Le icone non escono più a passeggio
I bambini vestiti a repertorio
all’assalto dei carretti di noccioline
e dei palloni che finiscono sempre nell’aria.
La gente che modula il passo
nella calca dei saluti e degli abbracci
mentre la musica spazza alta le case.
Un tempo al mio paese
le icone uscivano più spesso a passeggio.
Questi nostri occhi tumefatti
non sono buoni a lanciare preghiere.
Il Sud ribaltato
Dipingere di nero
le facciate delle case
del mio Sud è una voglia
che mi scoppia dentro
per scacciare l’orgia
consumistica dei mattini
lattiginosi e delle foglie
di fresca lattuga nell’orto.
per mettere la parola fine
alle luci che riverberano
sulle marine battute dallo scirocco.
Dipingere di bianco
le gramaglie delle bigotte
che recitano il futuro
tra una preghiera e una gravidanza.
Dipingere di libertà
le spalle abbronzate dei contadini
è un male che m’inchioda
alla terra e mi fa sanguinare.
Per dipingerlo così, il mio Sud,
Storia:
la mia vita ti cedo.
*
Se il sudore lasciato sulle zolle
non sarà stato inutile.
Se la fame urlata nel tempo
una spiga di grano avrà placato
Se l’acqua degli asettici rubinetti
avrà scacciato il pericolo del morbo.
Se i bambini a scuola non avranno
soltanto imparato a leggere e a scrivere
Se i treni non saranno
partiti per non più ritornare
Se questo un giorno accadrà
anche la morte avrà il sapore della fragola
colta di primo mattino
e gli occhi di una fanciulla innamorata.
*
A un tavolo verde
di una qualsiasi bisca
mi sono giocato
il folclore che tutti amano
per inchiodare le colpe
le responsabilità consumate
nel tumultuare dei secoli
passati infruttuosi
come le aride zolle
sulle quali fu vegetato
creando a priori il deserto.
Ad un tavolo verde
di una qualsiasi bisca
ti ho barattato folclore
in nome di miei figli
in nome dei miei nipoti.
*
Ho morti d’avanzo da lasciare
a testamento della mia sofferenza,
ma il difficile è ripetere qui
i nomi altisonanti o plebei
che la Cronaca ci onorò di darmi.
Ho morti d’avanzo che non sanno
acquietarsi nelle tombe troppo
strette per reprimere l’angoscia
che Qualcuno mi assegnò.
Ho morti d’avanzo da regalare
in confezioni dono – nastro rosso fuoco-
ai Politici che in vita di solitudine
e di abbandono mi coprirono.
Ho morti d’avanzo per tutti.
Classe 1939
La mia è una generazione di traditi.
La storia ci ha delusi come uomini
nutrendoci l’infanzia di paure e sgomenti
che non sapevamo e potevamo spiegarci,
né dopo, abbiamo compreso l’Urlo
disperato / gioioso della Liberazione.
Poi, paghi di corse al sole,
c’invase il raptus del benessere,
e ancora una volta ci trovò impreparati
e già vecchi il rumore del Sessantotto.
Non lasciarsi morire
da utili idioti
ora è l’ultima trincea possibile.
L’ostinato orgoglio della verità
Dopo quarant’anni d’inerzia
finalmente c’è chi scuote la mia gente
che non respira più
per paura di morire.
Il cielo plumbeo si è affrettato
a decimare le residue forze.
Eppure Dio non umilia mai
il suo popolo nelle fauci dell’oblio.
Tutti tacquero nell’ingordigia
del tintinnio del vitello d’oro,
senza accorgersi che greggi
morivano nei prati
o venivano abbattuti
dalla mano dell’inciviltà.
Forse erano uomini da piegare
al vento della discriminazione,
anche se nei loro cuori battevano
orgogliosi i segni di un tempo.
Così, dall’alto ci fu chi
pensò che bastava ignorarli.
Nessuno s’accorse
o peggio finse –
che un bambino
troppi bambini –
potessero essere uccisi
dal fumo delle ciminiere.
A turno mentivano e tarpavano le ali
lanciando il coltello del ricatto.
Ma un giorno
venne fuori il coraggio
l’ostinato orgoglio della verità
e si troncò il turpe mercato.
E fu la svolta della Storia.
Angelo Lippo, “LE RADICI NEL CIELO – ANTOLOGIA POETICA (1963-2011)”, Bertoni Editore, 2021. Continua a leggere