VIBRIO CHOLERAE IACUZZI
(per Francesco Iacuzzi, mio padre, 1922-2015
e per Francesco Iacuzzi, medico della peste, 1854)
Il letto di mio padre. I suoi escrementi.
La sua malattia ridotta a scoprire tutti i suoi
muscoli. I legamenti con un fascio di soli nervi
in un museo di anatomia. Speculazione scabra.
Non ti ho mai ritratto tanto come nel momento
che sei nella mia camera da letto. Dentro un letto
di ospedale a casa. Mentre la lampada gialla
anni Settanta illumina tutto questo letto.
Scavato e presso alla morte. Ma io vivo ancora
e ti vedo imbalsamato nell’asciutta faccia di te
ragazzo. Prosciugato al posto mio. Come se
scarnificato fossi stato tu colpito al posto mio
malato da quasi vent’anni. Vedendo te
pietrificato per tempo dentro di me. O salvo.
Dalla sezione: IL PADIGLIONE VERDE
pensaci qui riuniti
III
Ormai non c’è più niente che possiamo fingere.
Consegnati al silenzio e indifferenti al mondo
amiamo i nostri simili come li amate voi. Siamo
dentro al buio per aspettar la luce. Entrare
in fondo piano tra spifferi dei mutui. Ci Illumini
la lingua ci stani tutti i virus. Negli organi
annidati per zecche a cani sciolti. Nascosti
nei reami di ghiandole e di organi. In santuari
esistono e dormono in silenzio. Tutti i nostri
virus per farci stare in bilico. Sull’orlo della vita
quando è sera pensaci. Da soli noi restiamo
preda al desiderio. Dicendo ancora sì e non più.
IV
Contagio più non siamo perché nei nostri virus
dormono nelle cellule. E quando c’è il mattino
ci inonda la fatica. Avere assunto i farmaci
ed essere già stanchi. Ti supplichiamo pensaci
pensaci col groppo in gola. Non possiamo dire
ci manca l’alfabeto. Ci manca quel coraggio
che solo hanno gli eroi. Sono solo loro dentro
al mondo, noi siamo sommersi. Siamo solo
dei curati per farmaci e confetti. Aver sollievo
in gola se l’afta ci divora. Vogliamo dirti pensaci
insieme a tutti gli altri. Senza cura per il male
la morte è ancora vita. Non è la morte ancora.
BIZZARRO UNICO AMORE
(per Leone Piccioni, 1925-2018)
Quando riporti in vita il cuore lo fai
con una sintassi secca e rapidissima
altèra e incalzante. Gli opposti in bilico
sopra quella gita antica bicicletta
di ragazzo nella tua Pistoia in corsa
“dietro qualche inventata immagine”.
L’equazione sublime degli opposti.
Tu nella fuga dei bizzarri che brucia
in solitaria ogni traguardo. Toccato
l’apice del discorso ti stringi tutto
tiri il male e unico calzi sempre
perfetto. Lo scatto e arrivi in vetta.
Tocchi improvviso il mondo. E’ tutto.
Da: Consegnati al silenzio, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Bompiani, 2020