Pier Franco Uliana, “Per una selva”

Nota di Giorgio Agamben

La viẑa, la selva sul cui limitare Uliana si è perso e ritrovato in questo straordinario ipersonetto caudato è la selva del Cansiglio, ma, come in Dante, è anche la selva della lingua, l’ytala silva dei volgari dove il poeta va ostinatamente in caccia della lingua della poesia. Ma la selva è qui anche una donna, una toṣa salvàrega, una donna innamorata (fa na moroṣa), forse la stessa che Dante incontra nella divina foresta spessa e viva del Paradiso terrestre (è Uliana stesso a ricordarci che “in Cansiglio c’è una fontana detta Parađiṣe”). Ancor più che nella precedente raccolta dedicata al Cansiglio, Il Bosco e i Varchi, Uliana moltiplica l’ambivalenza semantica della sua lingua-foresta, torna instancabilmente a percorrerne i trói đel Maẑaról e a sfogliarne le abbacinanti, mentali radure. Ancora una volta la lingua è una selva in cui l’umanità si è perduta e deve ritrovarsi, le parole so-no “varchi ‒vartore‒ nel labirinto del foglio”, ma anche buchi e trappole in cui si inciampa e si rimane impigliati. Ma la novità forse più pungente di questa ultima raccolta è che in essa, attraverso una ripresa quasi letterale della ballatetta cavalcantiana (“va leggera”, “dille”) e quasi una contraffazione della pastorella provenzale e stilnovista, l’esperienza della selva e della sua “lingua di legno” è immediatamente un’aspra, crudele esperienza amorosa. Nell’ ipersonetto Per una selva, Uliana si conferma una delle voci più alte e complesse della sua generazione.

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ESTRATTI

Nò in cao a la viẑa ma đe lònch l’orivo
me ère pèrs, mio par paura đe bèstie
– bolp faine martorèi e lof i sò èsser
đrento đe mi – gné par le unbrìe òrbe
par quant dal vènt le fuṣesse moveste,
par al me ben ò ciapà al troi pi đret
che mi savée èsser quel de le legne
e là ndé i crep i sà sol de fenìscol
e le foje l’é le rece đei me mòrti
ò cantà come ’n ẑeđron in amor,
lora le bèstie le é vegneste fòra
đa đe mi mèsteghe a lecarme al muṣo,
sora đe mi al piovéa ponte đe luṣe
ẑenẑa gnessun dolor: nil clarius silva. Continua a leggere

Due poesie di Pier Franco Uliana

Nato a Fregona (TV) nel 1951, Pier Franco Uliana vive a Mogliano Veneto.

Laureato in Filosofia, è stato insegnante.

Ha pubblicato varie opere di poesia nel dialetto veneto del Bosco del Cansiglio e in lingua italiana (ottenendo diversi riconoscimenti in occasione di importanti premi letterari nazionali) e raccolte di racconti.

Ha inoltre dato alle stampe due saggi di toponomastica e uno zibaldone (sempre riguardanti l’ambito geografico del Cansiglio) e il Vocabolario del dialetto di Fregona.

Suoi testi critici su artisti veneti sono apparsi in vari cataloghi. Ha collaborato con la rivista “46° Parallelo”.

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L'Italia a pezzi

L'Italia a pezzi[1]Antologia di poeti in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila
“L’Italia a pezzi” è il primo risultato di una lunga ricerca iniziata nel 2008 dalla rivista Argo e proseguita per cinque anni con un folto gruppo di giovani critici, dalla quale è scaturita una mappatura della produzione poetica neodialettale e postdialettale dell’ultima fase del Novecento e dei primi anni del Duemila. L’antologia rappresenta un nuovo approdo e un punto di partenza per la poesia e per la letteratura contemporanea in Italia. Questo lavoro colma un vuoto creatosi negli ultimi quindici anni, durante i quali, dopo le approfondite esplorazioni compiute da Franco Brevini, si è registrata una quasi totale mancanza di accoglienza per le voci neodialettali da parte della grande editoria, a fronte di una produzione sempre più ricca e qualitativamente notevole. “L’Italia a pezzi” propone al lettore una campionatura di autori per i quali il ricorso alla scrittura dialettale non si configura come ripiegamento sul piccolo mondo antico, ma come un necessario incontro con la realtà/contemporaneità, che in molti poeti antologizzati produce scarti linguistici dalla norma. Continua a leggere