In principio è l’ora 00:00, «l’istante assoluto» (00:00, p. 9). Le cifre tonde che marcano in apertura la raccolta d’esordio di Pietro Russo, Italic, 2016 A questa vertigine, non sono l’alpha né l’omega, piuttosto l’uroboro che abbraccia i due estremi. Siamo di fronte a una poesia che raggiunge la coscienza dopo aver attraversato una quiete ipnotica: i quattro zeri dell’incipit lampeggiano come un ultimatum su schermo bianco, minacciando una lunga epoca di effetto neve.
Ma forse è tutto sotto controllo. Qualche anno fa un’équipe di scienziati tedeschi è riuscita a sospendere il tempo di un fascio di luce, intrappolandolo per alcuni secondi in un cristallo opaco. L’operazione alla quale Russo sembra intento, nel suo laboratorio, non è poi tanto diversa: si tratta di convogliare nel segno linguistico tutte le energie del mondo presente, passato e futuro; inchiodare i movimenti; «tenere tempo e fiato» (Eravamo splendidi, p. 14) per portarsi d’un salto al centro delle cose. Continua a leggere