rigore, per articolarsi poi nei temi di tutti e di sempre: l’umana, indecifrabile sofferenza, il conflitto, il disinganno, l’impossibilità, l’assenza. Spesso tale materia si impone improvvisa per rafforzare nel suono la percezione di sé e delle cose intorno quasi a coglierne lo scarto inatteso, l’epifania. Altre volte la parola poetica si cerca in un corpo a corpo contro/verso per liberare gli occhi e il cuore, per portare alla luce una preghiera dolorosa, insistita, un’istanza ripetuta, quasi la voce ultima di qualcuno che senza colpa è rimasto fuori, escluso, perduto.
Con molto pudore, con grande pena. Nel suo vario articolarsi, si modula in una continua, inattingibile ricerca di senso, nel tentativo inesausto di decifrare le linee sottese alla trama, la loro essenza precisa, incarnata.
A volte si intona alla serena armonia del respiro, con un linguaggio piano, assertivo. Nella continua pretesa di forme e assunti migliori, più autentiche e di una maggiore consapevolezza poetica, negli ultimi anni ha accostato molti autori classici, moderni e contemporanei in una lettura disordinata e onnivora.
Donatella Nardin rifugge “la trimurti poetica della scrittura consolatoria, del sentimentalismo lirico sdolcinato e dell’eccessivo concettualismo.” Si porta nel cuore le considerazioni dei grandi sulla poesia come quella del poeta francese Yves Bonnefoy che osserva ” la poesia è la presenza viva di ciò che incombe, nell’illusione profonda di avere la meglio sulla morte “. Continua a leggere