di Tommaso Di Dio
Entrare in un esordio significa avvertirne dapprima l’atmosfera; respirare, libro fra le mani, quel gelo che percorse la colonna vertebrale di chi lo scrisse e ripercorrere il tremito di chi vide quei segni, cui affidava tutto, miracolosamente pubblicati, editi, restituiti in forma tangibile. L’esordio è un atto ambiguo, contro il pudore: lo si desidera e subito ci si vergogna. Quei versi sono stati compagni di ere geologiche di noi e ora sulla pagina ci sembrano così poco, così tremendamente incapaci di essere all’altezza del compito cui erano destinati. Eppure l’opera c’è, ormai nuda, in qualche modo agibile, percorribile. Niente come un primo libro di poesia sembra dirci qualcosa su cosa sia la poesia. Continua a leggere