Quando ho scritto “Piazzale senza nome” – le poesie fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 – pensavo a un luogo che nella mia memoria era qualcosa di inerte, immobile, come le periferie che circondano le grandi città. Pensavo a un luogo preciso, che per me è esistito, è esistito veramente, una volta e per sempre. Un luogo che ho voluto salvare forse, come la promessa di una rinascita, salvarlo dal delirio, e al tempo stesso, salvarlo dalla sua indicibile quiete. Le parole sono nate da questo luogo, tra un respiro e l’altro, dal soffio di una creatura morente, come rivelazione di tutto ciò che è nascosto, che non vogliamo vedere. La parola si è sovrapposta, si è mischiata ai solchi lasciati sulla strada dai ragazzi invisibili della mia generazione, gli esclusi, quelli rimasti fuori dalla Storia.
Quando ho scritto il libro e ho scelto il titolo, che talaltro ha anche una sezione eponima, non sapevo che proprio a Torre del Greco, città dove ho vissuto fino a 24 anni, c’è davvero un “Piazzale senza nome”, un luogo invisibile, una penombra, in cui si sono realmente incrociati i destini di molti giovani divorati dal sogno della vita. Eppure io conoscevo ante rem questo luogo, questo spazio nascosto, senza nome, nel quale sono ritornata per preservare e proteggere le solitudini di questi ragazzi, per rivivere le loro stesse privazioni, asfissiata dal ricordo di quelle brevi esistenze naufragate.
(Luigia Sorrentino) Continua a leggere