Antonia Pozzi è il caso letterario femminile più sconcertante della letteratura italiana del primo Novecento.
La sua produzione poetica è stata interamente pubblicata postuma.
Nella prefazione alla silloge del 1948, dieci anni dopo il suicidio, Eugenio Montale parlò del suo canzoniere come di un diario in versi. E in realtà si trattava di una delle testimonianze più cospicue e coerenti della poesia “lirica” del secolo.
La poesia della Pozzi è caratterizzata da una levità dell’immagine che non ha eguali ma il valore della sua opera è stato riconosciuto soltanto negli anni Ottanta, quando si è finalmente ricostruita l’integrità di molti dei suoi testi che erano stati sottoposti ad assurde censure dal padre della poetessa.
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Antonia Pozzi, "Lieve offerta"
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