La poetica del frammento di Piera Oppezzo

Piera Oppezzo

TRA LE ROVINE DELL’ESSERE

COMMENTO DI BIANCA SORRENTINO

Un’ansia insopprimibile scuote la vicenda esistenziale di Piera Oppezzo e ostinatamente pervade la parabola della sua ricerca letteraria, dagli anni della sperimentazione a quelli intorpiditi dal silenzio della solitudine. Il dettato disadorno, privo di orpelli, riconducibile a una sorta di poetica del frammento, rivela l’ascendenza dickinsoniana di un universo circoscrivibile ai confini di una stanza. Se la vita è un esercizio di disciplina continuamente minato dalla paura della paura, la scrittura è un compito da assumere con spirito di abnegazione. Benché saccheggiata, fragile, isolata, la poetessa riesce a cogliere l’istante in cui è in procinto di germogliare una ferma utopia – probabilmente la riflessione femminista sulla necessità di un’emancipazione autentica. Rinnovarsi, per quanto vanamente, equivale a sopravvivere, mentre l’amore si decompone e il muschio ricopre la memoria.
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Piera Oppezzo

Piera Oppezzo

Piera Oppezzo è nata a Torino il 2 agosto del 1934 ed è morta in solitudine il 19 dicembre 2009 nell’Eremo di Miazzina, sul lago Maggiore. È stata sarta e commessa della Standa da ragazza, poi dattilografa e collaboratrice editoriale (Einaudi, Rai, Feltrinelli, Guanda, SE). Negli anni sessanta è stata militante extraparlamentare e ha partecipato a un gruppo di autocoscienza femminista, organizzando negli anni settanta il collettivo “Pentole e fornelli”.

Passeggiata

Più in là
ci aspettano le foglie morte;
fermiamoci:
qui c’è profumo di rose.
Basta che tu non respiri
perché il futuro muoia.
Così tutto finisce
prima d’aver pianto.
Neanch’io respiro più. Continua a leggere