A vegliare la spiaggia che scompare
tra le alghe sbiadite e compatte
restano pochi silenzi interrotti
dal brusio delle fronde che indietreggiano,
saldate come una luce spenta
che assorbe le promesse e i buoni propositi.
Nel mutuo collassare di un tempo
che è già sale essiccato
non c’è spazio per il ricordo, ma solo
la moina dolce di una madre che stringe
e oltrepassa l’inerzia dello stupore,
l’attimo che fugge
e quello che deve ancora venire.
***
Si perde nel riposo del mondo
l’esile trama venosa delle cose mute
che stringe il letto al centro della stanza.
Allo spazio battuto dalle ginocchia
sul parquet si sottrae il corpo freddo,
il suono della buonanotte.
Il precipizio che esiste da sempre
ha il rumore di un citofono,
la voce di soprassalto rivela nuove altezze
e una mutua intrusione.
Le ombre che un tempo ci divertivano
appartengono ora alle pareti
e qui rimarranno:
nella pietà senza contatto.
***
Migreranno a ovest,
ripetevi prudente al fruscio senza
forma del cielo, al silenzio
che non temeva più mutamenti.
La linea di frattura esiste.
E quel vuoto che reputavi necessario
è l’obbligo mal celato di un tempo
che non ritorna.
Celebri ancora intatta
la sua calma apparente,
ogni singolo attimo concesso
senza perdono.
Quella notte davanti alle isole
hai giurato sottovoce
l’eternità in un istante.
***
Fisso ancora il vicino
osserva le finestre accese
dei palazzi di fronte
come se albeggiasse a dirotto
negli ampi sprazzi di circonvallazione.
Gli studenti al terzo piano
hanno lasciato i libri in disordine
sulla scrivania e poco altro,
torneranno a settembre.
Adesso sul bordo del terrazzo
le voci si riconoscono
in un sorriso insoddisfatto,
galleggiano penzolanti
le gambe che a volte si sfiorano,
ma solo per sbaglio,
è solo un vitale oblio
a scandire la memoria bianca del mondo,
la giuntura delle assenze simultanee.
La vita di chi resta
si scopre nascendo.
Come a stabilire un legame di sangue,
l’indefinita perdita di una vigilia
destinata al silenzio,
dove il fumo sale ostinato
osserva e tace,
dove tutto e tutti sono già partiti.
***
Dove non sono mai stati
i fenicotteri prima della migrazione
troveranno solo spiagge deportate
che si rinnovano morendo.
È l’augurio che cela l’inevitabile dubbio,
il crepuscolo che si accumula tenue
negli anfratti pallidi della costa,
una crepa esitante come spazi tra le dita,
tra le parole che sembrano un miracolo breve.
Di fronte al bunker, lo stormo ripete tre volte
la stessa onda del cielo ormai postumo
e si consegna all’attimo
prima che tutto crolli.
***
Rintocca cauto
il buio appena schiuso
sulle sporgenze senza cornice.
Dove finisce la luce
quando non si vede,
ripiega l’inizio remoto
della montagna spaccata.
La cicatrice che oscilla
sui morti soffoca il passo
e la nostra convergenza immobile
sulla cupola rossa.
Le pareti coincidono
nell’impronta perenne
della terra senza rientranze.
Si gonfia paziente
il distacco che è in noi.
***
Prima e dopo il cumulo di vestiti
nessuno si è accorto della voracità
della strada che assiste impassibile
di fronte alla metamorfosi della durezza,
al nulla che ci precede e copre quel corpo,
lucido ammasso di carta stagnola.
L’abbaglio tra gli scatoloni non riuscirà
a celare il torpore della notte
che è già verità: una sola coperta termica.
Suonano le due in piazza dell’Immacolata,
arretra il tempo per tastare il finto baratro
dei giorni che si stringe nel riflesso.
Tutto quello che resta
è somiglianza.
***
Nessuno riuscirà a interrogare i morti
né chiederà le parole giuste da usare
per ogni superbo rintocco di vita
che suona come il buio sullo scoglio inclinato
senza sottofondo e la pelle sporca di sale,
nel riverbero di pochi istanti vissuti
come segreti. Non si può sfuggire
da ciò che non si è mai stati: l’onda
timida è vertigine senza suono.
Nel silenzio che ritorna puntuale
tutto trova forma e vuoto.
***
L’ultimo treno alla stazione di Santa Severa
passa sempre puntuale alle venti,
discreto come la postura
dei turisti cosparsi d’autan
che ancora sperano nella luce.
Un saluto senza destinatario,
il prolungamento infranto
da qualche parola canticchiata
senza troppa voce: sarà così
andare via. Gli amici,
con gli asciugamani alle spalle,
più alti e robusti dell’anno scorso,
attraversano il binario
seguiti dal fischio indulgente
come la pelle scottata dalle partite
e dalle corse senza meta.
Il profilo scuro del Super Tele,
sospeso in aria, crolla nell’impressione
di essere stati un solo corpo,
la coincidenza di brevissime attese.
Dall’altro lato le ragazze ridono sporgendosi
senza approvazione né coraggio,
rallentano il misterioso gesto del ritorno,
come a sostenere incolume
l’ipotesi del dolore.
Forse resterà lì
l’esiguità della stagione
a misurare il distacco di un binario,
a contare negli annunci dell’altoparlante
la perdita e il passaggio.
***
Nessuno avanzerà vittorioso
sui rottami dei silos abbandonati,
sulle campagne dimenticate
dall’uomo che consegna al tempo
rimasto le sue fragilità. Scivola
come la speranza d’oblio
sui corpi armati, fratelli e nemici,
sgozzati e coperti dalla neve
dell’inverno più lungo.
Le sirene soffocano con giocattoli
e pupazzi le piazze svuotate,
le fosse docili scavate dai missili.
Ancora tace cauta la folla
accalcata sotto il ponte
nell’incastro febbrile degli sguardi,
l’esatta compostezza dell’abbandono.
Stretta nell’attesa,
compensa nel contatto
il freddo sospetto del vuoto.
Forse un giorno troverà
nel proprio alfabeto muto
parole senza conforto
che diano un senso
a tutte le cicatrici della terra.
Nunzio Bellassai ha conseguito con lode la laurea magistrale in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Attualmente presso il medesimo ateneo è dottorando in Italianistica con un progetto sul patrimonio epistolare di Vitaliano Brancati.
Per il racconto La stazione, edito da Schena, ha vinto il Premio nazionale “Valerio Gentile” nel 2019. Con la sua raccolta d’esordio Due tempi (Ensemble, 2021, prefazione di Maurizio Cucchi) ha ottenuto le menzioni speciali del Premio “Città di Latina” e del Premio “Portopalo Più a Sud di Tunisi”, oltre al terzo posto al Premio “Diana Nemorensis” di Nemi. Suoi componimenti sono stati selezionati per la Bottega di poesia de «La Repubblica», la rubrica “L’Angolo degli inediti” della casa editrice Stampa-2009 e l’Ufficio Poesie Smarrite del «Corriere della Sera».
I suoi studi gravitano intorno alla letteratura italiana del Novecento, con un interesse per i fenomeni italofoni transnazionali. I suoi primi contributi scientifici sono apparsi su «Sinestesieonline» e «La rivista di Arablit» nel 2023.