La poesia di Natalie Diaz

If I Should Come Upon Your House Lonely in the West Texas Desert

By Natalie Diaz

I will swing my lasso of headlights
across your front porch,

let it drop like a rope of knotted light
at your feet.

While I put the car in park,
you will tie and tighten the loop

of light around your waist —
and I will be there with the other end

wrapped three times
around my hips horned with loneliness.

Reel me in across the glow-throbbing sea
of greenthread, bluestem prickly poppy,

the white inflorescence of yucca bells,
up the dust-lit stairs into your arms.

If you say to me, This is not your new house
but I am your new home, 

I will enter the door of your throat,
hang my last lariat in the hallway,

build my altar of best books on your bedside table,
turn the lamp on and off, on and off, on and off.

I will lie down in you.
Eat my meals at the red table of your heart.

Each steaming bowl will be, Just right.
I will eat it all up,

break all your chairs to pieces.
If I try running off into the deep-purpling scrub brush,

you will remind me,
There is nowhere to go if you are already here, 

and pat your hand on your lap lighted
by the topazion lux of the moon through the window,

say, Here, Love, sit here — when I do,
I will say, And here I still am.

Until then, Where are you? What is your address?
I am hurting. I am riding the night

on a full tank of gas and my headlights
are reaching out for something.

 

Dovessi mai imbattermi nella tua casa solitarianel deserto del Texas occidentale

Farò roteare il mio lasso di fari abbaglianti
nella veranda sulla facciata,

lo lascerò cadere come una corda di luce annodata
ai tuoi piedi.

Mentre parcheggio la macchina
tu annoderai e stringerai il cappio

di luce al tuo polso —
e io mi farò trovare lì con l’altro capo

avvolto tre volte
attorno ai miei fianchi che hanno corna di solitudine.

Tirami a riva, all’amo nel mare luce-pulsante
di Thelesperma, di Argemone albiflora,

della infiorescenza bianca delle campanule di yucca,
su per le scale illuminate dalla polvere fin nelle tue braccia.

Se tu mi dici: Questa non è la tua nuova casa
ma io sono la tua nuova casa,

io entrerò nella porta della tua gola,
appenderò in corridoio il mio ultimo lazo,

erigerò il mio altare con i libri migliori sul tuo comodino,
accenderò e spegnerò la lampada, accesa e spenta, accesa e spenta.

Mi sdraierò in te.
Consumerò i miei pasti nella mensa rosa del tuo cuore.

Ogni coppa fumante sarà: Peeerfetta.
Mangerò fino all’ultima briciola,

spaccherò tutte le tue sedie.
Se cercherò di fuggire tra sterpi e arbusti che virano a viola
[profondo,

tu mi rammenterai:
Non c’è alcun posto dove andare se sei già qui,

e seduta ti batterai piano la mano sulle cosce illuminate
dalla luce-scorpione della luna che filtra dalla finestra,

dirai: Qui, Amore, siediti qui — e sedutami
dirò: Ed eccomi ancora qui.

Fino ad allora, Dove sei? A che indirizzo?
Sto male. Guido tutta notte

con il pieno di benzina e gli abbaglianti
che si proiettano in cerca di chissà cosa.

 

da Nuova Poesia Americana, Traduzione di Damiano Abeni

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