di Carmelo Princiotta
Notte della memoria
Messi a tacere i testimoni scomodi
spente le gesta e le genti scampate
agli argini smossi, disseminati
monti d’abiti smessi, denti d’oro, pennini
e sciarpe e scarpe e più di cento spille
come quando s’empie il cielo di stelle…
Notte della memoria è una breve poesia apparsa ne La pianta del pane (Mondadori, 2003) e poi compresa in Tutte le poesie 1971-2017 (Mondadori, 2018) di Biancamaria Frabotta. Non tutte le poesie del libro sono titolate, quindi il titolo, se presente, ha un valore semantico importante e non una semplice funzione identificativa. Notte della memoria è il contrario di Giorno della Memoria. Perché questo titolo? Forse perché, mentre celebriamo il Giorno della memoria, in realtà viviamo la Notte della memoria. Notte della memoria è una poesia di preoccupazione testimoniale: nasce dal silenzio forzato dei testimoni (un silenzio dovuto a cause biologiche – i testimoni dei campi di annientamento non vivranno per sempre – o a responsabilità politiche e civili, come il negazionismo o la crisi di coscienza storica in cui versa l’Occidente). Questo non è detto. Vediamo come si comporta la poesia. Notte della memoria riprende uno dei pochi punti d’intensità di Auschwitz di Salvatore Quasimodo («e ombre infinite di piccole scarpe / e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie») e lo trasforma in una sigla autoriale (la paronomasia è un po’ la “firma” di Frabotta): la paronomasia scarpe/sciarpe è preceduta dalla paronomasia smossi/smessi e seguita dalla paronomasia spille/stelle, per di più esposta in chiusa come una para-rima (con un rilievo certo maggiore rispetto alla rima imperfetta scampate : disseminati). Non è un vezzo manieristico, come il gesto del pittore che si ritrae nei propri quadri, prestando il volto a un personaggio magari secondario, la creazione di un campo di tensione semantica. La metafora del titolo veicola un contenuto etico. Continua a leggere