“Microfilfm” di Andrea Zanzotto. La scrittura del trauma

Alberto Russo Previtali

“DIECI OTTOBRE, DIECI DIECI, 10 10”.
MICROFILM E LA SCRITTURA DEL TRAUMA

LA LETTERA SIMBOLICA

di Alberto Russo Previtali

Microfilm[1] è uno dei momenti dell’itinerario zanzottiano in cui la scrittura si misura con il trauma nel modo più oltranzistico e intenso, e in cui il trauma sembra trovare un referente oggettivo. Questo referente è la strage del Vajont. Lo si legge in italiano nel testo: “26 ottobre 1963 sotto il Vajont”; una data esibita che, come spiega Graziella Spampinato, pone il testo in una posizione di sfasamento cronologico:

La data, 26 ottobre 1963, col riferimento al crollo del monte nel lago formato dal Vajont, dichiara il suo sfasamento cronologico rispetto a Pasque, che raccoglie “versi composti tra il 1968 e il gennaio 1973”: del libro costituisce però il centro esatto. Questa scelta compositiva basta da sola a smentire ogni eventuale avvicinamento con le facili poetiche ‘visive’ di quegli anni.[2]

Riportiamo per comodità e completezza il testo e la nota dell’autore:

Autografo di Andrea Zanzotto

 

Non invenzione (e tanto meno ‘poesia’): ma semplice trascrizione (ammesso che sia possibile) di un sogno, in cui era compreso anche il commento e probabilmente molto di più della pochezza e casualità che qui ne appare. Aggiunta solo la data.[3]

Il commento in lingua francese è dunque parte integrante del testo del sogno, mentre la data in italiano è stata aggiunta a posteriori. Questa nota è della massima importanza, perché mostra come la scelta della lingua francese per il commento sia da situare a livello inconscio, a livello del lavoro onirico, nel quale, secondo la nota formula di Freud, è in atto la realizzazione di un desiderio.

In Una poesia, una visione onirica? Zanzotto ci offre una narrazione del sogno. A proposito del commento scrive: “subito cominciarono a formarsi anche dei commenti che balzarono fuori in francese, con vocaboli anche di altre lingue, sempre in sogno. Sembrava voler fiorire tutta una nube di commenti, di chiose”[4]. La locuzione verbale ‘balzar fuori’ esprime bene il non-sapere del soggetto rispetto a questa scelta. Zanzotto associa la funzione del francese del commento all’interpretazione che egli dà delle manifestazioni del significante del testo perimetrato dal triangolo (diciamo del ‘testo onirico’, lasciando al commento la definizione di ‘paratesto onirico’, e al titolo e alla data quella di ‘paratesto’): “valenza del linguaggio che mirava, esprimendosi, a superare la barriera della lingua sia dalla parte di un ‘prima’ sia da quella di un ‘dopo’; in ogni caso si evidenziava una spinta a ‘uscire dall’italiano’”[5]. Più avanti nella sua narrazione, l’autore ritorna a considerare il francese del commento, dicendo che esso “aveva soprattutto la funzione di far ricordare che ‘quello’ non doveva essere italiano, ma più che italiano, qualcosa che mirava a entrare, cioè, in un ordine di simboli immediati, pentecostali, universalmente leggibili vi propria[6]. Nel racconto del sogno l’autore si concentra dunque in modo particolare sul testo onirico, estendendo le proprie interpretazioni al paratesto onirico, il quale si sarebbe quindi prodotto in francese proprio per non vanificare il desiderio di comunicazione totale che tentava di realizzarsi nel primo testo. Continua a leggere

Tecniche delle conversazioni, “L’assoluzione”

Lorenzo Lotto, Santa Lucia davanti al giudice (1532), Pinacoteca Civica di Jesi

A Milano sabato 20 maggio 2017,  a Palazzo Cusani (ingresso da via del Carmine 8), si terrà il Seminario L’Assoluzione a cura dell’Accademia delle Tecniche delle Conversazioni dalle 16:00 alle 19.30. Introduce i lavori Giampaolo Lai.

di Pierrette Lavanchy

Che cos’è l’assoluzione e perché ce ne occupiamo?

L’assoluzione è la liberazione da una imputazione di misfatto contro persone o cose. Assolvere qualcuno vuol dire liberarlo da una imputazione di misfatto. Le fattispecie di misfatto vanno dalla frode al tradimento, dall’omicidio al furto. Ogni assoluzione presuppone il compimento di una mala azione, di un’azione che ha provocato un danno. L’assoluzione ha a che fare con il perdono. Tra il misfatto e l’assoluzione si trova un ampio spazio. In questo spazio si precipitano gli oggetti più diversi gli uni dagli altri: oggetti psicologici, oggetti di movimento, oggetti soprannaturali, quali il pentimento, il senso di colpa, il risarcimento, l’amnistia, il condono, il perdono di Dio. Continua a leggere

Addio a IMRE KERTESZ, Premio Nobel per la Letteratura nel 2002

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IMRE KERTESZ, ebreo ungherese, è morto a Budapest all’età di 86 anni, dopo una lunga malattia. Sopravvissuto all’Olocausto, fu prigioniero dei nazisti, è noto per il resoconto semiautobiografico della trilogia Sorstalanság (trad. it. Essere senza destino, 1999), che è senza dubbio la sua opera più famosa. un’esperienza legata al lager, dove fu deportato nel 1944, a quattordici anni. Dal libro è stato tratto il film i Lajos Koltai “Senza destino” (2005), di cui Kertesz ne curò la sceneggiatura. Continua a leggere

Ewa Lipska, il secondo tempo

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La Polonia è una terra straordinariamente fertile per i poeti”, ebbe a ricordare una volta il poeta russo, Josif Brodskij.
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Nota di Luigia Sorrentino 

Di Ewa Lipska, una delle voci più interessanti della poesia e della letteratura polacca contemporanea, non avevo mai letto nulla, qui in Italia. Ewa Lipska, è invece, una poetessa molto tradotta in varie lingue. Sulla sua vita e sulla sua poesia, i cambiamenti politici che ci sono stati in Polonia e in Europa alla fine degli anni Ottanta, hanno avuto un’influenza determinante, anche se la sua poesia, non è catalogabile come “Poesia della Polonia”, ma come poesia che travalica il confine della terra natale.

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Andrea Zanzotto, “Eterna riabilitazione da un trauma…”

“Le mie poesie nascono ancora sia dal paesaggio devastato sia dai pensieri sconquassati e incerti delle spinte alla poesia, che ho paragonato per la loro intensità a questi fiumi”. (Andrea Zanzotto)

Come muta la poesia quando il poeta invecchia? E come muta il mondo intorno a lui? Sono alcune delle domande che il poeta si pone, insieme ad altri temi a lui cari: il cambiamento del clima, la distruzione del paesaggio, il vissuto della poesia, la fragilità del corpo…

Conversazione con Andrea Zanzotto di Laura Barile e Ginevra Bompiani (agosto e novembre 2006) con tre poesie inedite. Continua a leggere

Nicole Janigro, ‘Le lingue e i luoghi’

Altre scritture: Nicole Janigro ‘Le lingue e i luoghi’
a cura di Luigia Sorrentino

All’inizio non c’era che una sola lingua. Gli oggetti, le cose, i sentimenti, i colori, i sogni, le lettere, i libri, i giornali, erano quella lingua.
Non avrei mai immaginato che potesse esistere un’altra lingua, che un essere umano potesse pronunciare parole che non sarei riuscita a capire. Perché avrebbe dovuto farlo? Per quale motivo?

Agota Kristof, L’analfabeta

Voi vorreste, signori, che vi mostrassi la mia casa natale? Ma mia madre ha partorito nell’ospedale di Fiume, e questo ospedale è ormai distrutto. Non riuscirete a mettere una lapide sulla mia casa, perché anch’essa è probabilmente distrutta. Oppure dovreste mettere tre, quattro lapidi con il mio nome: in diverse città e in diversi stati, ma anche qui io non potrei aiutarvi, perché non so quale è stata la mia città natale, non mi ricordo più dove ho vissuto durante l’infanzia, so appena in quale lingua ho parlato.
Quel che ricordo sono immagini: la palma che dondola e gli oleandri da qualche parte vicino a un qualche mare, il Danubio che scorre torbido, verde, vicino ai prati, una filastrocca: èn-den-dina, ti-raka, tina…

Danilo Kis, Apatride Continua a leggere