di Alessandro Bellasio
Quello che è successo non è ancora avvenuto, non è ancora avverato, perché ogni vero inizio è in realtà un ritorno, e il passato non è meno imminente del futuro: «l’inizio è di fronte a noi | che a ritroso andiamo verso il tempo»; «quello che abbiamo vissuto forse | deve ancora succedere».
Così, giunto alla terza silloge, con Tempo riflesso Corrado Benigni segna un importante punto di svolta all’interno della sua produzione. Rispetto al dettato giuridico e marziale di Tribunale della mente (2012), e alla parola ripida e scheggiata dell’opera d’esordio Alfabeto di cenere (2005), la nuova raccolta raggiunge – pur in una sua intima continuità di lingua e di stile, improntati da sempre a semplicità lessicale e sobrietà formale – una saggezza e una sapienza che prendono corpo anche nella ponderata architettura del libro, dove la frequente interrogazione delle questioni essenziali della nostra natura e del nostro destino è bilanciata, da un lato, da sorprendenti incursioni nell’infinitamente piccolo (come nella prosa “Il mondo invisibile degli insetti”, o in singoli frammenti dove ci viene ricordato che «c’è una trascendenza tangibile | nell’infinita interiorità di un filo d’erba») che molto mettono in dubbio il nostro supporci infinitamente grandi; e d’altra parte, come già avveniva in Tribunale della mente, il libro alterna scrittura in versi e brevi prose liriche, segno a sua volta della ricerca di un equilibrio stilistico tra tensione verticale dell’a capo e distensione orizzontale della prosa, e dunque tra sintesi e analisi, intuizione e riflessione. Continua a leggere→