Gianluca D’Andrea, “Nella spirale”

Gianluca D’Andrea/ Credits ph. Dino Ignani

 

 

 

La luna e la belva

 

Inverno, pallido sfregio di cellule,
in quale giorno sfacelando smisi
stanco lo scanto accettando la crisi?

La luna, argentea danza di libellule,
fissa e mobile in stanze nere osserva
la fine assiderata della belva

le ultime movenze, il suo respiro
vapore astratto, rapido ritiro.

 

Ghiacci e fuoco

 

Quale fuoco arde forte o si confonde
con gli ultimi calori stinti e fonde
ghiacci di candide fibre accrocchiate?

In acqua trasformati infine estinti
i vecchi luoghi noti e variopinti.
Le piaghe nuove bruciano eccitate

da quel fuoco che abbampa tutto il cielo,
il suo rosso tremore o malo gelo.

 

Il falso vuoto

 

Il vento crudo investe la materia,
la crosta assorbe la luce e s’inseria
in pianeti molteplici e poi varia

la veste bruna che indorata interra
il falso vuoto e un pieno dissotterra
di residui. Scintilla, e tutta l’aria

è un segreto di munnizza scordata,
un’alba dolce astrale abbandonata.

Gianluca D’Andrea, Nella spirale (Stagioni di una catastrofe), Industria & Letteratura

 

 

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Maria Borio, “Dal deserto rosso”

Maria Borio, Credits ph. Dino Ignani

Sono un punto solo nel deserto rosso:
oggi è questa la mia dimensione, un punto
che non ha lunghezza, larghezza, profondità,
caduto dalla parte più alta del cielo su una terra
piena di silenzio e pura improvvisamente.
Ti scrivo da una zona rossa, ed è questa la verità:
i confini sono tracciati, il rosso ha riempito lo spazio,
vuoto, neutro, senza uscita, e tutti sono come me,
punti soli, senza illusione, nella prima primavera
del millennio che al tempo sta cambiando la faccia.
Ti scrivo e da questa stanza sussurro che se un punto
non ha dimensioni è perché forse le ha unite tutte in sé?
Pensarsi è unirsi – mentre la notte e il giorno
hanno un unico colore e impariamo a pensarci –
e un bene, come mai, nuovo?

*

“Tempo non è resistenza…” – lo dice anche lei
mentre pensa – che poi resistere vuol dire durare:
“Soffia via il male, come hai soffiato via i demoni,
liberaci adesso, spingi lontano, sarà più facile”.
Si stacca dal computer, conosce un fine nelle cose:
il volto di Gesù, bellissimo, la sveglia fluorescente,
il pettine di legno, la crema per le mani, le pastiglie
sul comodino al loro posto e anche l’aria che Lui
ha lavato, i nervi tesi, lunghi fino alle ossa, la paura
per la neve di marzo, veloce e grigia, in una notte.
“Il 25, a mezzogiorno, il Papa chiede ai cristiani
in tutto il mondo di dire insieme Padre Nostro
che sei… – e saremo liberi, liberi”, sì, e anche lei
sorriderà nell’ovatta, credendo sempre ai miracoli
senz’altro veri, al volto bellissimo, giovane, di carta.

*

Acqua dà forza all’acqua. Sto per prenderti la mano.
Soli siamo acquamorta, se uniti acquaviva.
Insetti iridescenti saltano su cerchi di amido,
sul pozzo c’è l’alone della ruggine, una tela
grigia e azzurra, le foglie secche dell’ulivo,
parti di terra nei polmoni. Insieme, vuol dire?
Ma ti porto in una casa di costruzione – troverai
le pupille del coniglio, bianchissime nel rosso,
nel cubo della gabbia – poi l’avevo lasciato,
con la sua pazza famiglia correva dentro l’erba,
non è mai stata selvatica – supernova ribelle,
meteorite fra le canne – si sparpaglia, non è
libera, non cambia. Scrivo insieme, premo invio.
Fermo-immagine. Se non siamo mai autentici
verità fai paura? Acquaviva in acquamorta.

Maria Borio, Dal deserto rosso, I Quaderni della Collana Stampa 2009, 2021 a cura di Maurizio Cucchi Continua a leggere

Francesca Mazzotta, “Gli eroi sono partiti”

Francesca Mazzotta

CONGEDO

Come il corpo di Ettore tra i cani
solenne compirai l’ultimo giro

sarà il congedo delle mura
gli occhi tuoi gelidi innalzati a stento
si arpioneranno a un tetto, un filo d’erba
a fronde inesistenti di castagni
a un ragno avviluppato alla sua bava
al regno vasto che ti circondava

e farà notte presto, notte fonda
feroce notte, notte invoracita
confonderà la nostra e l’altrui vita

***

DESERTO

Di pietra cresce sulla scorza
umida d’agrume questa
metamorfosi violenta

il silenzio genera la sete
sotto il sole confondo Icaro e Dedalo
mentre tu collezioni extraterrestri
bevo dai golfi del mio mappamondo

eppure prima, prima del deserto
ci incantava una mimosa rovente
la sicurezza di un fondale
sotto il cemento del cortile.

***

NOSTALGHIA

Ho dormito per epoche nel ghiaccio
dentro cieli di vetro, cordigliere
rigate d’azzurro, sul filo rosso
che pondera il torace degli oceani,
tra le vertebre di regioni pallide

mi sveglio dentro il palmo di una mano
scavata con l’aratro dei miei anni
premuto forte sulla superficie
premuto forte
e cado rovesciata da quel polso
rinasco nell’agone dove insegnano
si debba rimanere ci si debba
cibare
di carne e canto ossigeno e cemento

ma ho nostalgia delle regioni pallide
di quei silenzi senzanome aperti
sui cieli vitrei il dorso degli oceani
gli orsi polari gli stormi dei pesci.

Da: Gli eroi sono partiti, Passigli, 2021

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